Testi
Metaverso: il naufragar m’è dolce in questo mare!
Il naufragare dell’Infinito di Leopardi suggerisce il viaggio che riprende dopo il naufragio e la possibilità di nuovi inizi dopo il disastro incombente. Il naufragare odierno, anche quello psichico e della mente, è invece sintomatico dello smarrimento che ci attraversa tutti, della deriva di cui siamo al tempo stesso vittime, complici e protagonisti. In questo smarrimento, frutto anche di tanta scontentezza e malcontento, il Metaverso ci appare come una destinazione ambita perché dentro mondi irreali (nell’iper-realtà direbbe Braudillard), fuori dal mondo, in fondo al mare (novella Atlantide), lontano da una realtà percepita sempre più come complicata, incerta, infelice.
OLTREPASSARE – Intrecci di parole tra etica e tecnologia
Dentro mondi virtuali, in assenza di corpo, di volti e di sguardi, viviamo pseudo-vite digitali, determinate dal volere di codici stranieri, algoritmi prepotenti e servitù volontarie. Il disincanto tecnologico emergente suggerisce il distacco dal tempo presente per andare oltre e altrove, per mettersi in viaggio, oltrepassare, alla ricerca esperienziale di nuove formule esistenziali utili a vivere dentro le innumerevoli crisi di questo mondo. Obiettivo di questo viaggio, tra etica e tecnologia, è la riscoperta del valore umano dell’esistenza e di nuovi orizzonti di senso, è il recuperare una socialità incarnata che permetta di incontrare ed entrare in contatto con l’Altro nella sua alterità e unicità, inteso come persona con la quale ritrovarsi. Lungo questo cammino, il primo passo consiste nel tornare a porre attenzione alle parole, al linguaggio, al parlare comune.
Labirinti e metaversi
Non tutti i labirinti sono uguali, imparare a conoscerli e capirli è indispensabile, soprattutto perché il labirinto moderno è ibridato tecnologicamente, è diventato digitale e virtuale, cognitivo e psichico. A differenza del labirinto di Cnosso, dal percorso pauroso ma lineare e di quello unicursale che porta a qualche centro o punto cieco, il labirinto digitale non è un’esperienza esistenziale (incontro con il Minotauro, prove da superare, ecc.) ma è mediato e condizionato dalla parzialità e limitatezza degli spazi sperimentati che impediscono ogni visione globale. È contagioso, virale, porta alla cecità (leggete Saramago) e quindi a muoversi a tentoni. Per questo è inutile cancellarsi dai social o staccare la spina.
Metaversi per viaggiare? No grazie!
DAD, Smartworking, social, metaversi vari, zoom, videogiochi, WhatsApp e Instagram, tutti mondi virtuali che nel periodo della pandemia sono diventati più reali di quanto non lo siano sempre stati. Grazie al Coronavirus, virtuale è diventato anche il viaggio, con grande sofferenza per tutti coloro, come me, che viaggiare lo hanno sempre fatto. Moltissimo per lavoro ma soprattutto per il piacere del viaggiare in sé. Perché per il viaggiatore più della destinazione o la meta conta il viaggiare, a partire dalle letture (In Patagonia, Le vie dei Canti, Terra del fuoco, Capo Horn, ecc.) che lo anticipano, dalla pianificazione che lo prepara, dalla compagnia di viaggio che si sceglie, dalle emozioni che sempre emergono dagli incontri (persone, paesaggi, animali, montagne, città, ecc.) che viaggiando si fanno. Poi si arriva anche a destinazione!