La DISLOGIA, o Bias di Razionalità Limitata, che affligge oltre il 90% della popolazione globale - non lo dico io, e lo ripeto sempre, è scientificamente dimostrato da oltre sessant'anni (Wason e Laird '60) e confermato dalle più recenti ricerche in psicologia, sociologia, antropologia - consente di iniettare nell'opinione comune, quelli che possono essere definiti memi paradossi. Ovvero, frasi e convinzioni di senso opposto a ciò che vengono designate a rappresentare, ciò al fine di indurre l'intera comunità a discutere e ad agire in merito ad un malessere che la affligge, in modo improprio e totalmente inefficace dal punto di vista della soluzione del problema, ma assolutamente efficace in merito all'effetto di produrre distorsioni sull'attribuzione delle responsabilità, sia delle cause che delle possibili soluzioni del malessere, che spesso, è anche molto grave.
Uno di questi memi paradossi è quello della Zona di Conforto.
Quanti in stato di profondo malessere interiore si sono rivolti ai familiari, agli amici, allo psicologo, allo psichiatra o ad altri professionisti e si sono sentiti dire che dovevano uscire dalla Zona di Conforto?
Data la relazione tra prestazioni operative e livello ansioso di un individuo, che possiamo esprimere funzionalmente come:
Prestazioni = Lavoro(Ansia)
questa funzione presenta un intervallo - una Zona ritenuta ottimale - della variabile corrispondente al livello di Ansia di un individuo, in cui la funzione Lavoro produce il massimo risultato nei termini delle Prestazioni dell'individuo.
La zona di conforto
Il concetto di Zona di Conforto è stato concepito nel secolo scorso come l'intervallo - la Zona - dove il livello prestazionale dell'individuo misurato da questa funzione, si riduce a causa della riduzione eccessiva del suo livello ansioso. Ovvero, quando la familiarità col compito da svolgere e la sicurezza raggiunta con l'esperienza, lo mettono in una condizione interiore "confortevole" rispetto a quanto è tenuto a realizzare lavorativamente, di qui, il nome di Zona di Conforto.
Questa chiave di lettura del livello di ansia dell'individuo, è stata usata - e lo è tuttora - nel contesto professionale per sviluppare processi operativi del lavoro, atti a tenere il livello di ansia del lavoratore a quel limite ritenuto corretto per trarre il massimo del vantaggio dalle sue prestazioni.
Ciò, avviene anche nel contesto sociale, il livello di ansia dell'individuo, assume un ruolo determinate per la gestione del suo comportamento.
La lettura comune che ne viene fatta, è quella per cui un soggetto, trovandosi nella sua Zona di Conforto, in una relazione affettiva, nella sua professione o altra situazione, utilizzi un insieme limitato di comportamenti per raggiungere determinati risultati, portandolo conseguentemente a limitare la sua crescita personale e il superamento di determinati limiti.
L'aspetto più interessante, in quanto paradosso, è che generalmente le persone ritengano un soggetto che mostra incapacità di agire in situazioni come ad esempio: necessità di cambiare lavoro, di intervenire attivamente per modificare una relazione amicale o affettiva, risolvere una condizione di forte stress, conflitto, malessere profondo, frustrazione e quant'altro, come una persona reticente all'azione per il fatto che si trovi in Zona di Conforto.
Ovvero, considerano la condizione interiore della persona, come familiarizzata e sicura rispetto al livello di dolore, paura e sconforto che prova nella situazione e nel contesto in cui si trova, e interpretano la reticenza ad agire, come mancanza di desiderio e resistenza al cambiamento. Come se la persona si trovasse in una condizione favorevole, sicura, comoda, e avesse paura, agendo, di doverne affrontare una che potrebbe rivelarsi, almeno all'inizio, più complessa e impegnativa, perdendo totalmente di vista il fatto che il soggetto si trova invece esattamente dalla parte opposta della funzione, nella Zona di Sconforto, di livello ansioso più alto, provando dolore e paura.
Il soggetto è incapace di agire non perché in Zona di Conforto, bensì perché al suo massimo Limite di Tolleranza dell'Ansia, dello stress, della frustrazione, del dolore e della paura, e la benché minima perturbazione della sua condizione, può portarlo al collasso, ed è proprio per questo che il suo incosciente gli impedisce di muoversi, di agire.
Il soggetto, non ha bisogno di uscire dalla sua Zona di Conforto, ma all'esatto opposto, ha necessità di rientrarci, di ridurre l'Ansia, di riuscire a ridurre l'iperstimolazione a cui è giunto e riscoprire che può riuscire a far fronte alla realtà e rispondere con le sue risorse interiori ed esterne alle sue necessità.
In questa distorta interpretazione, tutte le responsabilità, del problema e della ricerca della soluzione sono proiettate implicitamente sul soggetto in difficoltà, e l'aspetto ancor più grave è che egli, o spesso condivide questa interpretazione paradossa, o deve lottarvi contro ad ogni confronto con gli altri, inclusi molte volte anche i professionisti che dovrebbero aiutarlo.
E sono proprio questi ultimi aspetti ad essere la chiave strategica dell'ingegneria sociale che induce tali memi paradossi nella comunità, per proiettare il problema sistemico sull'individuo, facendolo sentire la causa dei suoi problemi, e pertanto, delegandogli l'onere della ricerca della soluzione.
Nella stragrande maggioranza dei casi, qualcuno che chiede aiuto trovandosi ad esempio ad affrontare una separazione, non procrastina all'infinito una situazione conflittuale e dolorosa perché si trova in una condizione di agio, di basso livello di Ansia, bensì perché la sua Ansia è altissima, a causa del fatto che sa benissimo che dovrà affrontare - soprattutto nel nostro paese - lunghi periodi di solitudine affettiva, limitazioni della propria vita sessuale, e dovrà impegnarsi in un lungo lavoro per cercare e instaurare una relazione con un nuovo partner; oppure trovandosi ad affrontare un cambiamento di lavoro, non procrastina nella sopportazione di abusi, perché si trova in una condizione di dominio del proprio lavoro, bensì perché sa che - soprattutto nel nostro paese - dovrà impegnarsi in una lunga ricerca di alternative che molto spesso saranno al di sotto delle condizioni in cui si trova, dovendo apprendere nuovi compiti, impegnarsi all'estremo per dimostrare il proprio valore, digerire nuove relazioni personali con estranei che entreranno a far parte del suo quotidiano.
Malessere e ingegneria sociale
Le vere cause del malessere sono sistemiche e lo sono anche le soluzioni, ma iniettare nell'individuo, attraverso il virus della DISLOGIA, le convinzioni che la causa e la soluzione del suo problema siano in sè stesso, sistemicamente è la strategia vincente, è l'apoteosi dell'efficienza dell'ingegneria sociale.
Se ci pensi, è un po' come quando fai la raccolta differenziata dell'immondizia, paghi un'azienda che dovrebbe occuparsi di questo lavoro, lo ha fatto fino a poche decadi fa, ma la situazione geopolitica, economica, l'influenza della mafia nel settore ecc., rendono meno redditizio questo business. Allora l'azienda e lo stato cosa fanno? Non hanno modo di mantenere e aumentare i guadagni costantemente come hanno sempre fatto, se non riducendo i costi. Quindi, mettono in azione l'ingegnere sociale e fanno in modo di proiettare su di te la convinzione che tu - e non il sistema industriale - produci troppa immondizia, e per consentirgli di smaltirla più efficientemente, tu, devi separala in casa, impiegando il tuo tempo.
Così l'azienda, può serenamente ridurre il personale che prima faceva questo smistamento - servizio che era pagato da te e che ora continui a pagare ma a svolgere tu stesso - e tutti sono contenti. L'azienda davvero, perché ha ridotto i costi e aumentato il guadagno, e tu illusoriamente, convinto di stare contribuendo al corretto smaltimento dei rifiuti in nome della salute tua e del pianeta. E quel che DISLOGICAMENTE parlando è peggio, è il fatto che non ti poni nemmeno lontanamente il problema di andare a cercare su google i dati sulla produzione dei rifiuti a livello globale, dove risulta che appena un pugno di famiglie multimiliardarie, con le loro industrie, sono responsabili della stragrande quantità di rifiuti prodotti, e tu, mentre allegramente sei felice di perdere 20 minuti sotto casa ad aprire 10 secchioni mal tenuti e puzzolenti per buttarci la tua differenziata, loro hanno mandato a casa migliaia di operai e si godono i profitti anche di questo tuo nuovo lavoretto quotidiano di smistamento dei rifiuti.
Ti chiedo ora, quei 20 minuti per la differenziata, il tempo che impieghi a mettere da parte scontrini inutili per pagare le tasse quando è già tutto informatizzato da decadi e non ce n'è il minimo bisogno, il proliferare di servizi e app dove devi registrarti e conservare un'infinità di password, la pubblicità in TV che credi serva - al posto di un canone - a pagare le trasmissioni che vedi, e che invece si riflette sul costo dei prodotti pubblicizzati che sei sempre tu a comprare e quindi a pagare, ma, se ci pensi, se per la programmazione di un film su una rete servissero 100.000,00 euro, spalmando appena qualche centesimo su miliardi di unità di un certo prodotto di largo consumo quanto ci racimolano le aziende?
Ti chiedo ancora, quanto tempo della tua vita passi a fare "lavori" per cui già paghi gli aspetti intrinseci del servizio e che ti ingenerano impiego del tuo tempo, scadenze, pressione e Ansia?
Ricordi la formuletta sopra?
Bene!
Sei esattamente nella tua Zona di massima Prestazione. Sei contento?