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L’attenzione umana, si sa, è una risorsa scarsa, cruciale. Lo è anche perché è diventata merce altamente contendibile, dentro un’economia digitale che sull’attenzione, oltre che sull’informazione, ha investito moltissimo, con l’obiettivo di agire sull’architettura cognitiva del cervello, per sfruttarne al meglio le capacità neuro-plastiche, sociali (neuroni a specchio e non solo) e mimetiche, in modo da poter coltivare un’economia dell’attenzione che possa essere misurabile oltre che forza lavoro e profittevole.

La scarsità di un’attenzione ormai rubata (distrutta) da media digitali e piattaforme ha effetti e conseguenze tangibili sulla vita individuale e collettiva delle persone, impedisce di coltivare un’abilità umana fondamentale per interrogarsi e sapere come vivere, come vivere bene e come imparare a vivere. Dentro un’economia tutta incentrata sui consumi, che depriva il cittadino di molteplici diritti, l’attenzione è diventato un diritto da difendere, ha bisogno di protezione, di pratiche e azioni responsabili, etiche, finalizzate a coltivarla, attraverso un agire che dedichi tempo all’educazione, all’apprendimento, alla lettura, alla meditazione e alla vita spirituale, in una parola a tutto ciò che non ha finalità solo produttive. 

L’attenzione è distaccarsi da sé e rientrare in sé stessi, così come si inspira e si espira. […]” – Simone Weil, L’attesa di Dio, Adelphi, Milano 2008  

Coltivare l’attenzione, facile a dirsi, quasi impossibile a farsi. 

La nostra testa è sempre altrove, dentro mondi digitali, incapace di cogliere la virtualità (ciò che è in potenza) della realtà perché siamo sempre impegnati a navigare cognitivamente dentro “acque superficiali”, con la testa immersa nello short-time e catapultata dentro schermi-specchio magnetici, dalle capacità attrattive insuperabili. L’altrove che ha catturato la nostra attenzione non è fisico, è rappresentato e visualizzato dentro cornici-schermo dentro le quali ci muoviamo con profili senza corpo, concentrati ma distratti, con gestualità preconfezionate per sole dita e polpastrelli, contraendo i muscoli e corrugando le sopracciglia, trattenendo il respiro ogni qualvolta siamo richiamati a prestare attenzione a qualcosa.

Iperconnessi a uno smartphone e soggiogati dal suo schermo manifestiamo deficit di attenzione crescenti, tanto da suggerire (a chi ancora riesce a cogliere suggerimenti) che il nostro cervello sia sotto attacco, costantemente distratto. Il surplus informativo impoverisce la nostra attenzione, la incatena, impedendone una sua efficace allocazione a ciò che esistenzialmente conta nella vita di ognuno. Essendo una risorsa scarsa, l’attenzione è molto ricercata da forze potenti che, prima ancora che ce ne possiamo rendere conto, la catturano per modificare i nostri comportamenti e le nostre esperienze in una direzione non necessariamente in linea con ciò che a noi, nella nostra vita cosciente e consapevole, interessa veramente. E ciò che interessa è legato ai nostri desideri, alla necessità di concentrarci e mantenerci vigili, di rallentare le nostre vite frenetiche, di saper aspettare e di prenderci cura, di noi stessi e degli altri.

Il furto di attenzione, nella nostra era digitale è reso possibile dalla nostra esposizione costante al mezzo tecnologico, alla nostra aumentata passività, al godimento crescente che proviamo dentro le numerose camere dell’eco e ludiche nelle quali ci crogioliamo, ma soprattutto perché stiamo disimparando a dedicare tempo (e attenzione) all’educazione e alla nostra formazione, all’apprendimento, alla lettura e a tutto ciò che contribuisce a formare la struttura della nostra coscienza: le nostre interazioni con la realtà e i suoi oggetti, le nostre rappresentazioni degli stessi e la nostra memoria,  la capacità di focalizzare la nostra attenzione, sempre più costruita tecnologicamente, resistendo alle forze tecno-digitali che hanno colonizzato il nostro ambiente, la nostra realtà, condizionando individui e il loro vivere sociale. 

L’attenzione ha sempre richiesto all’essere umano l’impiego di tecniche e la ricerca di pratiche utili a focalizzarla, catturarla, modularla e indirizzarla. Nell’era tecnologica attuale queste tecniche devono fare i conti con la riduzione dell’individuo a semplice consumatore. Destinatario come tale delle azioni di “psicotecnologie” (termine mutuato da Stiegler) all’opera per mobilitare le persone, attraverso un uso massivo del marketing e della comunicazione, nella produzione e nel consumo di merci e prodotti. Con il risultato di ridurre la vita delle persone alla soddisfazione immediata di bisogni impellenti, di mettere la cultura e tutto ciò che per sua natura non è calcolabile, misurabile, profittevole, al servizio dell’economia. 

L’azione è marketing e culturale insieme (bisogna controllare i comportamenti), è così perseverante e coinvolgente da consumare tutte le nostre energie e vincere le nostre resistenze. È portata scientificamente avanti da apparati potenti, strutturati e sostenuti da mass media dominati da una vocazione marketing, promozionale e commerciale che agiscono a livello psichico e cognitivo influenzando i processi decisionali e di scelta individuali, riducendo conoscenze e conoscenza, consapevolezza, libertà di scelta e assunzione di responsabilità, la capacità a coltivare i propri ideali e obiettivi, ragioni e motivi per vivere in modi diversi da quelli puramente produttivi e consumistici, investendo nel futuro e sui desideri che lo possono plasmare. Resistere all’attacco, che la nostra attenzione subisce ogni giorno e nel tempo, è possibile ma sempre più difficile e complicato. Per farlo bisognerebbe fare affidamento all’educazione e alla formazione, negli anni messa in crisi dall’attacco perseverante ai sistemi di pubblica educazione e alla loro privatizzazione allo scopo di piegare l’autonomia morale e cognitiva degli individui e i sistemi scolastici alle logiche consumistiche e di mercato.

Una buona educazione potrebbe suggerire l’ozio, l’inazione, come pratica di difesa, inteso come pratica per recuperare il tempo libero, da dedicare a pratiche anche spirituali, meditative e non “commerciali” (negotium). Un altro potenziale rimedio, una buona pratica, risiede nel sapersi prendere cura di qualcosa e di sé, nella ricerca attiva di maggiore felicità, coltivando la speranza. La difficoltà a coltivare i rimedi che ci servono per proteggere la nostra attenzione deriva dal nostro essere letteralmente sommersi da informazioni. Il surplus informativo consuma la nostra attenzione, ci obbliga a usarla per farci largo tra l’abbondanza informativa con l’effetto di non avere più attenzione a nostra disposizione per finalità diverse.

La crisi dell’attenzione che ne deriva non incide soltanto sui nostri comportamenti ma anche sulle nostre percezioni, mettendole anch’esse in crisi, determinando un esaurimento delle nostre capacità cognitive (Crary) che portano a un individuo impoverito. Il primo effetto non è la perdita di tempo libero, sempre più dedicato alla nostra attività di MiPiace, messaggistica e navigazionale, ma è la perdita esistenziale di parti essenziali della nostra vita, anche per il venire meno di un elemento essenziale dell’attenzione, quello legato alle nostre relazioni sociali e con gli altri. Privati di attenzione disimpariamo a vivere e a prenderci cura di noi stessi e degli altri, a convivere con noi stessi e con gli altri. Regalando la nostra attenzione a piattaforme e mondi digitali nei quali viviamo vite simulate, ci dimentichiamo di quanto la nostra vita sia mortale, irreversibile, irreparabile (De Ferraris), dell’importanza che l’esperienza vissuta dentro il NOSTROVERSO ha nelle nostre vite, esperienza che fa sì che la vita sia espressione di qualcosa che è solo nostro, anche se sempre esperito nella convivenza con altri.

Recuperare l’attenzione perduta, rubata, è diventata una missione impossibile ma urgente e necessaria. L’urgenza nasce dal bisogno di ridare un senso alle nostre esistenze umane, per perseguire conoscenza e verità, immergendosi nel tempo reale presente, in modo da dare alle nostre esistenze attuali un significato, un destino e delle possibilità. Ci serve attenzione e concentrazione per trascendere il presente e orientare lo sguardo al futuro, per conoscere noi stessi e il demone che è in noi, primo passo per impegnarsi in una vita di ricerca, oggi sostituita da molti da una vita in perenne fuga dall’impegno e dalla responsabilità.

Per chi fosse arrivato a leggere fin qui segnalo che all’attenzione ho dedicato un capitolo del mio ultimo libro (NOSTROVERSO – Pratiche umanistiche per resistere al Metaverso) dal titolo: COLTIVARE L’ATTENZIONE.Buona lettura  

Bibliografia 

  • Ivano Dionigi, Segui il tuo demone – Editori Laterza, Bari 2020

  • Tiziana Terranova, Dopo Internet – Le reto digitali tra capitale e comune, Nero Edizioni, Roma 2022

  • Carlo Mazzucchelli, NOSTROVERSO – Pratiche Umaniste per resistere al Metaverso, Delos Digital, Milano 2023

  • Maurizio Ferraris, Imparare a vivere – Editori Laterza, Bari 2024

  • Bernard Stiegler, Technics and Time, 1. The Fault of Epimetheus, - Stanford University Press 1988

  • Shoshana Zuboff, The Age of Surveillance Capitalism: The Fight for a Human Future at the New Frontier of Power. New York 2019

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Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – STULTIFERANAVIS Co-founder

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