Go down

Che cosa può aver spinto l’essere umano a trasgredire il precetto divino e a disobbedire a Dio? Nel racconto di Genesi 3, stupefacente e paradossale, possiamo ritrovare qualche elemento capace di farci riflettere sulla nostra disobbedienza, sulla condizione dell’uomo e sulla libertà. Me lo ha spiegato mio gatto, facendomi capire come un recinto dopotutto non può essere il Paradiso, ma solo un limite da varcare, a patto di voler vivere davvero.


Ho sempre avuto difficoltà a comprendere il racconto biblico di Genesi 3 dove si narra la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre.

Tutta la vicenda ha un che di paradossale: Dio, per definizione onnipotente, onnisciente, onnipresente e misericordioso, dopo aver proibito all’uomo di mangiare dell’Albero della conoscenza del bene e del male, scopre la disobbedienza delle sue creature. E si arrabbia moltissimo, tanto che non soltanto caccia i nostri progenitori dall’Eden[1], ma li punisce per l’eternità in modo non proprio consono alla sua misericordia: la donna partorirà con dolore e l’uomo trarrà i frutti dalla terra con il sudore della sua fronte. Per un furto di un frutto davvero un po’ troppo.

Vi è qualcos’altro però che faccio fatica a comprendere. O meglio, che facevo fatica a comprendere visto che recentemente me lo ha spiegato il mio gatto[2]. Che cosa ha spinto Adamo ed Eva a trasgredire?

Una domanda apparentemente innocua che ha in sé delle implicazioni interessanti.

Dico: sei nel Paradiso terrestre, sei immortale, non lavori, hai tutto ciò che vuoi, sei benedetto da Dio… che vuoi di più? Come caspita ha fatto un serpente, dico un serpente, a indurti in tentazione? Apparentemente inspiegabile.

Poi un giorno, di prima mattina, osservando il mio gatto finalmente ho capito. Il mio gatto vive in casa. Mangia regolarmente (solo umido e di buona qualità), spesso cucino io anche per lui. Gioca, ha molto spazio. Può andare liberamente in tutte le stanze. Insomma lo seguo ed è curato.

Facendo una similitudine, la sua è una condizione paradisiaca. Eppure quella mattina mi ha comunicato qualcosa a cui non avevo pensato. L’ho visto sul davanzale della finestra, con uno sguardo sognante, forse un po’ triste, che guardava lontano. Osservava i tetti delle case di fronte alla nostra, osservava il giardino, gli alberi, la strada. Osservava attento le rare persone che passavano, in quella ventosa mattina d’inverno e, chissà, magari osservava anche qualche altro gatto sdraiato sopra un albero o al riparo di una automobile parcheggiata. E, voltandosi all’improvviso ha incrociato il mio sguardo.

È allora che ho capito. “Caro umano”, sembrava dicesse “ti ringrazio molto per quello che fai per me. Capisci vero che ciò che conta di più è la libertà? Qui in casa ho ciò che mi serve, ma che bello sarebbe esplorare là fuori…”

Ecco tutto spiegato. Come dovevano sentirsi Adamo ed Eva nell’Eden? Ovvio, come il mio gatto. Fortunati, immortali, alla presenza di Dio. Ma sempre dentro un recinto, perché questo era il Paradiso. La vita pulsava fuori. Con le sue scelte, la sua varietà, i suoi dolori certo ma anche le gioie. Nell’Eden invece essi erano nudi ed erano senza possibilità di vedere, di percepire: tutto era uno, senza differenza.

Disobbedendo, e badate bene, solo disobbedendo hanno potuto vedere[3], cioè iniziare a percepire sé stessi e la creazione, hanno potuto iniziare a conoscere distinguendo gli opposti, tra cui il bene e il male.

Dunque è soltanto conoscendo il cerchio degli opposti che potremo tornare a casa. Il mio gatto lo sa bene e me lo ha voluto spiegare per farmi comprendere quale fortuna ho come essere umano, di quale enorme privilegio godo (e con me tutti i miei simili) nella mia esistenza.

La libertà di scegliere, la bellezza di fare esperienza nel mondo, pur tra pericoli e dolori, è immensa. Lui non ce l’ha: novello Dio, io lo tengo in un Eden, in un recinto. E lui sogna la trasgressione, il rischio, la libertà. Il suo sguardo è simile a quello dei nostri progenitori, la sua tristezza, la loro. Ora lo so. E gli ho promesso che lo porterò con me, nel mio girare per il mondo. Tra i pericoli. Perché in fondo nulla è più bello e importante di vivere davvero. Nonostante tutto.

Nulla è più bello e importante di vivere davvero 

BIBLIOGRAFIA

  1. Simone De Clementi, “Il Gran libro dei pensieri filosofali”, volume primo
  2. La Bibbia di Gerusalemme, “Genesi”
  3. Igor Sibaldi, “Libro della creazione”

Note

[1] “E prese yhwh elohìm l’adàm e depose lui in gan di eden per lavorare-essa e custodire-essa”.  Il termine ebraico gan deriva dal verbo ganan, «proteggere». Quindi il giardino è uno spazio chiuso il cui recinto protegge coloro che vi abitano. Il sostantivo «Eden» deriva dal verbo ʿādan «essere florido» o «lussureggiante», per estensione il sostantivo significa «delizia».

[2] Nel mese di settembre 2023 ho fatto il grande passo: ho deciso di adottare un gatto. Così è arrivato un gattino di due mesi (nato il 14 luglio 2023 per la cronaca) che sono andato a ritirare vicino alla Torre di San Martino a Desenzano del Garda. Ho deciso di chiamarlo Cataro. È davvero un gatto filosofo, andiamo molto d’accordo.

[3]   “Allora si aprirono gli occhi ad entrambi e s'accorsero che erano nudi”; Genesi 3; 7. È dopo il peccato dunque che Adamo ed Eva iniziano a “vedere”, a percepire.

Simone De Clementi

Simone De Clementi / Filosofo della scienza, scrittore e formatore. Esperto in BDC e orientamento.

simone.declementi@gmail.com http://www.cronacheinattuali.wordpress.com

“E prese yhwh elohìm l’adàm e depose lui in gan di eden per lavorare-essa e custodire-essa”.  Il termine ebraico gan deriva dal verbo ganan, «proteggere». Quindi il giardino è uno spazio chiuso il cui recinto protegge coloro che vi abitano. Il sostantivo «Eden» deriva dal verbo ʿādan «essere florido» o «lussureggiante», per estensione il sostantivo significa «delizia».

Nel mese di settembre 2023 ho fatto il grande passo: ho deciso di adottare un gatto. Così è arrivato un gattino di due mesi (nato il 14 luglio 2023 per la cronaca) che sono andato a ritirare vicino alla Torre di San Martino a Desenzano del Garda. Ho deciso di chiamarlo Cataro. È davvero un gatto filosofo, andiamo molto d’accordo.

“Allora si aprirono gli occhi ad entrambi e s'accorsero che erano nudi”; Genesi 3; 7. È dopo il peccato dunque che Adamo ed Eva iniziano a “vedere”, a percepire.