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Noam Chomsky e Andrea Daniele Signorelli: Come l’intelligenza artificiale sta cambiando il modo in cui parliamo e pensiamo.

Da sempre il linguaggio è la frontiera che separa l’uomo dalla macchina. Ma cosa accade quando le macchine iniziano a parlare, scrivere, tradurre, persuadere? L’intelligenza artificiale non ha solo imparato le nostre parole: le ha fatte proprie, rielaborandole in modo statistico e imprevedibile.
Due interpreti di questa svolta offrono visioni opposte: Noam Chomsky, linguista e filosofo del linguaggio, teorico della grammatica universale; e Andrea Daniele Signorelli, giornalista e saggista, autore di Technosapiens e Simulacri Digitali, voce critica del rapporto tra AI, cultura e società. Il primo difende la natura innata e semantica del linguaggio umano; il secondo analizza come l’algoritmo ne stia riscrivendo la funzione sociale.
Il linguaggio è ancora ciò che distingue l’umano dalla macchina?


1. La grammatica e l’algoritmo

Per Noam Chomsky, il linguaggio non è un archivio di parole ma un dispositivo generativo inscritto nella mente umana. Ogni frase che pronunciamo, scrive sin dagli anni Cinquanta, è un atto creativo regolato da strutture profonde e universali, quelle che lui chiama grammatica generativa. Il linguaggio non si apprende come un insieme di dati, ma si sviluppa come una facoltà innata che consente all’essere umano di produrre un numero infinito di enunciati a partire da regole finite.

In questo senso, l’intelligenza artificiale rappresenta per Chomsky un grande equivoco cognitivo: può imitare la forma del linguaggio, ma non la sua intenzione. “I modelli linguistici non sanno cosa dicono”, ha dichiarato in un’intervista di due anni fa, “come un registratore che ripete ciò che ha udito”. Dietro le risposte di ChatGPT non c’è comprensione, ma correlazione: l’AI predice la parola successiva sulla base delle frequenze statistiche, senza sapere perché quella parola abbia senso. È un linguaggio senza mente, un pensiero senza coscienza.

Andrea Daniele Signorelli, al contrario, invita a non fermarsi a questa distinzione epistemologica. L’algoritmo non capisce, ma agisce. Non ha intenzionalità, ma produce effetti reali: senso sociale, influenza culturale, narrazioni collettive che orientano la percezione del mondo. In un episodio del podcast Crash - La chiave per il digitale, Signorelli osserva come l’intelligenza artificiale sia diventata “un potere che si esprime attraverso il linguaggio, non attraverso la forza”: un linguaggio che convince, intrattiene, normalizza.

Per Chomsky, dunque, il linguaggio resta la prova dell’unicità umana; per Signorelli, è ormai il terreno in cui l’umano e la macchina si confondono. Da un lato la grammatica universale, che fonda la comprensione; dall’altro l’algoritmo predittivo, che sostituisce la conoscenza con la probabilità.

Oggi le piattaforme non hanno bisogno di comprendere per influenzare: basta sapere come le parole circolano, non quale sia il loro significato. Eppure, se il potere si fonda solo sulla previsione e non sulla comprensione, che tipo di sapere resta possibile? Può esistere ancora un pensiero critico, o la conoscenza rischia di ridursi a un algoritmo che funziona, ma non sa di funzionare?

2. Il linguaggio come azione

Per Noam Chomsky, parlare significa esprimere un pensiero. Il linguaggio è la manifestazione esterna di un processo cognitivo interno: un ponte tra la mente e il mondo, non uno strumento per ottenere consenso o reazioni. In questa prospettiva, la parola è un atto conoscitivo, un modo di costruire spiegazioni, non di generare effetti. Il linguaggio, per Chomsky, non serve a manipolare ma a comprendere.

Ma nell’ecosistema digitale descritto da Andrea Daniele Signorelli, questa funzione si è capovolta. Oggi il linguaggio non serve più a rappresentare la realtà, ma a modificarla in tempo reale. Ogni parola pubblicata, ogni commento, ogni messaggio automatico è un micro-atto performativo, misurato non per la sua verità ma per la sua risonanza. Nelle piattaforme social, nei chatbot, il linguaggio non nasce da un soggetto: produce soggetti, plasma comportamenti, orchestra emozioni. Non importa ciò che viene detto, ma ciò che la frase fa, quanti clic genera, quanto tempo trattiene, quale reazione innesca.

In questa dinamica, l’intelligenza artificiale assume una nuova forma di potere discorsivo. Non ha coscienza, ma è in grado di modellare la conversazione pubblica, di riscrivere lo spazio del dialogo. È un linguaggio che non pensa ma opera, che non riflette ma agisce, riducendo la parola a gesto algoritmico. Signorelli lo definisce “un potere linguistico senza autore”, una voce collettiva che parla senza sapere di parlare, e che proprio per questo diventa tanto più efficace.

Chomsky vedrebbe in tutto ciò una regressione: la perdita del linguaggio come strumento di ragione e di libertà. Signorelli, più che una perdita, vi scorge un cambio di paradigma: il linguaggio è ormai un campo di forze dove umano e artificiale agiscono insieme, spesso senza più distinguersi.

Ogni giorno milioni di testi, immagini e commenti vengono generati automaticamente, senza intenzione e senza autore. Ma se la parola agisce senza chi la pronunci, a chi appartiene la responsabilità del discorso? Siamo ancora persone che parlano o solo terminali di un flusso linguistico che ci attraversa, ci rappresenta, ci orienta?

3. Verità o verosimiglianza

Per Noam Chomsky, la differenza tra mente e macchina si gioca su una linea sottile ma decisiva: la capacità di cercare la verità e non solo la verosimiglianza. La mente umana, afferma, non si limita a correlare dati: costruisce spiegazioni. È un sistema creativo che, a partire da informazioni limitate, elabora teorie generali, anticipa il mondo, ne interroga il senso. I modelli linguistici dell’intelligenza artificiale, al contrario, operano per predizione: prevedono la parola più probabile, non quella più significativa.
La loro logica non è epistemologica ma statistica, e per questo Chomsky li considera “ingegneria, non scienza”, strumenti utili, ma privi di capacità conoscitiva.

In questa distanza tra capire e prevedere si annida la frattura filosofica del nostro tempo. Andrea Daniele Signorelli la interpreta non come un difetto della tecnologia, ma come un mutamento culturale profondo. Nel mondo digitale, scrive, la verità non è più un valore trascendente ma un algoritmo di credibilità: conta ciò che appare plausibile, condivisibile, virale. Non l’esattezza di un’informazione, ma la sua capacità di circolare. È la logica del feed, dove la coerenza è sostituita dal ritmo, e l’autorevolezza dalla frequenza.

In questa prospettiva, la macchina non sostituisce la ragione ma la retorica: diventa il nuovo medium della persuasione. Se per Chomsky il linguaggio è una forma di conoscenza che presuppone coscienza e intenzione, per Signorelli esso si è trasformato in un ecosistema di simulacri, in cui la verosimiglianza vale più della verità. “Le intelligenze artificiali”, spiega in Simulacri digitali, “non ci ingannano perché mentono, ma perché raccontano esattamente ciò che vogliamo sentirci dire”.

Così la questione non è più se le macchine comprendano il mondo, ma quanto noi siamo disposti a scambiare la somiglianza per comprensione, l’efficacia per verità.

La “verità” non è ciò che è dimostrabile, ma ciò che funziona nel feed. La parola si misura in termini di reazione, non di coerenza. Se la verosimiglianza ha preso il posto della verità, il linguaggio diventa uno strumento di persuasione continua. Ma senza la possibilità di distinguere il vero dal plausibile, cosa resta della conoscenza, del dibattito, del pensiero umano?

4. Cultura, potere, algoritmi

Per Noam Chomsky, il linguaggio non è mai neutro. È lo strumento primario attraverso cui si esercita il potere. Dalla propaganda bellica ai mass media, la parola - quando separata dal pensiero critico - diventa veicolo di consenso, una tecnologia dell’obbedienza. Già in Manufacturing Consent (1988), Chomsky e Edward S. Herman mostrarono come il linguaggio mediatico filtri la realtà, selezioni ciò che può essere detto e ciò che deve restare invisibile. Oggi, nell’epoca dell’intelligenza artificiale, questa dinamica si amplifica: la manipolazione non passa più attraverso l’ideologia, ma attraverso il calcolo. Un linguaggio generato senza comprensione, spiega Chomsky, “è il sogno di ogni potere”: efficiente, automatico, incapace di opporsi.

Andrea Daniele Signorelli riprende questa eredità critica e la porta nel presente digitale. Per lui, la retorica dell’AI come strumento neutro è l’illusione più pericolosa. Dietro l’apparente oggettività statistica, si nasconde un nuovo regime linguistico, un linguaggio di potere che parla attraverso gli algoritmi.
In Crash – Il colpo di stato dell’intelligenza artificiale, Signorelli descrive un futuro prossimo in cui la governance si automatizza, le decisioni vengono prese da modelli predittivi, e la sfera pubblica si riduce a un insieme di correlazioni. Non più censura, ma addestramento: non si vietano le parole, si orienta la loro probabilità di comparsa.

Laddove Chomsky vede il rischio di una nuova forma di propaganda, Signorelli ne denuncia la mutazione: non è più la verità ad essere imposta, ma la familiarità. L’AI parla come noi, scrive come noi, ci restituisce un’immagine speculare in cui è facile riconoscersi, e più difficile pensare. È un potere che non persuade, rassicura; non impone, replica. Il linguaggio diventa così una forza invisibile di normalizzazione, una voce collettiva che si confonde con la nostra.

Le tecnologie linguistiche promettono inclusione, ma amplificano le voci dominanti. L’algoritmo non è neutro, riproduce le disuguaglianze che apprende, consolidando le stesse gerarchie che dovrebbe superare. Così, mentre crediamo di essere ascoltati, parliamo con parole che non ci appartengono più. In un mondo dove la parola è programmata, che fine fa la libertà di espressione?

5. Il linguaggio che resta umano

Per Noam Chomsky, il linguaggio è ancora il cuore dell’umano: non perché comunica, ma perché pensa. È la manifestazione della coscienza, la prova che comprendere significa creare senso e non semplicemente riprodurlo. In un’epoca in cui le macchine parlano, Chomsky ci ricorda che comprendere non equivale a correlare: che dietro ogni frase umana esiste un’intenzione, una memoria, una responsabilità. Il linguaggio non è soltanto un mezzo, ma una forma di vita, e la sua crisi è, inevitabilmente, una crisi dell’umano.

Andrea Daniele Signorelli non nega questa centralità, ma ne mette in luce la fragilità. Il linguaggio, oggi, è il terreno di una contesa tra la parola e il codice, tra la mente che cerca senso e l’algoritmo che genera forma. Non è più solo uno strumento di comunicazione, ma il campo in cui si gioca la sovranità dell’esperienza. In Simulacri Digitali, scrive, la sfida non è impedire alle macchine di parlare, ma impedire che parlino al nostro posto. Per questo la difesa del linguaggio non è un gesto nostalgico, ma un atto politico: salvaguardare la complessità contro la semplificazione, il dubbio contro la predizione, la voce contro l’eco.

In fondo, sia Chomsky che Signorelli concordano su un punto: il linguaggio non è solo ciò che usiamo, è ciò che siamo. E se oggi la macchina sembra imitarlo, il rischio più grande non è che ci sostituisca, ma che ci convinca a parlare come lei, più veloci, più precisi, ma meno umani.

Il linguaggio umano non è perfetto, ma resta imprevedibile, carico di emozione e ambiguità, tutto ciò che l’algoritmo tenta di eliminare. La sfida non è impedire alla macchina di parlare, ma conservare nel nostro modo di parlare ciò che la macchina non può simulare: la coscienza, l’analisi critica, l’imperfezione. Siamo ancora capaci di farlo?


Brevi biografie degli autori

Noam Chomsky, nato a Filadelfia il 7 dicembre 1928, è un linguista, filosofo e attivista statunitense. Docente emerito di linguistica al Massachusetts Institute of Technology (MIT), è universalmente riconosciuto come il fondatore della grammatica generativo-trasformazionale, spesso citata come il più importante contributo alla linguistica teorica del XX secolo. La sua teoria si concentra sulla ricerca delle strutture innate del linguaggio naturale, distinguendo tra competenza (la conoscenza della lingua) e esecuzione (l'uso effettivo). Parallelamente alla sua carriera scientifica, Chomsky è noto per il suo attivismo politico, ispirato al socialismo libertario. Le sue opere principali includono Le strutture della sintassi (1957), Aspetti della teoria della sintassi (1965) e, nell'ambito politico, La fabbrica del consenso (1988).

Nato a Milano il 22 settembre 1982, è giornalista e saggista freelance specializzato nel rapporto tra nuove tecnologie, politica e società. Scrive per La Repubblica, Domani, Wired Italia, Il Tascabile e Internazionale, dove approfondisce i temi legati all’intelligenza artificiale, al tecnosoluzionismo, al lungotermismo e alle teorie del complotto. È autore dei saggi Rivoluzione artificiale. L’uomo al tempo delle macchine intelligenti (2020) e Technosapiens. Come l’essere umano si trasforma in macchina (2021), fino all’ultimo lavoro Simulacri digitali. Le allucinazioni e gli inganni delle nuove tecnologie (add editore, 2025), in cui analizza il potere culturale e narrativo dell’AI. Signorelli è anche autore e voce del podcast Crash – La chiave per il digitale, prodotto da The Vision, che esplora l’impatto delle tecnologie digitali sulla democrazia, il lavoro e la cultura.

 


POV nasce dall’idea di mettere a confronto due autori viventi, provenienti da ambiti diversi - filosofia, tecnologia, arte, politica - che esprimono posizioni divergenti o complementari su un tema specifico legato all’intelligenza artificiale.

Si tratta di autori che ho letto e approfondito, di cui ho caricato i testi in PDF su NotebookLM. A partire da queste fonti ho costruito una scaletta di argomenti e, con l’ausilio di GPT, ho sviluppato un confronto articolato in forma di articolo.

L’obiettivo non è giungere a una sintesi, ma realizzare una messa a fuoco tematica, far emergere i nodi conflittuali, perché è proprio nella differenza delle visioni che nascono nuove domande e strumenti utili a orientare la nostra ricerca di senso.

 

Pubblicato il 06 ottobre 2025

Carlo Augusto Bachschmidt

Carlo Augusto Bachschmidt / Architect | Director | Image-Video Forensic Consultant

carlogenoa@gmail.com