Dioniso era un semidio, figlio di Zeus e della mortale Semele, poi elevato al rango di immortale. La dea Era (Giunone), moglie ufficiale di Zeus, adirata per l’ennesimo tradimento del consorte, aveva reso il bimbo pazzo. Attraverso varie vicende Dioniso, la cui origine in realtà è pre-greca, diventa il dio della follia e di molte altre cose.
Nella tragedia “Le Baccanti” di Euripide, drammaturgo greco (480-406 p.e.v.), all’inizio il coro canta un inno in onore di Dioniso e lo loda per avere dato agli uomini la gioia del baccanale che li porta a “mettere in comune le anime”.
E’ una frase fulminante, come solo i poeti sanno fare, che ci spiega la psiche umana. Nei baccanali ci si inebriava di vino (e anche di sostanze psicotrope derivate dalla macerazione dell’edera) e poi con un passo di danza detto ditirambo, si procedeva in processione, in una sorta di delirio collettivo che coinvolgeva tutti, ma soprattutto le donne, le Menadi, le quali poi si dirigevano verso i monti per cacciare una preda che veniva divorata cruda e che simboleggiava il dio. Dioniso rappresentava la stranezza, la pazzia, l’istinto senza freni, la deviazione dalle regole della ragione (cioè il “delirio”, altra parola fantastica: lyra era il solco dell’aratro, delirare voleva dire “uscire dal solco”). Le processioni in onore di Dioniso erano dei riti collettivi contagiosi, dove, appunto, le anime erano messe in comune in uno stato di sfrenata allegria e di trance religioso. Il singolo spariva in uno stato d’animo collettivo.
Nell’antica Roma i riti dionisiaci diventano i Saturnali, feste in onore di Saturno, con travestimenti, danze, canti e inversione dei ruoli sociali (i servi si comportavano da padroni).
Questi riti, queste manifestazioni di sfrenatezza, continuano con il carnevale, che nel Medioevo e Rinascimento era una festa gioiosa, dove si potevano mettere alla berlina le autorità e i potenti, ma solo una volta all’anno.
Dioniso e la tragedia greca vennero riscoperti in Occidente dai poeti romantici tedeschi, Hoelderlin e Schiller, e dai filosofi Hegel e soprattutto Schopenhauer, che influenzò grandemente colui che di Dioniso fece il perno della sua filosofia, Nietzsche (che anche lui faceva Federico di nome, come i primi tre citati).
Nietzsche parla dei due impulsi fondamentali della vita, l’apollineo - caratterizzato da misura, bellezza classica e razionalità – e il dionisiaco, che abbiamo già visto sopra.
Nietzsche criticava la filosofia tradizionale di Socrate e Platone, che ponevano una cieca fiducia nel ragionamento razionale, e la morale cristiana, che vedeva questo mondo solo come valle di lacrime e di tentazioni immorali, e poneva la vera vita nell’aldilà. In un mondo tragicamente privo di senso Nietzsche trova la giustificazione di questa vita nel fenomeno estetico originato dal dionisiaco.
Friedrich Nietzsche seguì Dioniso nella pazzia, dove l’aveva già preceduto il sublime Friedrich Hoelderlin, che rimase trentasei anni chiuso nella sua casa-torre a Tubinga, guardando scorrere il fiume Neckar lì sotto. Lo stesso fiume che vedeva sessanta anni dopo Alois Alzheimer mentre studiava neurologia a Tubinga.
I riti dionisiaci esistono anche ai giorni nostri: la movida dei giovani, che si stordiscono di musica e di alcool, i rave parties, i festival musicali.
Soprattutto il dionisiaco pervade le manifestazioni degli ultras del gioco del calcio, organizzati nelle curve. Qui parliamo di gruppi di uomini, e non di donne come erano le Menadi dei riti dionisiaci. Questi, spesso dopo abbondanti bevute di birra anziché di vino, e magari dopo qualche sporadica caccia al tifoso avversario, si recano danzando e cantando, al suono di tamburi e di inni/slogan, alla loro curva preferita dello stadio calcistico, dove per un paio d'ore urlano la loro fede calcistica, la loro assoluta devozione alla propria squadra, che rappresenta, quasi divinizzata, il centro della loro vita emotiva di quella domenica pomeriggio.
Non lo sanno, ma anche essi stanno rendendo omaggio a Dioniso.
E così, ieri come oggi, l’Umanità continua a cercare riti collettivi, modi per condividere emozioni che vanno oltre la parola, per sentirsi parte di qualcosa di più grande. Che siano i baccanali, i Saturnali, il carnevale, un festival musicale o una curva di tifosi, ciò che rimane immutato è il bisogno profondo di entrare in uno stato d’animo condiviso, di sentirsi “anime messe in comune”. Dioniso non è mai davvero scomparso: vive in ogni gesto collettivo.