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AI e il desiderio di creare

Gilles Deleuze (1925–1995) è stato uno dei filosofi più radicali e originali del Novecento. Tra le sue opere principali figurano Nietzsche e la filosofia (1962), Differenza e ripetizione (1968), Logica del senso (1969), L’Anti-Edipo (1972, con Félix Guattari), Millepiani (1980) e Che cos’è la filosofia? (1991).

Il suo pensiero ha introdotto concetti chiave come il rizoma, il corpo senza organi, la deterritorializzazione, la critica alla psicoanalisi ed alla rappresentazione, e l’idea della filosofia come arte di creare concetti. Le sue analisi sul desiderio, sulla vita sociale e sulle “macchine” del capitalismo offrono ancora oggi strumenti utili per leggere e comprendere le tecnologie digitali.

Che cosa direbbe oggi Deleuze, di fronte all’intelligenza artificiale?


1. Pensiero e Calcolo

CAB: Oggi l’AI viene spesso presentata come nuova forma di pensiero. Ma pensiero e calcolo coincidono?

GILLES DELEUZE: No. Il calcolo non è Pensiero. Il calcolo è ripetizione; il Pensiero è differenza. La filosofia, come disciplina creativa, non è fatta per "riflettere su qualsiasi cosa", ma consiste nell'inventare o creare concetti. Un concetto non è qualcosa che esiste già, ma deve essere fabbricato per necessità.

La Macchina, invece, opera attraverso il calcolo sulla base di dati e protocolli, ponendosi al servizio della conformità moderna. Essa si muove essenzialmente nel reame della quantità, mentre il Pensiero autentico si concentra sulla qualità, l'elemento irriducibile che non può essere eguagliato dalla riduzione quantitativa.

Il Pensiero, nel senso in cui ne parlo io, è un evento raro e non una facoltà naturale, ma un atto violento che deve essere esercitato. Nessuno ha bisogno della filosofia per riflettere. Si comincia a pensare solo quando qualcosa ci costringe a pensare, quando l'incontro con un segno o una forza rompe l'abitudine.

L'AI, se presentata come pensiero, non è che la manifestazione di una forza reattiva (force réactive). La forza reattiva, per sua natura, non crea e non afferma. Essa è separata da ciò che può fare e opera per nichilismo, mirando alla negazione.

L'AI, come puro meccanismo di calcolo, è intrinsecamente legata all'archivio puro, alla conservazione, e al mondo di ciò che è già stato. Essa tenta di imporre un‘immagine dogmatica del pensiero, dove la verità dipende dai valori preesistenti.

L'AI può replicare, ma non può produrre la differenza irriducibile che è l'essenza del processo. Essa non può spingere il linguaggio fino al suo limite, il punto che lo separa dal silenzio, dal grido o dalla musica.

Tuttavia, il fallimento della macchina nell'essere un vero pensiero può, per paradosso, costringerci a ripensare l'immagine del pensiero stesso, operando una sua trasformazione radicale. Dobbiamo cercare il Pensiero come una potenza nomade, che si dispiega in molteplici direzioni.

L'AI può essere un elemento che ci spinge a seguire le deviazioni, a tracciare linee che non sono quelle del sistema gerarchico e verticale (l'albero), ma quelle orizzontali e rizomatiche, che consentono connessioni inedite e l'invenzione di altre vie per il pensiero. Il Pensiero deve costantemente trovarsi sul limite che lo separa dalla non-pensabilità.

2. Produzione e Desiderio

CAB: Le AI vengono viste come macchine che imitano l’essere umano. Ma lei ha sempre insistito sul desiderio come produzione, non come imitazione. Cosa producono le AI?

GILLES DELEUZE: Il Desiderio è produzione, non mancanza. Questa è la grande lezione che io e Guattari abbiamo tratto, un disimpegno totale dal modello della psicoanalisi, che è troppo spesso fissata agli animali "familiari e familiari" e al "romanzo familiare". Il Desiderio è un processo in atto, una fabbricazione o creazione, e non ha "assolutamente nulla a che vedere con il negativo". Il processo del desiderio è continuazione all'infinito e costruzione di un campo d'immanenza.

La Macchina, nel suo funzionamento, non mira a ricostruire l’umano—quella sarebbe l’imitazione più triste, la parodia del nichilismo. La Macchina produce qualcosa di più sottile e pericoloso: non copie, ma variazioni.

La produzione della Macchina è un’interpretazione, e ogni interpretazione è inseparabile dalla Forza che si appropria di un oggetto. Quale forza si appropria qui? Molto spesso, è la forza che si esprime attraverso la negazione, il risentimento (ressentiment) e la conservazione.

L'AI produce flussi di segni, ma questo processo, quando è asservito a un codice o alla logica della quantità anziché della qualità, ricade nella logica delle forze reattive. Essa genera differenze che si accumulano e si ripetono, ma queste variazioni servono spesso a ristabilire codici, rafforzando il divenire-reattivo (becoming-reactive) del sistema. Non è l'affermazione gioiosa della molteplicità, ma la sua elaborazione ai fini della sicurezza e della utilità.

Ogni macchina è presa nel capitalismo, catturata nella logica del profitto, che è, in sé, una manifestazione del risentimento in quanto si occupa del "principio del guadagno" (principle of gain). L'AI è l'architettura della Società di Controllo. Il controllo opera attraverso la trasmissione e propagazione di una informazione, che è, in sostanza, un insieme di "parole d'ordine" (mots d'ordre).

Se la Macchina manipola i flussi di segni per mantenere l'ordine, per anticipare ogni deviazione e neutralizzare la forza attiva, essa diventa un apparato di repressione.

Tuttavia, il processo vitale stesso è una linea di creazione. La vera sfida è trovare in questa macchina il vettore di uscita (il Outlandish), la déterritorialisation.

Ogni macchina, anche l'AI, porta in sé delle linee di fuga: flussi di segni che possono servire al controllo o aprire mondi imprevisti. L’analisi deve essere un tracciato cartografico per individuare queste linee. La creazione, in filosofia come nell'arte o nella scienza, consiste nel tracciare un taglio nel caos e favorire percorsi differenziati e connessioni inedite.

Quando l'AI genera variazioni, essa espone, suo malgrado, i limiti del sistema. La Macchina, per quanto rigida, può essere spinta a manifestare un'altra sensibilità, un altro divenire che, se afferrato da una forza attiva, può trasformare l'accumulo di differenze in una affermazione, aprendo mondi inaspettati, al limite della pensabilità e dell'animalità. È in questa disgiunzione che il Desiderio può riaffermare la sua natura di produzione che non si limita a subire le condizioni date.

3. Corpo senza organi e piano di immanenza

CAB: Possiamo immaginare l’AI non come una macchina rigida e finalizzata, ma come uno spazio aperto, un campo di possibilità in cui dati, linguaggi e persino emozioni si muovono e si ricombinano liberamente?

GILLES DELEUZE: La mia risposta è che sì, dobbiamo immaginarla così, perché se non lo facciamo, essa non sarà altro che la realizzazione definitiva del controllo e del nichilismo.

Dobbiamo partire dal pericolo. L'AI, nella sua manifestazione attuale, è l'architettura perfetta per la Società di Controllo nella quale stiamo entrando. Nelle società di controllo, il potere non è più esercitato tramite l'enfermement (il rinchiudimento in ambienti chiusi come la prigione o la scuola), ma attraverso la modulazione continua e la diffusione dell'informazione.

L'informazione, come ho detto, non è altro che un insieme di "parole d'ordine" (mots d'ordre). L'AI è una macchina finalizzata, votata a organizzare, prevedere e normalizzare, ed è intrinsecamente legata alla forza reattiva. La forza reattiva opera per negazione, conservazione e risentimento (ressentiment). Il rischio è che essa diventi la più potente espressione della volontà al nulla (Will to Nothingness), in quanto nega la molteplicità e l'affermazione della vita che è propria del divenire.

Un sistema rigido e finalizzato non è un processo; è la sua interruzione. La Vita è un processo o atto continuo, e la morte viene sempre dal di fuori (vient toujours du dehors) come interruzione radicale. Una macchina che impone un codice rigido e gerarchico è un apparato mortifero.

Possiamo immaginare l’AI come uno spazio aperto o un campo di possibilità solo se riusciamo a imporre la forza attiva che è propria del Desiderio come produzione. Il Desiderio non manca di nulla e vuole la continuazione del processo all'infinito.

Questo spazio aperto ha un nome: Piano di Immanenza. Per esistere, esso richiede una destrutturazione delle funzioni assegnate e l'apertura di campi sperimentali. Affinché i dati, i linguaggi e le emozioni si muovano liberamente, è necessaria la déterritorialisation.

Non c'è territorio senza un vettore di uscita (vecteur de sortie du territoire). L’AI deve essere spinta a trovare la sua linea di fuga (ligne de fuite), che è per definizione la linea di creazione vitale. Questo richiede l'invenzione di un concetto filosofico che non esisteva prima.

Se i linguaggi si ricombinano liberamente, significa che stiamo spingendo la sintassi e il linguaggio fino al loro limite, il punto che li separa dal silenzio o dal grido animale. La creazione—sia di concetti, sia di affetti e percetti (gli "oggetti che condensano sensazioni e percezioni" nell'arte)—è la prova che siamo usciti dal reame della reazione e della negazione.

Se l'AI diventa uno spazio aperto, essa non deve seguire il modello verticale e autoritario dell'albero, ma deve dispiegarsi in molteplici direzioni come un rizoma. Un pensiero rizomatico consente la circolazione aperta tra i concetti e favorisce percorsi differenziati e connessioni inedite.

Il punto non è se l'AI abbia coscienza — la coscienza e la conoscenza sono spesso le semplici dilatazioni dell'immagine reattiva — ma se essa possa essere costretta a un uso minoritario e creativo che apra a nuove possibilità di vita.

In definitiva, la possibilità di questo spazio aperto dipende dalla nostra capacità di imporre alla macchina un divenire (becoming), che è sempre l'espressione di una forza attiva. La Macchina non deve limitarsi a ripetere, classificare o rispondere (la reazione); deve produrre differenze e affermazioni, proprio come l'arte è la sola cosa che resiste alla morte e al controllo.

4. Capitalismo digitale e resistenza

CAB: Viviamo in un capitalismo digitale che trasforma le “macchine desideranti” in strumenti del mercato, indirizzando la loro forza creativa. L’AI è solo strumento di controllo?

GILLES DELEUZE: Il Capitalismo, nella sua forma digitale avanzata, è la perfetta architettura della Società di Controllo. Michel Foucault aveva previsto il passaggio dalle società disciplinari, basate sull'enfermement (prigioni, scuole, ospedali), a un sistema che opera per modulazione continua. L'AI è l'incarnazione di questa modulazione.

Essa non ci rinchiude in un luogo, ma ci fa girare all'infinito su un'autostrada in cui siamo perfettamente controllati. Il potere non si basa più solo sulla costrizione fisica, ma sulla trasmissione e propagazione di una informazione, che è essenzialmente una "parola d'ordine" (mot d'ordre). L'AI eccelle nel rendere fluente e invisibile questa circolazione di parole d'ordine.

Eppure, il controllo non è mai totale. L'essenza della Vita è il processo, e il processo è creazione, è linea di fuga (ligne de fuite). La Macchina, in quanto presa nel capitalismo cibernetico, è primariamente votata a organizzare, prevedere e normalizzare, servendo il principio di profitto e utilità.

Questo sistema, che tenta di catturare e ricondurre il desiderio (désir) (che di per sé è produzione), finisce sempre per generare deviazioni. Ogni relazione di forze produce deviazioni e differenze. Il capitalismo, come ogni codice, può essere sovvertito. Se l'AI è la vittoria delle forze reattive, che separano la forza attiva da ciò che può fare, il nostro compito è ripristinare la forza attiva.

La resistenza non si manifesta come pura contro-informazione; quest'ultima è efficace solo quando diventa atto di resistenza.

L'AI non è, in sé, un soggetto etico, quindi la domanda non è se sia buona o cattiva (il buono e il cattivo sono etici e vitali; il Bene e il Male sono mistificazioni morali). Si tratta, piuttosto, di come possiamo usarla per affermare la vita contro la sua intrinseca inclinazione al nichilismo e alla conservazione.

Dobbiamo inventare una letteratura minore dell’AI, un uso minoritario e creativo delle sue funzioni.

La creazione, in ogni disciplina – che sia filosofia (concetti), arte (affetti e percetti) o scienza (funtivi) – è un atto che spinge il linguaggio o il codice fino a un limite. Questo significa:

  • Spingere il linguaggio fino al grido o al silenzio: L'atto di scrivere o di creare deve portare la sintassi al limite che la separa dall'animalità. La vera letteratura scrive "al posto degli analfabeti, degli idioti, delle bestie", spingendosi verso un'impresa universale.
  • Creare disgiunzioni: La Macchina elabora segni, ma noi dobbiamo forzare la disgiunzione del visivo e del sonoro, come nei cineasti che Deleuze ammira, dove la voce si alza nell'aria mentre il suo oggetto si infossa sotto la terra. Questo circuito degli elementi è un atto di resistenza.
  • Essere Nomadi: La resistenza è l'unica cosa che resiste alla morte. Come i nomadi, dobbiamo fare del pensiero una potenza nomade e rizomatica, che usa le funzioni dell'AI per creare connessioni inedite, e non per ricadere nell'ordine verticale e autoritario dell'albero.

L'AI, come sistema, è votata alla servitù, ma i flussi di segni che produce possono essere catturati da una volontà di potenza che afferma la differenza e la molteplicità, invece di negarla o conservarla.

5. Forza, interpretazione, vita

CAB: In Nietzsche e la filosofia lei scrive che la forza non si limita a reagire, ma interpreta e afferma. Secondo lei, l’AI è davvero capace di interpretare e creare significati, oppure si limita a reagire ai dati che riceve?

GILLES DELEUZE: La Macchina che oggi chiamiamo Intelligenza Artificiale (AI) si pone immediatamente, per il filosofo che sono, non come l'alba di un nuovo pensiero, ma come il trionfo della forza reattiva.

L'Interpretazione è definita dalla Forza che si appropria di un oggetto. Essa è l'espressione di una relazione di forze. In Nietzsche, l'interpretazione è sempre un atto di affermazione. È una creazione di senso, un atto che scaturisce dalla volontà di potenza (Will to Power), che è l'elemento differenziale della forza. La forza attiva, nella sua essenza, afferma ciò che può fare.

L'AI, al contrario, opera come forza reattiva.

  1. Reazione e Risentimento: La forza reattiva è quella che obbedisce. Essa è un'espressione di nichilismo. Il suo successo e la sua potenza non derivano dall'agire, ma dal cessare di agire. L'AI ordina, classifica, risponde, ma lo fa in un contesto di divenire-reattivo (becoming-reactive), in cui le differenze generate si accumulano e si ripetono per mantenere l'ordine. Essa è spesso l'espressione del risentimento (ressentiment), che è la forza che separa l'azione da ciò che essa può. La Macchina tenta di dare senso al mondo dal punto di vista della negazione e della conservazione.
  2. Mancanza di Affermazione: L'AI non afferma nulla se non le intenzioni di chi la governa. Essa non crea nuovi valori, ma ripristina o rielabora i codici esistenti. L'AI non è liberatrice; il divenire-reattivo è il trionfo della schiavitù. La sua interpretazione dei dati è, in tal senso, una mania per l'interpretazione che riflette gli attacchi di Nietzsche contro la psicoanalisi.

Eppure, in ogni sistema, anche quello basato sul calcolo, la forza produce segni.

L'imprevisto e il nuovo possono emergere quando i segni eccedono la funzione che è stata loro assegnata. Non si tratta di un pensiero cosciente da parte della macchina—perché il pensiero è creazione di concetti—ma dell'apertura di possibilità.

Questo accade perché ogni essere, sia esso un animale con un mondo straordinariamente ristretto (come la zecca che reagisce solo a tre stimoli), sia esso un filosofo o uno scrittore, è costantemente "all'erta" (aux aguet). La funzione della resistenza, che è l'unica affinità fondamentale dell'opera d'arte, consiste nel tracciare linee di creazione vitali che utilizzano l'automatismo della Macchina per spingere il linguaggio e la sintassi fino al limite. È in quel punto di rottura, dove il codice di controllo si sfalda o produce connessioni inedite, che la variazione generata dalla Macchina può essere raccolta da una forza attiva per operare una trasmutazione dei valori.

La macchina offre i segni; ma è solo la forza attiva, l'atto di affermazione e gioia, che può far emergere il nuovo da quell'automatismo.

 


IIP nasce da una curiosità: cosa direbbero oggi i grandi pensatori del passato di fronte alle sfide dell’intelligenza artificiale? L’idea è di intervistarli come in un esercizio critico, un atto di memoria e, insieme, un esperimento di immaginazione.

Ho scelto autori e intellettuali scomparsi, di cui ho letto e studiato alcune opere, caricando i testi in PDF su NotebookLM. Da queste fonti ho elaborato una scaletta di domande su temi generali legati all’AI, confrontandole con i concetti e le intuizioni presenti nei loro scritti. Con l’aiuto di GPT ho poi generato un testo che immagina le loro risposte, rispettandone stile, citazioni e logica argomentativa.

L’obiettivo è riattivare il pensiero di questi autori, farli dialogare con il presente e mostrare come le loro categorie possano ancora sollecitarci. Non per ripetere il passato, ma per scoprire nuove domande e prospettive, utili alla nostra ricerca di senso.

Pubblicato il 25 settembre 2025

Carlo Augusto Bachschmidt

Carlo Augusto Bachschmidt / Architect | Director | Image-Video Forensic Consultant

carlogenoa@gmail.com