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Un’immagine della Porta d’Europa di Lampedusa mi ha riportato alla memoria le missioni di soccorso militare nel Mediterraneo, e con esse una riflessione più ampia sul senso del dono, della memoria e dell’ingratitudine. In tanti anni di lavoro ho offerto aiuto a molte persone, senza pretendere nulla in cambio. Alcune hanno ringraziato, molte hanno dimenticato. Ma non è questo il punto. In Aeronautica ho imparato che si può dare senza attendersi ritorno. In questo articolo torno su quell’etica del servizio: sobria, impersonale, eppure profondamente umana. Una forma di resistenza, oggi più che mai necessaria.


Scorrendo distrattamente LinkedIn, mi sono imbattuto in un post che cita, ad un certo punto, la "Porta d’Europa" di Lampedusa. Subito dopo mi sono soffermato a leggere i nuovi articoli su Stultifera Navis. Sono tutti degni di attenzione e approfondimento, per me almeno.

L'articolo di Carlo Mazzucchelli, dal titolo: "Piattaforme, disincanto e falò digitali (digital campfire)" ha catalizzato la reazione: Lampedusa, Porta dell'Europa, persone "migranti", persone "accoglienti", persone "viaggianti"... Persone in ogni caso, persone.

Mi è tornato in mente un ricordo: le missioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo dei primi anni Novanta, quando reparti militari – dal cielo e dal mare – solcavano onde e nuvole per trarre in salvo chi rischiava di scomparire.

Persone che hanno prestato un aiuto disinteressato ad altre persone sconosciute. Un gesto compiuto con fatica e rischio personale. 

Persone che si prodigano ogni giorno per gli altri senza pretendere la fama e che il giorno dopo ripetono ogni gesto, facendo il proprio "dovere". 

Persone sostanzialmente diverse da coloro invece che, dopo aver ottenuto un sostegno decisivo, voltano le spalle e se ne dimenticano, diventando irriconoscenti.

Sembra del tutto normale, prendere, usare e buttare via.

A volte qualcuna di queste persone capisce l'aiuto e perfino ringrazia. ma sempre nel presente. Poi il gesto evapora come una pozzanghera d'acqua sull'asfalto milanese dopo un acquazzone estivo (si sa che quasi tutte le strade milanesi hanno in dotazione almeno una buca, per renderle più "realistiche" ...). 

Non è un comportamento universale, lo so perché ho vissuto in un mondo diverso. Negli anni trascorsi in Aeronautica Militare ho imparato che si può dare senza attendere nulla in cambio. Che si può essere presenti per tutti – per la missione, per la squadra, per la gente comune – e che si può agire per dovere, senza sentirlo come "un peso". Il riconoscimento non era un obiettivo, ma una conseguenza eventuale e secondaria; bastava sapere di aver fatto la propria parte con disciplina e correttezza.

Quell’etica del servizio – ferma, sobria, impersonale – mi accompagna ancora adesso. In un contesto in cui tutto è transazione e visibilità, intercetto chiaramente il segnale dell'ingratitudine. Chi ha imparato a osservare i meccanismi delle relazioni umane sa che, una volta esaurita la funzione che le tiene in vita, esse si ritirano, con naturalezza, proprio come fa la marea.

Non mi aspetto che qualcuno saldi un debito o senta il dovere di ricambiare. Quando l’aiuto nasce da convinzione sincera, non richiede nulla in cambio. E così vado avanti, con la stessa disponibilità di sempre, pronto a offrire ciò che posso a chi ne ha bisogno. Come se nulla fosse.

Paul Ricoeur descrive il riconoscimento come un atto triplice: identificare, stimare, ricordare. Oggi sopravvive quasi sempre soltanto il primo: si identifica chi può servire, dopo stima e memoria cedono alla fretta del nuovo obiettivo. Ci si abitua a essere dimenticati. 

Nonostante tutto, occorre continuare a dare, a costruire, a orientare, anche quando nulla viene restituito. Anche senza vincoli o reciprocità visibili. Continuare, nonostante tutto.

Non è un elogio della solitudine, ma un esercizio di umanità. In un mondo che brucia i ricordi e si affida ad una "intelligenza" artefatta (che spesso si dimostra non essere persino così intelligente...), chi ricorda non è nostalgico: è un "resistente".

E se, di tanto in tanto, capita di incrociare volti che non ricambiano il saluto o non ricordano, pazienza. 


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Pubblicato il 13 luglio 2025

Calogero (Kàlos) Bonasia

Calogero (Kàlos) Bonasia / omnia mea mecum porto