NON CERCO LA VERITA': MI BASTA SMASCHERARE LE FINZIONI.
Mi occupo di conoscenza, linguaggio e delle forme che la tecnica assume per sembrare neutra.
Scrivo per fare domande, non per dare risposte.
Mi chiamo Fulcenzio Odussomai quando il metodo diventa maschera, e il dubbio, una forma di onestà.
Neuroscienze del dissenso: verso una gestione cognitiva dei conflitti nei progetti complessi
Il conflitto, nei progetti, non è un’eccezione. È la norma. Non tanto nella forma esplosiva della lite, quanto nell’attrito silenzioso delle incomprensioni, nella frizione tra priorità divergenti, nei fraintendimenti tra ruoli e aspettative. Ogni progetto è un terreno attraversato da tensioni – culturali, emotive, cognitive – che si manifestano a più livelli: tra stakeholder, all’interno del team, nel rapporto con i clienti. Non è un male, ma un dato strutturale. La vera questione, allora, è come affrontare il dissenso in modo intelligente.
Guerre di Dio. Una critica radicale al sacro che uccide (e al potere che esclude)
Nel cuore delle tre grandi religioni monoteiste — Ebraismo, Cristianesimo e Islam — la guerra non è soltanto un fenomeno storico o sociopolitico: è, non di rado, un fatto sacro. Un’azione che può essere comandata, giustificata, talvolta persino santificata da Dio. I testi fondativi — dalla Bibbia all’Ebraismo rabbinico, dal Nuovo Testamento alla teologia cristiana, dal Corano alla Sunna — narrano guerre combattute “in nome di Dio”, per la difesa della fede, l’obbedienza alla Legge, o la conquista di una terra promessa. Non guerre umane, dunque, ma guerre autorizzate, se non addirittura volute dal divino. E qui si apre una questione etica e politica di portata immane: che immagine di Dio ci consegnano queste guerre sacralizzate? Che Dio è un Dio che fa la guerra?
Virtute siderum tenus
Guardare le stelle non è solo un atto contemplativo. È un gesto di ricerca, una domanda silenziosa rivolta al cosmo e, al tempo stesso, a noi stessi.
Lavorare oggi: tra tecnica, distanza e comunità. Come il lavoro cambia nell’epoca dell’ibrido.
Una soglia da attraversare Oggi la linea tra vita e lavoro, tra tempo libero e tempo produttivo, è più sfumata che mai. Ma forse proprio questa incertezza può diventare un’opportunità. Ripensare il lavoro non come obbligo, ma come possibilità di fare qualcosa insieme che abbia senso. Un lavoro umano, non solo utile. Che cos’è oggi il lavoro? Dove avviene, con chi, attraverso quali strumenti? Sono domande che non possiamo più dare per scontate. Fino a pochi anni fa, il lavoro era associato a un luogo fisico – l’ufficio, la fabbrica, il negozio – e a un tempo preciso, scandito da orari e presenze. Oggi, tutto questo si è fatto più incerto. Il lavoro “ibrido”, cioè a metà tra presenza e distanza, è diventato la norma per molti. Ma cosa comporta davvero?
L'Illusione della giovinezza eterna
In questo nostro peregrinare attraverso le tortuosità del tempo digitale e le ambiguità del valore umano nel mercato del lavoro, forse non sarà inutile volgere lo sguardo a quelle voci che, attraverso i secoli, hanno saputo offrire un faro di lucidità e di serena fermezza. Tra queste, risplende con particolare intensità l'eco dei pensieri di Marco Aurelio Antonino, imperatore romano e filosofo stoico, raccolti nella sua opera immortale, "Le Meditazioni". Questo testo, lungi dall'essere un trattato sistematico, si presenta come un intimo dialogo che tocca le corde profonde dell'esistenza: la natura effimera delle cose terrene, l'importanza ineludibile della virtù come unico vero bene, la necessità di accettare con distacco ciò che non dipende dal nostro volere, e la preminenza della ragione come guida nel labirinto delle passioni e delle avversità.
Guerre commerciali e conflitti di classe: una critica radicale al modello anglo-americano
Il piacere silenzioso dell'essenziale: ascoltare, leggere, disimparare il superfluo. Introduzione a "Guerre commerciali e conflitti di classe: una critica radicale al modello anglo-americano".
Scritture invisibili. Epistemologie marginali e poteri della scrittura
Non vi è scrittura che non sia iscritta in un campo di forze. Ogni testo è al tempo stesso traccia e strategia: registra, insieme, un mondo e una posizione nel mondo. In questa prospettiva, la scrittura cessa di essere un semplice medium per diventare un dispositivo epistemologico, una tecnologia del pensiero, un luogo di lotta. Il presente saggio si propone di attraversare alcune faglie critiche che segnano la storia e la teoria della scrittura: dalla dimensione civica dell’alfabetizzazione occidentale alla calligrafia come esercizio trasformativo nella Cina classica; dalla grammatica del potere insita nelle narrazioni dominanti alla proliferazione di pratiche scrittorie marginali, silenziose, residuali. Ciò che unisce questi percorsi è l’intuizione che ogni regime discorsivo produce i propri esclusi, e che proprio questi esclusi – le scritture invisibili – possono costituire la soglia di un pensiero critico.
Rappresentazione cognitiva e inferenza contestuale nel project management del software
Il presente saggio propone un’integrazione tra neuroscienze cognitive e project management, con particolare riferimento ai progetti di sviluppo software. Superando i modelli lineari e ottimizzatori della decisione, si introduce la nozione di mappa cognitiva come strumento operativo per interpretare contesti complessi e ambigui. Attraverso l’analisi del ruolo delle cortecce prefrontali e dei sistemi dopaminergici, si ridefiniscono le categorie di valore, attenzione e apprendimento in chiave rappresentazionale e dialettica. L’obiettivo è fornire ai project manager un paradigma teorico alternativo, fondato su inferenza situata, plasticità cognitiva e costruzione condivisa del senso.
Creatività sistemica: tecniche di brainstorming per l’innovazione collaborativa
La creatività, troppo spesso considerata prerogativa dell’individuo geniale, è invece un processo sociale, situato e ricorsivo, che emerge da configurazioni ambientali, culturali e relazionali ben definite. In ambito organizzativo, la produzione di idee originali non può essere ridotta a un atto isolato, ma deve essere intesa come risultato di interazioni strutturate. Le tecniche di brainstorming costituiscono, in tal senso, uno dei dispositivi più rilevanti per la promozione dell’innovazione condivisa.
Il basilico del supermercato e il bollino delle competenze: critica radicale alla certificazione (di Project Manager) prefabbricata
Nell’industria della formazione professionale, il project management è ormai ridotto a una pratica di bollinatura. Ogni certificato rappresenta un pedaggio, ogni badge una tappa obbligata in un percorso che premia la conformità anziché la comprensione. Si apprende per superare un esame, non per risolvere un problema; si studia per accumulare crediti, non per costruire senso. La gestione dei progetti, in questa cornice, si trasforma in una liturgia burocratica che scambia la complessità del reale con la rassicurante semplicità di un framework prefabbricato. E così, come il basilico del supermercato, anche la competenza cresce in fretta ma muore altrettanto rapidamente.
Progetti come metamorfosi: epistemologia del cambiamento tra Kaizen, complessità e pratica organizzativa
Il presente contributo esplora una prospettiva epistemologicamente fondata e operativamente critica sul project management, superando l’approccio deterministico e prescrittivo dominante. Attraverso un confronto fra la filosofia Kaizen, la teoria della metamorfosi sociale (Beck), il pensiero sistemico (Senge) e la nozione di apprendimento situato, si propone una ridefinizione del progetto come spazio cognitivo aperto, non lineare e trasformativo. La progettualità viene qui intesa come processo evolutivo radicato nella pratica, nella riflessione e nella tensione etica, piuttosto che come dispositivo prestazionale. L’articolo si propone di restituire dignità teorica all’agire progettuale in condizioni di complessità e incertezza, risignificandolo come forma di apprendimento continuo e autocritico.
Contro la meccanizzazione del Project Management
Il project management non è una tecnica da applicare, né una macchina da programmare. È un modo di stare nel mondo: tra incertezza, decisione e fallibilità. Chi pensa di ridurlo a metodo, a schema, a procedura, non ne ha compreso né la natura né il rischio. Questo breve saggio prova a ricordarlo, senza illusioni e senza compiacenze.
Scrivere bene non è solo una questione di stile: è un atto di governance.
Non è il mestiere che nobilita l’uomo, ma la capacità di attribuirgli un senso. In ambito organizzativo, questa capacità si traduce nella costruzione di strutture narrative condivise: la documentazione non è un atto secondario, bensì il fondamento dell’identità cognitiva di un’impresa.
L’illusione del progresso: ciò che sappiamo, ciò che perdiamo
Nel Rinascimento, gli umanisti condannarono il Medioevo come secoli bui, oscurati dall’ignoranza e dalla superstizione. L’Illuminismo sollevò la ragione come baluardo contro le tenebre della credulità. Oggi, immersi in una rete planetaria che promette accesso istantaneo all’informazione, celebriamo l’intelligenza artificiale come se fosse il coronamento di una lunga marcia verso la verità.
La memoria spezzata, il gesto falso, e l’arte perduta di fallire
𝑪𝒊ò 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒔𝒊 𝒆𝒍𝒂𝒃𝒐𝒓𝒂, 𝒓𝒊𝒕𝒐𝒓𝒏𝒂. 𝑴𝒂 𝒏𝒐𝒏 𝒓𝒊𝒕𝒐𝒓𝒏𝒂 𝒎𝒂𝒊 𝒄𝒐𝒎𝒆 𝒆𝒓𝒂.Ritorna come caricatura, come spettro che si traveste da radice, come mito vuoto che pretende di diventare identità. Il 25 aprile dovrebbe essere un rito di rigenerazione civile, e invece oggi è minacciato da una classe dirigente che celebra la Resistenza solo quando è costretta, mentre flirta con le ombre che da essa furono sconfitte. Eppure, si ostinano a chiamarlo “governo”. Ma si tratta, più propriamente, di una sindrome: regressiva, afasica, in ostaggio dell’algoritmo e della nostalgia.
25 aprile
25 aprile. Il saluto romano non è romano. Il fascismo non è un’opinione. L’ignoranza non è una scusa.
L’intelligenza sprecata
In un’epoca che proclama la centralità del pensiero ma premia l’automatismo, questo saggio affronta una delle contraddizioni più radicate nel mondo del lavoro contemporaneo: l’intelligenza viene richiesta, ma raramente ascoltata. Tra riunioni inconcludenti, micromanagement paralizzante e tecnologie che promettono efficienza mentre semplificano la complessità dell’umano, si consuma il paradosso dell’organizzazione moderna. Un viaggio critico dentro l’ossessione per il controllo e la paura della decisione, dove la leadership si riduce a gestione dell’immagine e la collaborazione a strategia di sopravvivenza. Un testo che disobbedisce con rigore, scritto per chi non si accontenta più della forma senza sostanza.
Per chi lavora nel silenzio delle domande, più che nel rumore delle soluzioni.
Questo testo nasce come riflessione a margine, ma finisce per diventare confine. Tra il tempo vissuto e quello misurato. Tra la parola che abita e quella che transita. Tra l’uomo che lavora e quello che si ripete. Un "saggio aperto", una traccia densa in un mondo di logiche diluite. Per chi lavora nel silenzio delle domande, più che nel rumore delle soluzioni.
try { meaning } catch(error) { virtue }
In questo dialogo immaginario fuori dal tempo, Fulcenzio Odussomai – filosofo apocrifo e artigiano del pensiero – incontra due figure emblematiche della storia del digitale: Alan Turing, matematico visionario, e Steve Wozniak, ingegnere creativo e giullare del silicio. Ne nasce una conversazione inattesa, intensa e ironica, dove l’errore non è più un nemico ma un maestro, un varco, una soglia di comprensione. Tra aforismi, confessioni e intuizioni, il bug si trasforma in figura simbolica della condizione umana e della progettazione consapevole. Un dialogo sul fallimento come forma di conoscenza, e sul codice come metafora dell’esistenza.
“Il project manager è una carpa Koi”: rileggendo Mazzucchelli nell’era delle dashboard
Per uscire dall’acquario non basta saltare. Bisogna smettere di crederci. Smettere di credere che la governance sia progettualità. Che la pianificazione sia conoscenza. Che l’efficienza sia saggezza.