Stupidità, è un viaggio tra accezioni, una parola che dondola, una parola che si accosta ad un significato o ad un altro in base al lato del peso del dondolo.
Siamo tutti stupidi che si stupiscono della stupidità altrui, in cui l'intelligenza propria diventa medaglia unifacciale, l'altro lato una superficie liscia, senza rilievo, una tabula rasa, priva di asperità.
Ma i contorni possono essere disegnati nei tempi, e le sporgenze prenderanno posto alle levigature.
Forse perché nella piramide di Maslow gli altri avranno sempre i piani bassi, ma il pinnacolo a chi apparterrà?
Credere stupidi gli altri è ardere una realtà non razionale, data dalla superiorità in cui si affonda.
Coincidere con circoncidere, circoscrivendo la sagoma dello stupore reduce della stupidità.
Viene così architettato un infante in cui il viaggio sarà l'oscuro pellegrinaggio verso l'attesa dello stupore di sé, con lo stigma della stupidità che le farà da gemello.
E così le credenze crollano, e le insicurezze si innalzano.
Stupito o stupido?
La ragione data dall'autoposizionamento sarà il crepuscolo di ciò che porta in grembo la stupidità di credere stupidi coloro che stanno al di là del castello costruito in cui gli altri sono solo pedine.
Ma se la costruzione crolla?
Rimane il recinto.