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Sopravviverà l'Europa? Negli ultimi decenni gli Stati Uniti hanno pertetrato nei confronti dei cittadini europei un continuo inganno. In risposta l'Europa ha continuato a oscillare tra la sudditanza asservita eil velleitario ribellismo. Per evitare lo sfaldamento totale del continente, è indispensabile rifondare in forrma federale la Nazione Europea, per recuperare un raapporto alla pari con gli Stati Uniti. Temi approfonditi nel libro: Gian Carlo Cocco, 'Sopravviverà l'Europa', Guanda, 2025.

1. La prima falsa narrazione da svelare riguarda il ruolo degli Stati Uniti nel mantenimento della pace e dell’equilibrio mondiale

La potenza degli Stati Uniti deriva dal masochismo reiterato manifestato dall’Europa che, nel secolo scorso, per ben due volte ha scatenato devastanti guerre di diffusione mondiale, le quali hanno visto una parte dei contendenti rivolgersi agli Stati Uniti fino a che l’intero continente europeo si è ritrovato asservito all’egemonia di questa nazione.

Infatti, a partire dal secondo dopoguerra, gli Stati Uniti hanno sostituito nel dominio mondiale le maggiori nazioni del continente europeo. La storia recente evidenzia come da un apprezzabile approccio attuato dagli Stati Uniti negli anni seguenti alla conclusione della Seconda guerra mondiale, si sia attivata una spirale di dominio militare. Un crescendo che si evoluto in termini economici e, progressivamente, finanziari e digitali, che ha utilizzato spietatamente la potenza del dollaro, svincolata da ogni limitazione, fino a far diventare il dollaro una sorta di moneta in grado di esportare debito e di risucchiare ricchezza. In questo modo l’economia mondiale è passata dalla predominanza del capitalismo (che utilizza in modo strumentale il ricorso al debito per favorire gli investimenti) alla predominanza del “debitismo” (che non riesce più a controllare il livello di indebitamento e deve ricorrere sempre più ad emettere obbligazioni per finanziare il deficit crescente).

Gli Stati Uniti hanno attivato una spirale di dominio che li ha portati ad autoproclamarsi “guardiani del pianeta” e ad assumersi il presuntuoso ruolo di “esportatori della democrazia”. In realtà, intervenendo militarmente in modo indiscriminato e originando disastri come quelli del Vietnam, dell’Afghanistan e dell’Iraq, solo per citare i più clamorosi.

L’egemonia degli Stati Uniti ha trovato una limitazione finché è durata la “guerra fredda”. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica è esplosa la volontà di potenza degli Stati Uniti che, per consolidare l’egemonia politica ed economico-finanziaria sul pianeta e, in particolare, sull’Europa, ha diffusamente impiegato devastanti interventi militari. A partire dall’11 settembre 2001 gli Stati Uniti hanno speso 21.000 miliardi di dollari per finanziare guerre e tenere efficiente l’intero sistema militare. Dei 250 anni dalla loro istituzione come nazione, gli Stati Uniti ne hanno trascorsi solamente sedici senza guerre (quattro dei quali durante la prima presidenza Trump). Dal 1775 a oggi gli Stati Uniti sono stati coinvolti in guerre in 56 diverse nazioni del mondo. Analizziamo questo andamento storico con un minimo di dettaglio a partire dal secondo dopoguerra.

Gli Stati Uniti hanno attivato una spirale di dominio che li ha portati ad autoproclamarsi “guardiani del pianeta” e ad assumersi il presuntuoso ruolo di “esportatori della democrazia”. In realtà, intervenendo militarmente in modo indiscriminato e originando disastri come quelli del Vietnam, dell’Afghanistan e dell’Iraq

Durante la presidenza Truman possiamo ricordare, oltre le bombe atomiche su due città giapponesi, l’intervento militare in Corea accompagnato da bombardamenti a tappeto sulla Corea del Nord che rasero al suolo intere città.

Durante la presidenza Eisenhower si è verificato il consolidamento della guerra fredda a seguito della conferma del possesso della bomba atomica anche da parte dell’Unione Sovietica nel 1949, ma soprattutto si sono diffusi a macchia d’olio gli interventi “diplomatici” e militari nell’America centrale e meridionale per renderla una sorta di “dominio coloniale”.

Durante la presidenza Kennedy possiamo annoverare il fallito tentativo di invadere Cuba. La successiva crisi derivante dall’installazione dei missili atomici a Cuba da parte dell’Unione Sovietica che portò il pianeta sull’orlo della guerra nucleare. Dopo alcune settimane di tensione alle stelle, la crisi fu risolta quando il 26 ottobre Nikita Khrushchev accettò di evitare l’installazione dei missili sull’isola in cambio di una promessa di futura rimozione dei missili statunitensi installati nel territorio della Turchia, alleata degli Stati uniti. Nel marzo del 1961 Kennedy propose un piano decennale di aiuti destinato all'America Latina per attuare una svolta nella politica di rapina e di forte ingerenza sistematicamente messa in atto dagli Stati Uniti verso questa parte del continente. Purtroppo, l'ammontare degli aiuti risultò notevolmente inferiore ai debiti che i paesi dell’America Latina dovevano restituire agli Stati Uniti. Uno degli avvenimenti più discussi della presidenza di Kennedy fu indubbiamente l’avvio dell’escalation nella complessa situazione del Vietnam. Dal 1961 fino alla metà del 1962 i consiglieri militari americani in Vietnam del Sud crebbero fino a 16.000 unità. Comprendendo gli agenti della CIA, che si muovevano sotto copertura, si è stimato un totale di 23.000 statunitensi coinvolti. Molti storici sostengono che Kennedy, dopo aver approvato l’assassinio del presidente sudvietnamita Diêm e il rovesciamento del suo Governo, abbia di fatto innescato il processo che ha originato un conflitto durato fino al 1973.

Durante la presidenza Johnson possiamo ricordare che il numero dei soldati statunitensi che combattevano in Vietnam arrivò al livello massimo di 542.000 unità. La guerra continuò con ferocia inaudita: furono sganciate 14 milioni di tonnellate di bombe, pari a tre volte quelle utilizzate dagli alleati nell’intero secondo conflitto mondiale. Continuarono ingerenze e interventi militari anche nel continente americano.

Durante la presidenza Nixon possiamo annoverare una serie impressionante di bombardamenti a tappeto sul territorio del Vietnam del Nord estesi segretamente anche sulla Cambogia. Nel 1973 Nixon approvò, tra l’altro, il colpo di stato in Cile. All’Amministrazione Nixon va attribuita l’uscita dal gold standard con la conseguente fine dei cambi fissi, manovra resa necessaria per consentire che il forte indebitamento conseguente alle mastodontiche spese militari sostenute fino ad allora si potesse spalmate sull’economia dell’intero pianeta, sostituendo all’oro il più facilmente governabile dollaro,

Durante la presidenza Ford possiamo ricordare che quando l'Unione Sovietica invase l'Afghanistan, mandò aiuti militari ai mujaheddin afghani, attraverso i sauditi e i pachistani. Gli Stati Uniti, per contrastare l’Unione Sovietica finanziarono finanche la jihad di Osama Bin Laden,

Durante la presidenza Reagan possiamo ricordare una serie enorme di interventi e bombardamenti in ogni angolo del pianeta. La presidenza di Reagan si caratterizzò per l’impegno di contrastare l’Unione Sovietica tramite investimenti militari giganteschi, definiti “guerre stellari”, che misero in crisi l’intera economia sovietica innescando un processo che favorì il crollo di quella potenza. Non va dimenticato che questa vasta operazione di deterrenza militare originò un colossale debito pubblico anche negli stati Uniti.

Durante la presidenza Bush padre possiamo annoverare l’invasione di Panama e la prima Guerra del Golfo contro Saddam Hussein, fino ad allora alleato degli Stati uniti.

Durante la presidenza Clinton possiamo ricordare, tra gli altri, bombardamenti e interventi militari in Somalia, in Serbia, in Afghanistan e in Sudan. Un anno dopo, si presentò il teatro di guerra dei Balcani dove gli Stati Uniti coordinarono la guerra per l’indipendenza del Kosovo. Sotto la presidenza Clinton venne abrogata la legislazione varata nel New Deal che separava le banche d’affari dagli istituti di credito diffondendo la realizzazione, anche a livello internazionale, delle elefantiache banche universali, facilmente addomesticabili dalla finanza speculativa in quanto soggette al principio “troppo grandi per fallire” che salva la speculazione selvaggia e punisce la sana economia. Clinton governò durante un’espansione economica alimentata da una crescita borsistica artificiale che portò, successivamente, alla creazione di devastanti bolle speculative e alla ulteriore enorme crescita del debito.

Durante la presidenza Bush figlio, possiamo ricordare, a seguito dell’attentato delle torri gemelle, il “principio della guerra preventiva” che vide, tra l’altro, l’invasione, con effetti devastanti, dell’Afghanistan e dell’Iraq. Essendo tramontata la contrapposizione tipica della Guerra fredda, l’amministrazione Bush propugnò il diffondere del modello occidentale, (leggi statunitense), per mezzo del diritto di intervento militare. Per ottenere questa finalità Bush incrementò a dsmisura l’enorme livello delle spese militari e il conseguente deficit della nazione.

Durante la presidenza Obama possiamo ricordare le guerre in Siria, Libia, Iraq e Afghanistan, e i bombardamenti dello Yemen, della Somalia e del Pakistan. Obama si è dimostrato il presidente che ha tenuto in guerra gli Stati Uniti per più tempo in assoluto. Temeva, tra l’altro, che la Russia di Putin, sorta sulle rovine dell’Unione Sovietica, potesse avvicinarsi all’Europa e attuare una proficua collaborazione, molto osteggiata perché in grado di minare la storica sudditanza dell’Unione Europea agli Stati Uniti. Sotto l’Amministrazione Obama la Segretaria di Stato Hilary Clinton, in combutta con il Presidente francese Sarkozy attuò il disastroso intervento in Libia contro Geddafi. Secondo le premesse della sua presidenza, Obama doveva essere l’uomo della pace e del rilancio degli Stati Uniti. Alla conclusione del suo secondo mandato la maggior parte dei commentatori politici lo hanno definito il peggior presidente dalla Seconda guerra mondiale. In aggiunta a ciò, la transizione verso il sistema finanziario internazionale, di carattere predatorio, si è consolidata favorendo il collegamento tra diffusione della globalizzazione, primato assoluto del mercato senza regole ed esaltazione dell’economia monetaria.

Durante la prima presidenza Trump sono avvenuti scarsi interventi militari e ed è stato annunciato il ritiro dall’Afghanistan.

Durante la presidenza Biden è avvenuta l’improvvisa e devastante ritirata dall’Afghanistan delle truppe statunitensi, coadiuvate da contingenti della Nato. Nei confronti dell’invasione russa in Ucraina Biden ha assunto un atteggiamento bellicoso rinunciando a ricercare spazi di natura diplomatica per una possibile soluzione o, quanto meno, di una tregua. Nei confronti del conflitto tra Israele e Palestina Biden, di fatto, stretto alleato di Israele, non è riuscito a risolvere minimamente la situazione creatasi a seguito del blitz di Hamas nei territori di Israele.

Durante i primi mesi della seconda presidenza Trump è apparso il vero volto degli Stati Uniti che, nel passato, si era sempre ammantato di una patina di edulcorata collaborazione ed è emersa la necessità di affrontare drasticamente l’ormai insostenibile debito pubblico.

2. La seconda falsa narrazione da svelare riguarda il ruolo degli Stati Uniti nella guida e nello sviluppo dell’economia mondiale

Gli Stati Uniti, per affrontare l’enorme debito derivante dalla politica mondiale egemonica ed interventista, si sono progressivamente trovati ad adottare strategie manipolatorie per ribaltare i problemi economici e finanziari accumulati sul resto del mondo.

Per realizzare questo ribaltamento hanno esaltato il ruolo della moneta (il dollaro come moneta di riferimento internazionale e di riserva correlato artificialmente all’oro) accrescendo a dismisura i mercati finanziari di carattere speculativo e non a supporto della reale crescita economica.

I mercati di ogni tipo, ma soprattutto i mercati finanziari, sono stati resi sempre più virtuali dall’esaltazione del monetarismo, soggetti a raffinati meccanismi di manipolazione (modalità seguita anche da governanti di nazioni assoggettate agli interessi degli Stati Uniti e difesi dal sistema dei media prevalenti: “mainstream”).

I mercati di ogni tipo, ma soprattutto i mercati finanziari, sono stati resi sempre più virtuali dall’esaltazione del monetarismo, soggetti a raffinati meccanismi di manipolazione

Chiediamoci, ad esempio, se le agenzie di “rating” (tutte statunitensi) possano essere esenti dal perpetrare mirate manipolazioni o dal commettere clamorosi depistaggi: incredibili i casi di elevatissima affidabilità, attribuita subito prima del fallimento, a società come la Enron o la Lehman Brothers. Le società di rating attribuiscono voti, come nel vecchio sistema scolastico anglosassone, con A al massimo e C al minimo. Nel 2005 fu attribuita la tripla A (AAA ai subprime che causarono nel 2008 una disastrosa bolla speculativa). Come vengono gestiti i prodotti finanziari “derivati” (che ammontano, secondo stime attendibili, tra i settecentomila e un milione di miliardi di dollari) che tanti danni hanno originato a istituzioni e privati? Come sono state gestite le operazioni dei bond argentini, la crisi finanziaria delle “tigri asiatiche” del 1997, il crack della new economy del 2000, il crollo devastante delle banche d’affari e la crisi economico-finanziaria internazionale del 2008 originata dalla bolla dei “subprime”, la crisi europea dei debiti sovrani del 2011, il black monday in Cina del 2015? Quale vantaggi ne hanno tratto gli Stati Uniti?

Va ricordato che l’esplosione della bolla speculativa del 1929 non limitò i propri effetti devastanti agli Stati Uniti, ma le onde dello tsunami finanziario si diffusero in modo inarrestabile in tutto il mondo, originando quella che verrà definita la “grande crisi”: un flagello che si sarebbe abbattuto per anni anche su nazioni incolpevoli, come si è ripetuto nel 2008 con conseguenze solo poco meno devastanti.

È difficile non pensare che dietro a molte operazioni che hanno messo sul lastrico un numero elevatissimo di famiglie e di imprese, o di intere popolazioni (si pensi all’intervento operato contro la Grecia dall'Unione Europea o alle crisi di molte banche italiane di alcuni anni fa, giocate sulle “obbligazioni subordinate”, o al tentativo di far fallire UBS e al successivo fallimento di Credit Suisse) non ci sia l’interesse degli Stati Uniti.

A seguito del superamento del principio di bilanciare la spesa pubblica con le entrate (modalità attuata negli Stati Uniti per rispondere al crescente default originato dalla valanga delle spese militari) enormi masse di denaro statunitense furono emesse senza limiti e indirizzate allo sviluppo della nascente digitalizzazione. Il business della digitalizzazione fu in grado di emergere grazie a questo “flusso fiscale anomalo”. La Silicon Valley, esempio emblematico, fu fortemente favorita dal potentissimo apparato militare. La prima realizzazione della Apple nell’ormai lontano 1976 impiegava, infatti, una tecnologia finanziata dalla DARPA (agenzia del Pentagono creata per lo sviluppo della tecnologia ad uso militare).

Il “Dollar Standard”, creato da Nixon e basato sulla fiducia nella moneta degli Stati Uniti (che rappresenta l’indiscussa economia di riferimento mondiale) ha originato una spirale che si avvita continuamente su se stessa, rappresentata dal circolo vizioso: “liquidità-debito-liquidità-debito-ecc. Si tratta di una “trappola” nella quale le Banche centrali sono costrette a cercare di venirne fuori continuando a stampare moneta, la quale rischia di valere sempre meno. Per evitare di cadere nella morsa inarrestabile dell’inflazione, questa moneta viene vincolata ad acquistare debito pubblico crescente. Un effetto della patologica espansione monetaria la si può riscontrare nell’evoluzione della quotazione dell’oro: a Bretton Woods fu fissata a 35 dollari per oncia (e tale parametro rimase in vigore fino al 15 agosto 1971), nel luglio del 2025 ha superato il valore di 3.360 dollari per oncia,

In questo modo la “politica del debito” è divenuta insostituibile, Le banche universali attualmente dominano il pianeta e sono alla base della finanziarizzazione dell’economia. In questo panorama monetaristico si può comprendere anche il motivo per cui l’Unione Europea è stata basata essenzialmente su una moneta unica, facilmente manovrabile.

Le banche centrali “bracci armati” dei rispettivi governi, nonostante una formale autonomia delle stesse, si sono trasformate sempre più in strumenti per influenzare i mercati finanziari e condizionare l’economia reale, Non si può definire un’economia sanamente competitiva se il sistema monetario prevede la possibilità di espandere pressoché illimitatamente la quantità di denaro da parte delle banche centrali.

Fra le tante operazioni internazionali praticate dagli Stati Uniti nel campo finanziario non va tralasciata la questione del “segreto bancario”. Il segreto bancario è stato tolto alla Svizzera per essere gestito dagli Stati Uniti e da operatori controllati dagli stessi.

Le manovre di uscita dal sistema aureo e l’abbandono della efficace separazione tra banche d’affari e istituti di credito sono servite per salvare l’economia statunitense dal default originato dalle enormi spese militari. Ma la situazione attuale (che Trump sta cercando di gestire con manovre che a molti appaiono incomprensibili, ma che in realtà perseguendo lo stesso fine egemonico in termini finalmente espliciti) sta degenerando: il debito mondiale ammonta attualmente a trecentoventiquattromila miliardi di dollari e ha superato la somma del prodotto interno lordo prodotto da tutte le nazioni.

In sintesi, è possibile asserire che, con gli Stati Uniti, la finanza si è modificata da strumento a supporto dell’economia, in grado di favorire il processo di creazione della ricchezza tangibile, in un sistema autonomo di ricchezza virtuale dilatato a dismisura, che cerca di governare l’economia e la politica mondiale tramite pochi e potenti centri decisionali scarsamente visibili. Si è diffusa la concorrenza priva di regole che protegge le mastodontiche multinazionali statunitensi, favorite da un sistema fiscale inesistente, Multinazionali che prosperano operando su mercati manipolati, mercati paradossalmente presentati come infallibili giudici dell’efficacia delle politiche di intere nazioni.

Nei tempi del primato della finanza si è dimenticato che nel guadagno legato alla speculazione non esiste una corrispettiva creazione di ricchezza. Il guadagno, puramente monetario, può avvenire solo a scapito di un corrispondente impoverimento di chi ha subito la speculazione. Prima o poi il pianeta rischia di affogare in una inondazione di massa monetaria.

3. La terza falsa narrazione da svelare riguarda i vantaggi della rivoluzione digitale avviata e gestita dagli Stati Uniti

Con rivoluzione digitale intendiamo l’impiego dei mezzi in grado di sfruttare internet e la telematica tramite strumenti diffusi in ambito planetario: smartphone, computer, ecc. e delle applicazioni connesse come le fondamentali piattaforme dei social media.

Vengono esaltati gli innegabili contributi di innovazione riguardanti l’ampliamento e la ramificazione universale dei processi di comunicazione, il miglioramento esponenziale delle attività di ricerca scientifica, la diffusione delle applicazioni in campo medico nella diagnostica, nelle terapie e negli interventi chirurgici di ogni genere.

Ma molto raramente si manifesta il coraggio di contrastare la cappa che nasconde i seguenti principali effetti controintuitivi che la rivoluzione digitale ha diffuso esponenzialmente:

  1. la tecnologia che sostiene l’informatica e la telematica è realizzata in modo da essere estremamente intrusiva e, spesso, non facile da utilizzare e poco trasparente (da richiedere continui investimenti per diffondere e approfondire le cosiddette “competenze digitali”);

  2. spesso questa tecnologia (soggetta a inarrestabili aggiornamenti, sostanzialmente inutili se non peggiorativi) presenta inconvenienti la cui soluzione è delegata per la maggior parte agli utenti con conseguenti distrazioni e perdite di tempo;

  3. l’uso continuativo e ormai “obbligatorio” delle applicazioni digitali innesca un’inarrestabile pigrizia mentali, che inaridisce la tendenza all’approfondimento. e predispone alla superficialità e, implicitamente, all’ignoranza. Tutti gli utenti sono convinti di poter reperire ogni genere di conoscenza non più con la ricerca, la riflessione e lo sforzo applicativo, ma con un semplice click. Internet e i social media inducono a confondere la vasta gamma delle informazioni reperibili (spesso manipolate) con la complessità del sapere. Per gli studenti questo fenomeno si sta rivelando catastrofico: in tutto il mondo occidentale si sta riscontrando, tra gli studenti di ogni genere e grado, una sorta di analfabetismo di ritorno;

  4. l’impiego martellante della digitalizzazione e dei social media hanno originato un’ampia, progressiva e devastante perdita della capacità di concentrazione nelle persone, senza che si ottengano i vantaggi conclamati di risparmio di tempo e di affidabilità di esecuzione. La tecnologia digitale tende a catturare in modo ipnotico l’attenzione degli utenti interferendo e, spesso, interrompendo le ampie connessioni celebrali che caratterizzano la mente umana quando riflette o apprende. Molti studi basati sulle neuroscienze hanno evidenziato che l’inarrestabile diffusione della digitalizzazione produce anche una forma subdola di dipendenza, la quale può arrivare a manifestazioni patologiche di carattere ossessivo-compulsivo, paragonabili all’assunzione delle sostanze stupefacenti.

E’ quest’ultimo uno dei modi fondamentali con il quale si diffonde l’impiego dei social media che, per i gestori delle multinazionali, rappresentano un mezzo per ampliare un business sempre più redditizio al servizio della propaganda e della pubblicità. I social media, uno dei prodotti fondamentali della digitalizzazione, sfuggono ad ogni genere di controllo da parte degli utenti: appaiono innocui e facilmente disponibili, ma in realtà sono gestiti da poche, potentissime imprese multinazionali statunitensi che, nel suo libro Il capitalismo della sorveglianza, Shoshana Zuboff ha evidenziato essere un nuovo e tentacolare sistema di potere privo di controllo, e sostanzialmente esente dal pagamento delle imposte, che fa capo agli Stati Uniti. Un sistema di potere in grado di svolgere colossali manipolazioni e condizionamenti mentali sia in ambito commerciale, sia in campo politico.

Dietro la rivoluzione digitale alligna un nuovo e spietato capitalismo di natura totalmente speculativa che assoggetta e controlla gli utenti e li induce, in forma subdola, agli acquisti di ogni genere di prodotti e servizi utili e inutili, agendo sulle sfere emozionali più profonde. Un capitalismo che influenza pesantemente anche le opinioni e gli orientamenti politici con messaggi martellanti e convincenti che diffondono il “pensiero unico”

Attualmente questi nuovi “imperi coloniali” estraggono, senza alcun costo, una massa incommensurabile di informazioni sulle propensioni e sui comportamenti riguardanti coloro che sono sistematicamente connessi, per trasformarli in supporti di business di elevato valore economico. Queste imprese monopolistiche hanno acquisito un potere così ampio da essere paragonabili alle compagnie che sfruttavano le ricchezze inconsapevolmente possedute delle popolazioni assoggettate in condizioni coloniali. Si tratta di un nuovo subdolo colonialismo che mette in pericolo le società a base democratica.

Possiamo definire questo processo, originato da un’alleanza per la modificazione del comportamento di massa, come una gigantesca e concentrata manovra di condizionamento. Dietro la rivoluzione digitale alligna un nuovo e spietato capitalismo di natura totalmente speculativa che assoggetta e controlla gli utenti e li induce, in forma subdola, agli acquisti di ogni genere di prodotti e servizi utili e inutili, agendo sulle sfere emozionali più profonde. Un capitalismo che influenza pesantemente anche le opinioni e gli orientamenti politici con messaggi martellanti e convincenti che diffondono il “pensiero unico”.

La rivoluzione digitale viene sfruttata dagli Stati Uniti anche per spiare e manipolare chiunque tramite ambienti (i cosiddetti cloud”, i social, gli account online) dove tutto è raccolto, tracciato e controllabile da vertici occulti.

Se le tre narrazioni che abbiamo presentato le colleghiamo tra loro è possibile svelare che dietro emerge un disegno organico affinché gli Stati Uniti possano continuare a mantenere l’egemonia sul mondo e, soprattutto, addomesticare l’Europa, la Svizzera e le altre nazioni inserite nella loro sfera d’influenza.

Nota.

I temi trattati in questo articolo sono oggetto di ampia trattazione nel libro: Gian Carlo Cocco, Sopravviverà l'Europa?, prefazione di Marccello Foa, Guanda, 2025.

Pubblicato il 30 luglio 2025