Dove va il nostro sguardo?

La situazione di incertezza, insicurezza, precarietà e crisi, porta molti di noi a chiedere di essere lasciati in pace, a sfuggire ogni racconto di guerra, anche per non farsi guardare da immagini capaci di colpire i nostri sensi, farci stare male, far emergere domande e dubbi che obbligano a interrogarsi, umanamente, civilmente, politicamente, se è questo il mondo nel quale vogliamo vivere, se e quando saremo in grado di smettere di voltare lo sguardo da un’altra parte per agire.

Metaversi per viaggiare? No grazie!

DAD, Smartworking, social, metaversi vari, zoom, videogiochi, WhatsApp e Instagram, tutti mondi virtuali che nel periodo della pandemia sono diventati più reali di quanto non lo siano sempre stati. Grazie al Coronavirus, virtuale è diventato anche il viaggio, con grande sofferenza per tutti coloro, come me, che viaggiare lo hanno sempre fatto. Moltissimo per lavoro ma soprattutto per il piacere del viaggiare in sé. Perché per il viaggiatore più della destinazione o la meta conta il viaggiare, a partire dalle letture (In Patagonia, Le vie dei Canti, Terra del fuoco, Capo Horn, ecc.) che lo anticipano, dalla pianificazione che lo prepara, dalla compagnia di viaggio che si sceglie, dalle emozioni che sempre emergono dagli incontri (persone, paesaggi, animali, montagne, città, ecc.) che viaggiando si fanno. Poi si arriva anche a destinazione!