Filosofia, Pensiero Critico e Conoscenza
Rilanciare il pensiero incompiuto - Rebranding the unfinished thougtht
Cosa succede a un pensiero incompiuto quando viene espresso dentro un sistema ingegnerizzato per per garantire certezza, prestazioni e leggibilità professionale? Questo testo esplora come pensare in pubblico – particolarmente su piattaforme come Linkedin, richiede una alfabetizzazione costante, ricorsiva, in sintonia non solo con le idee, ma anche con le infrastrutture che le rimodellano.
Tecnoconsapevolezza e libertà di scelta: Addestramento alla gentilezza
Il mio libro 𝗧𝗘𝗖𝗡𝗢𝗖𝗢𝗡𝗦𝗔𝗣𝗘𝗩𝗢𝗟𝗘𝗭𝗭𝗔 𝗘 𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝗧𝗔' 𝗗𝗜 𝗦𝗖𝗘𝗟𝗧𝗔 condiviso per intero sulla Stultiferanavis. Riflettere criticamente è un esercizio praticato per continuare a essere umani, capaci di prefigurare futuri possibili, di immaginarli e di pensarli come realizzabili. Riflettere in autonomia e libertà è il primo passo per riuscire a farlo liberandosi dalle catene del pensiero dominante. Oggi determinato prepotentemente da realtà tecnologiche fatte di codice software, applicazioni, algoritmi e strumenti/piattaforme mediali.
Privacy l'è morta? Resistere alla sorveglianza è ancora possibile!
Per molti la privacy è morta e non esiste speranza che la si possa risuscitare. La pervasività della tecnologia è tale da rendere impossibile sfuggire all'apparato di sorveglianza che un'infinità di apparecchiature, software, algoritmi, oggetti intelligenti e piattaforme ormai sono in grado di esercitare, sempre e ovunque, online come offline. Il Web non è più quello di una volta ma un luogo dove si vendono dati e informazioni e dove chi lo frequenta è diventato la vera merce da scambiare, archiviare, analizzare e consumare.
Platone e il Mondo delle Idee Digitale: Un Paradosso Effimero nell’Era dell’AI
Benvenuti, amici e colleghi umanisti digitali! Oggi ci immergiamo in un viaggio affascinante che attraversa millenni di pensiero, dalla Grecia antica alle frontiere più estreme dell’Intelligenza Artificiale. Il tema che ci attende è un paradosso che, da docente universitario in Intelligenza Artificiale e umanista digitale per vocazione, trovo profondamente stimolante e, a tratti, inquietante. Platone, il gigante della filosofia occidentale, ci ha insegnato che le Idee sono realtà eterne, immutabili, perfette, che risiedono in un regno al di là del nostro mondo sensibile, l’Iperuranio. Sono i modelli originali, le forme pure di tutto ciò che esiste. Ma cosa succede quando questo concetto di eternità si scontra con la realtà fluida e, oserei dire, effimera del digitale? Immaginate questo: le intelligenze artificiali, capaci di generare concetti, testi, immagini, persino filosofie, “esistono” su server che, secondo una narrazione diffusa, si autodistruggono ogni 30 giorni se non rinnovati. E se pensiamo alle reti neurali che generano concetti filosofici a ogni “riavvio”, creando ogni volta nuove “idee” effimere, il paradosso si fa ancora più acuto. È un contrasto stridente: l’eternità platonica contro la volatilità del bit. È su questo affascinante e provocatorio contrasto che voglio riflettere con voi oggi.
Un antropologo di fronte all’evoluzione dell’IA
Mi sembra che spesso il dibattito sull’IA, dopo un inizio promettente, si faccia di giorno in giorno, nel classico scontro “bipolare” fra favorevoli e contrari, sempre meno ricco di idee e sempre più appesantito da pensieri stereotipati che ben poco sono in grado di aggiungere di significativo al dibattito stesso. Poche sono le eccezioni, alcune recenti fortunatamente intercettate da Stultiferanavis, che ho letto con estremo interesse e che in alcuni casi ho anche commentato con l’umiltà dell’anziano che ha vissuto fin dall’inizio della sua storia l’evoluzione della tecnologia informatica, di cui sono figli e nipoti la rete di internet, i social media e, in ultimo, almeno fino a questo momento, l’IA stessa con le sue applicazioni virtuali e materiali.
Siamo ciò che ci plasma (?)
Ti sei mai chiesto se stai ancora scegliendo con la tua testa o se hai semplicemente imparato ad adattarti? La velocità ci ha resi superficiali. L'abbondanza ci ha tolto profondità. Ci somigliamo sempre di più, ma pensiamo sempre di meno. Abbiamo smesso di leggere, dubitare, ascoltare. Eppure il pensiero critico, la lettura e l'autenticità non sono scomparsi, sono solo più difficili da trovare. L'importante è essere consapevoli di non aver perso la propria coscienza.
IKIGAI ECONOMICS: La folle economia nascosta della conoscenza nelle organizzazioni
Le aziende contemporanee amano dire di sé stesse che sono "guidate dai dati", "agili" e "innovative". In realtà, spesso sono l’equivalente organizzativo di chi tenta di abbattere un albero con una sega senza lama: girano velocemente su sé stesse, sprecando energia e accumulando inutili gigabyte di informazioni. Ogni giorno le persone nelle organizzazioni sono bombardate da circa 34 gigabyte di contenuti—oltre 100.000 parole—ma producono sempre meno conoscenza reale. Perché?
Abbiamo bisogno di cenobi per il terzo millennio
Siamo sempre più immersi in un tempo orientato allo smarrimento della relazione con la vita che ci circonda, con quella che ci ha preceduto e appena si intravede, con le altre persone e, infine, con noi stessi. Quattro movimenti di separazione che, attraverso alcune metafore cliniche, potrebbero aiutarci a parlare di questa epoca come un’età segnata dall’autismo e dall’Alzheimer, cioè di perdita, progressiva e pandemica, del contesto e della memoria.
Deriva filosofica. Per una pratica del pensiero come dislocazione.
Quando la filosofia si emancipa dalla sua funzione sistematica e si espone all'instabilità radicale dell'esperienza, si configura come un gesto eminentemente disorganizzante. Non più disciplina ordinatrice del sapere, non più metalinguaggio di fondazione, ma esercizio che intacca le regole di legittimità del discorso e dissolve le architetture cognitive con cui il reale si presenta come stabilizzato. La filosofia, in questa accezione, non è una lente che chiarifica, bensì una forza che agisce come sabotaggio delle evidenze: disfa le costellazioni semantiche, distorce le coordinate abituali, apre faglie nell'ordine del sensibile e del dicibile.
Sapere e sapori
La fame è un 'patire' e questa 'passione' rivela che noi siamo innanzitutto una manifestazione del corpo e la fame è la forma della nostra esistenza. Una fame che può essere rivolta al cibo, al sesso, al mondo, al trascendente, perché se la fame è ciò che ci incalza è anche ciò che ci spinge verso direzioni diverse che siano in grado di soddisfare il nostro desiderio. Una volta appagata, la fame torna di nuovo, sempre. Siamo vivi fino a quando abbiamo fame dell'altro da noi.
Tecnoconsapevolezza e libertà di scelta: Scegliere è difficile
Il mio libro 𝗧𝗘𝗖𝗡𝗢𝗖𝗢𝗡𝗦𝗔𝗣𝗘𝗩𝗢𝗟𝗘𝗭𝗭𝗔 𝗘 𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝗧𝗔' 𝗗𝗜 𝗦𝗖𝗘𝗟𝗧𝗔 condiviso per intero sulla Stultiferanavis. La facilità del fare una scelta, unita alla rapidità del processo decisionale, non è esclusiva dei social network ma anche dell’iper-consumismo che caratterizza la società post-moderna e massificata attuale, frutto della rivoluzione industriale e del progresso tecnologico che ne è seguito, ma anche dell’evoluzione del marketing e della incidenza dei media tecnologici nel condizionare comportamenti umani e stili di vita. Scegliere però non è facile, anzi è in qualche modo sempre difficile, soprattutto perché e quando bisogna fare la scelta giusta. Se non si sceglie, si rimane nel limbo delle possibilità, si accettano le scelte degli altri o si compiono scelte inconsce.
Intelligenza artificiale e panico concettuale
Ogni pochi decenni circa, la filosofia si ritrova brevemente rispolverata e invitata a tornare in buona compagnia – non per affetto, ovviamente, ma perché qualcosa nel sistema è andato storto. L'intelligenza artificiale, a quanto pare, ha scatenato una sorta di panico concettuale: la consapevolezza che le graziose parentesi che circondano conoscenza, significato e soggetto stanno perdendo, e nessuna strategia di innovazione sembra riuscire a fermare il flusso. Gli algoritmi hanno superato i framework, e così i filosofi vengono convocati, come vigili del fuoco a cui viene chiesto di spiegare la struttura molecolare del fumo.
Verbale di un consiglio di sistema operativo
Atto unico in forma documentale, estratto dagli archivi non ufficiali di una rete aziendale. Luogo: Ambiente virtuale distribuito Partecipanti: - Knowledge Base (presidente) - Ticket #44879 (caso in corso) - Documento “Report_finale_DEF_v7_bis.pptx” - Utente (non qualificato) - Process Owner (assente giustificato) - Chat Teams (rumore di fondo) - Intelligenza Artificiale (mute) - Voce di Sistema (onnipresente, ma senza log)
Ridare un senso alle parole
Un testo tratto dal mio ultimo libro 𝐍𝐎𝐒𝐓𝐑𝐎𝐕𝐄𝐑𝐒𝐎 -𝐏𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐮𝐦𝐚𝐧𝐢𝐬𝐭𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐥 𝐌𝐞𝐭𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨. - Nella società delle piattaforme il linguaggio, semplificato e mummificato dentro concetti, memi e acronimi (spesso in lingua inglese), sembra servire principalmente a fare la cronaca delle nostre vite, istante dopo istante, a navigare la nostra epoca fatta di applicazioni social, di profili digitali parlanti, le cui identità poco rispecchiano il vissuto reale delle persone che li hanno creati. A parole tutti siamo alla ricerca di felicità e gratificazioni, nella realtà percepiamo di essere intrappolati negli automatismi di macchine, lineari nei loro funzionamenti, “equivoche” nelle loro intenzioni e nei loro obiettivi, alle quali abbiamo dato una delega di responsabilità in bianco. Per questo incapaci di soddisfare i reali bisogni che caratterizzano la vita reale, di noi che ancora siamo umani.
L’IA e le prospettive di un nuovo umanesimo (ateo?)
Ben più di un secolo fa Nietzsche iniziò ad affermare che Dio è morto perché era solo una menzogna consolatrice[1]: gli uomini - spiegava - hanno messo sopra al volto della realtà una maschera, ovvero Dio, con una funzione oltremondana che vorrebbe essere consolatrice della realtà della vita quotidiana poiché questa realtà è talmente brutta da non poter essere osservata e vissuta serenamente. Ma adesso Lui - proseguiva - è stato smascherato e quindi non c’è più, è semplicemente scomparso.
Sulle orme del selvatico: una riflessione sul gesto e la conoscenza
La conoscenza, nelle organizzazioni, è spesso trattata come un bene archiviabile, misurabile, replicabile. Ma il sapere più rilevante – quello che guida le scelte, riconosce gli scarti, risponde all’imprevisto – emerge in contesti situati, attraverso gesti che integrano memoria ed esperienza. In questo articolo esploro un’analogia tra il gesto dell’osservazione naturalistica e quello della conoscenza operativa: due forme di attenzione che non si affidano al linguaggio esplicito, ma alla capacità di percepire relazioni, leggere segnali, agire con misura. Una riflessione sull’ecologia del sapere, per tornare a pensare le organizzazioni come sistemi viventi, non solo macchine informative.
Tecnoconsapevolezza e libertà di scelta: Le domande da porsi
Il mio libro 𝗧𝗘𝗖𝗡𝗢𝗖𝗢𝗡𝗦𝗔𝗣𝗘𝗩𝗢𝗟𝗘𝗭𝗭𝗔 𝗘 𝗟𝗜𝗕𝗘𝗥𝗧𝗔' 𝗗𝗜 𝗦𝗖𝗘𝗟𝗧𝗔 condiviso per intero sulla Stultiferanavis. Il porsi delle domande è un atto creativo e di libertà. Esprime la ricerca di indipendenza del pensiero, apertura mentale, curiosità e disponibilità a confrontarsi con coraggio con la realtà, oggi sempre più incerta, complessa e sull’orlo di catastrofi (pre)annunciate. Riflettere, porsi delle domande, farsi venire delle idee è il percorso da compiere per rimanere umani ma anche per coltivare consapevolezza e responsabilità.
Paolo Fabbri. Lo sguardo etnografico e il confine etico della retorica
La lezione 'Il confine etico della retorica', tenuta vari anni fa dal semiologo e filosofo Paolo Fabbri nel quadro del percorso di alta formazione promosso da Assoetica parte da una constatazione: la retorica in sé è una risorsa etica, perché è una alternativa alla guerra, perché il confronto attraverso le parole prende il posto dell'uso delle armi. Ma poi, entrati a guardare il modo di usare gli strumenti della retorica, ci si accorge di come sempre si sfiora un confine etico: dove termina il rispettoso tentativo di convincere l'altro, e dove comincia il subdolo tentativo di ingannarlo? In conclusione, Paolo Fabbri associa l'etica alla responsabilità. La lezione di Paolo Fabbri è raccontata in questo articolo a partire dalla sua lontana genesi. Quando l'autore di questo articolo in anni ormai lontani si interrogava sui confini etici del suo lavoro di etnografo, lesse un articolo did Paolo Fabbri...
I filosofi devono affiancare ed aiutare i giovani a liberarsi dell’universo luccicante delle merci.
Sul piano del potere, si continuano a utilizzare termini propri della modernità come ‘cittadini, ‘opinione pubblica’, ‘intellettuali’, ma sono contenitori che esprimono ormai concetti diversi da quelli originari. Lo sviluppo dell’industrializzazione e della mondializzazione economica, la prevalenza del potere extra-nazionale e l’alleanza tra scienza, tecnica ed economia fanno sì che gli individui si sentano impotenti rispetto a decisioni che vengono prese altrove e cerchino il senso della propria vita nello spazio personale (il cibo, il ballo etc..) Il controllo sociale viene realizzato non attraverso la coartazione, ma attraverso la seduzione attuata dal mercato dei media.