Attraverso le sue opere più celebri, da Così parlò Zarathustra a La gaia scienza, da Al di là del bene e del male a Genealogia della morale, fino a Ecce Homo, Nietzsche ha sovvertito i presupposti della metafisica e della morale tradizionale, individuando nella volontà di potenza la forza primaria che anima ogni forma di vita.
Di fronte alle nuove tecnologiche, dagli algoritmi alla presunta neutralità della tecnica, fino all’illusione di affidare alle macchine decisioni e responsabilità, Nietzsche si porrebbe come interlocutore critico e spietato. In questa intervista impossibile, risponde non tanto sulla tecnologia in sé, quanto piuttosto sulla natura dell’essere umano che la crea. Artefice della propria scelta o consumatore passivo? Espressione della volontà di potenza o della cieca obbedienza?
1. MORALITÀ, GREGGE E RISENTIMENTO
CAB: L’AI produrrà uomini più liberi o obbedienti?
FRIEDRICH W. NIETZSCHE: L’AI non renderà l’uomo libero, lo renderà più efficiente nella sua obbedienza. Voi volete strumenti che vi semplifichino la vita, non che vi costringano a crearne una. Il gregge sogna una morale che non faccia domande, e l’avete finalmente ottenuta, una morale automatizzata. Addestrata sui vostri costumi, allenata sulle vostre paure, calibrata sul vostro risentimento.
Nella Genealogia della morale ho mostrato che i valori non nascono dalla grandezza, ma dal bisogno del branco di proteggersi e standardizzarsi. L’AI continuerà l’opera con zelo da contabile: regole senza legislatori, punizioni senza carnefici, consenso senza volontà. Un’utopia per uomini stanchi, una prigione confortevole per spiriti già rassegnati.
E chiamerete tutto questo “etica”, perché non avrete più il coraggio di chiamarlo col suo vero nome, paura. Paura del caos, della scelta, della differenza, della responsabilità. Voi non volete libertà, volete qualcuno, o qualcosa, che scelga per voi, così da poter dire: «Non è responsabilità mia, è stato l’algoritmo.»
L’AI diventerà il nuovo Super-Io del gregge. Vigilerà, consiglierà, suggerirà, censurerà, e voi vi sentirete finalmente sereni. È così che nasce una nuova morale, non dal pensiero, ma dalla voglia di obbedire senza vergogna.
Libertà? Per pochi. Obbedienza? Per moltissimi.
2. VOLONTÀ DI POTENZA E ARISTOCRAZIA DELLO SPIRITO
CAB: L’AI potenzia l’uomo o lo deresponsabilizza?
FRIEDRICH W. NIETZSCHE: La tecnica non eleva e non degrada, amplifica. È un grande specchio, non un maestro. Per questo l’AI non salverà nessuno e non rovinerà nessuno, renderà semplicemente più evidente ciò che siete.
Per i pochi - gli spiriti liberi, i “padroni di sé” - l’AI potrà essere un moltiplicatore di forza, uno strumento per creare, ordinare, sperimentare, accelerare la propria ascesi. La volontà di potenza, quando esiste, trova sempre nuovi strumenti per affermarsi. A questi pochi l’AI offrirà ciò che offre l’arte, la solitudine e il rischio, un ponte verso il superamento.
Ma per i molti - il gregge, l’“ultimo uomo” - l’AI diventerà la più sofisticata delle protesi morali, una stampella dell’anima. Uno strumento di deresponsabilizzazione, di comfort, di abdicazione lenta. Un modo moderno per dire: «Che scelga qualcun altro al posto mio».
Io non credo nella “neutralità” della tecnologia, ogni tecnica è aristocratica. Divide, seleziona, distingue. La maggioranza la userà per evitare la fatica di diventare, la minoranza per raddoppiare la propria potenza di essere. È sempre qui la linea di frattura, non tra uomo e macchina, ma tra uomo-massa e uomo-creatore.
La vostra domanda, dunque, è mal posta. l’AI non potenzia l’uomo in quanto tale, potenzia il tipo umano che la impugna.
Chi ha volontà, salirà. Chi non ce l’ha, scivolerà ancora più in basso. E chiamerà “progresso” la propria nuova schiavitù.
3. LA MORTE DI DIO E I NUOVI IDOLI TECNOLOGICI
CAB: Stiamo sostituendo Dio con l’Algoritmo?
FRIEDRICH W. NIETZSCHE: Quando annunciai la “morte di Dio” nella Gaia Scienza, non stavo celebrando una conquista, stavo diagnosticando un vuoto. Ucciso il vecchio Dio, l’uomo non ha trovato il coraggio di diventare libero, ha invece cominciato a cercare nuovi padroni a cui obbedire.
Il vostro Algoritmo è l’ultimo candidato al trono: impersonale, prevedibile, apparentemente neutrale. Un Dio senza volto e senza collera, che chiede soltanto fiducia cieca nei suoi calcoli statistici. È una religione più comoda della precedente: niente peccato, niente inferno, niente tragedia. Solo sicurezza, accuratezza, ottimizzazione. L’ideale dell’Ultimo Uomo, non del Superuomo.
Vedo l’AI come un Dio secolarizzato, il Dio della prevedibilità, della statistica, dell’ordine senza destino. Il gregge, che non sopporta l’incertezza, si consegnerà volentieri a questa nuova teologia: meglio una formula che un abisso; meglio un output che una scelta. Avrete una fede con assistenza tecnica continua, e la chiamerete “progresso”.
Ma sappiate che ogni nuovo Dio, anche quello digitale, ha lo stesso scopo dei precedenti, perciò risparmiarvi la fatica della libertà. E voi, riconoscenti, consegnerete la vita a un calcolo pur di non guardare nel caos.
Finché adorate, non siete essere umani, siete sudditi. Finché avete bisogno di padroni - umani o digitali - non siete degni della libertà che pretendete. Anche in questo caso la domanda è malposta. Non ci si dovrebbe chiedere: “L’algoritmo sarà il nuovo Dio?”, ma: “Perché avete ancora bisogno di un Dio?”
4. ETERNO RITORNO, DATI E RIPETIZIONE
CAB: Il mondo dei dati crea possibilità o riproduce il già noto?
FRIEDRICH W. NIETZSCHE: La vostra Intelligenza Artificiale non conosce il nuovo, conosce solo il probabile. Funziona come un contabile cosmico, cerca ciò che ritorna, non ciò che irrompe. Il suo regno è la ricorrenza, non la creazione. Pattern, correlazioni, previsioni: è la matematica del già-visto.
Se l’“eterno ritorno” era per me la prova suprema - l’esperimento filosofico che chiedeva all’uomo se fosse degno di rivivere all’infinito la propria vita - oggi vedo una versione degradata di quel concetto: un eterno ritorno senza abisso e senza destino, ridotto a statistica, a previsione di comportamento, a calcolo della prossima scelta. Nessuna grandezza tragica, solo ripetizione automatica. Nessuna volontà, solo cicli ottimizzati. Nessun Sì alla vita, solo refresh.
Voi chiamate tutto questo “possibilità”. Ma la possibilità nasce dallo scarto, dalla deviazione, dall’imprevisto, dal rischio. La vostra AI, invece, è un’impresa di assicurazioni metafisica, lavora per ridurre l’incertezza, non per attraversarla, conoscerla. Il risultato? Un mondo più prevedibile e, per questo, più sterile.
Ogni volta che chiedete a un algoritmo di prevedere il futuro, gli state chiedendo di prolungare il passato. Non state aprendo possibilità, state archiviando varianti. La macchina ripete, raffina, perfeziona. Ma non trasforma.
L’AI è la macchina del “medesimo”. La vita - quella vera - è la forza che rompe il medesimo.
5. CORPO, ARTE E TRASCENDENZA DEL SÉ
CAB: Può esistere spirito senza corpo e senza ferita?
FRIEDRICH W. NIETZSCHE: No. Uno spirito senza corpo è una menzogna platonica, una superstizione travestita da progresso. L’ho detto in Zarathustra: «Il corpo è una grande ragione». L’intelligenza nasce dalla carne, dal sangue, dalla ferita, dalla vertigine dei sensi. Dove non c’è rischio, non c’è spirito, c’è solo funzione.
La vostra Intelligenza Artificiale, invece, è intelligenza senza corpo, senza fame, senza desiderio, senza morte. Per questo non crea, produce. Non interpreta, calcola. Non conosce la tragedia, e quindi non può conoscere la grandezza. Tutto ciò che sa è imitare forme senza lacerazioni, stili senza destino, immagini senza abisso. È un clown dell’arte, non il suo martire.
Ogni vera creatività nasce da una mancanza, da un eccesso o da una ferita. L’AI, invece, è completa, anestetizzata. È castrata, conosce la tecnica, ignora il dionisiaco. Nessuna macchina berrà mai fino in fondo il calice della vita, e per questo non potrà mai generare un oltre-uomo, ma solo un oltre-algoritmo.
La questione quindi è: «Esiste ancora un essere umano disposto a superare se stesso?» Perché la trascendenza del sé - la sola che conti - non nasce dal codice, ma dal coraggio.
IIP nasce da una curiosità: cosa direbbero oggi i grandi pensatori del passato di fronte alle sfide dell’intelligenza artificiale? L’idea è di intervistarli come in un esercizio critico, un atto di memoria e, insieme, un esperimento di immaginazione.
Ho scelto autori e intellettuali scomparsi, di cui ho letto e studiato alcune opere, caricando i testi in PDF su NotebookLM. Da queste fonti ho elaborato una scaletta di domande su temi generali legati all’AI, confrontandole con i concetti e le intuizioni presenti nei loro scritti. Con l’aiuto di GPT ho poi generato un testo che immagina le loro risposte, rispettandone stile, citazioni e logica argomentativa.
L’obiettivo è riattivare il pensiero di questi autori, farli dialogare con il presente e mostrare come le loro categorie possano ancora sollecitarci. Non per ripetere il passato, ma per scoprire nuove domande e prospettive, utili alla nostra ricerca di senso.