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C'era una volta un uomo che riparava le ombre. Il suo negozio era nascosto in un vicolo così stretto che il sole lo visitava solo per un'ora o due al giorno. Non aveva insegne, giusto un campanello che tintinnava una nota malinconica ogni volta che qualcuno apriva la porta. Le persone venivano da lui da ogni luogo del mondo, con le loro ombre bucate, sbiadite, troppo strette, o con ombre che avevano altri problemi, a volte mai sentiti nemmeno da lui che era artigiano di lungo corso. Le necessità più comuni riguardavano ad esempio ombre del sorriso, logorate da anni di preoccupazioni, ombre della speranza, fatte a pezzi da delusioni, ombre di paura, che si nascondevano da tutto e rischiavano di scappare per cui andavano rinforzati i punti delle cuciture.

​Mastro Ombraio usava ago e filo, pazienza, e un pizzico di magia che aveva imparato da un vecchio sarto di sogni. Manteneva prezzi accessibili perché ci teneva che il suo servizio non fosse lusso per pochi. Inoltre, con un piccolo pezzo di ricordo in cambio, applicava tariffe quasi incredibili: il suono di una risata, la luce di una lacrima commossa, il calore di una mano nella sua, erano esempi di frammenti di ricordo che accettava volentieri, per elargire sconti. 
Mastro Ombraio lavorava in silenzio, sotto la luce fioca di una lampadina, e quando la persona tornava a prendere la sua ombra, la trovava intera, nuova, più lucida e sinuosa di prima.

​Quel giorno, una ragazza entrò con un'aria spaurita e disse, senza ricordarsi nemmeno di salutare: "L'ho persa" - la sua voce era tremante - "Ho cercato dappertutto, ma non la trovo più". Lui la guardò e, forse per la prima volta in tutta la sua carriera di riparatore di ombre, si sentì impotente. In effetti, le ombre lui le riparava, anche quelle in condizioni disperate, ma ritrovarle, ritrovarle no, non era un detective di ombre, era un artigiano, cavoli! E un'ombra non si può creare dal nulla, ma che fare per quella povera ragazza? Per lui era una sofferenza non poterle dare aiuto. Mentre la guardava, pensieroso e sinceramente dispiaciuto, si accorse di un piccolo, tenue, riflesso nei suoi occhi. Capì. "Non l'hai persa!", le disse, "è solo molto stanca. Ha bisogno di riposo". Poi prese un filo d'argento e le cucì rapidamente addosso un'ombra dimenticata; ce l'aveva in bottega da decenni ma continuava a profumare di acqua di mare e di avventure. La rassicurò: "Sappiamo sia io che te che questa non è la tua ombra, ma te la dò in prestito per il tempo che ti occorre. Del resto, non puoi stare ancora senza ombra. Vedrai che questo servirà a dare riposo alla tua, che tornerà più forte di prima. Intanto usa questa ma, mi raccomando, lasciati tu guidare da lei. Quest'ombra sa il fatto suo, sa come fare per non logorarsi, vedrai che non ti abbandonerà. E nel mentre farai esperienza di come vivere bene con la tua ombra, in futuro. Te lo insegnerà lei, abbi fiducia". La ragazza, quasi incredula, ma a questo punto ancor più speranzosa di essersi rivolta alla persona giusta, salutò Mastro Ombraio con un sorriso e uscì con tutt'altro spirito rispetto a quello con cui era arrivata. Lungo la via, notò che l'ombra tutrice, pur non essendo sua, le camminava accanto con sicurezza. Non aveva mai visto altrettanta destrezza nella sua vera ombra. Si chiese come fosse possibile. Non più di qualche istante dopo, si accorse che lei stessa camminava in modo sicuro, deciso, grintoso, e si riconobbe l'entusiasmo perché aveva nuovamente un'ombra. 

Andò a casa, si preparò per dormire. Mentre si lasciava andare finalmente al meritato sonno ristoratore, ebbe tutto chiaro: "La mia ombra è la mia proiezione...". Non fece in tempo a finire la frase nella sua testa, che si addormentò, serena come non le accadeva più da tantissimo tempo.

Pubblicato il 04 settembre 2025