TESTI[1013]
Intervista ImPossibile a George Orwell (IIP #04)
L’AI come nuovo totalitarismo George Orwell (pseudonimo di Eric Arthur Blair, 1903–1950) è uno degli autori più influenti del XX secolo. Scrittore, giornalista e combattente antifranchista, ha denunciato i meccanismi del potere e della manipolazione con una chiarezza che ancora oggi inquieta. I suoi due romanzi più celebri – La fattoria degli animali (1945) e 1984 (1949) – sono parabole del totalitarismo moderno: il primo una satira contro la degenerazione del socialismo reale, il secondo una visione profetica della società della sorveglianza e del controllo mentale. Orwell credeva che la menzogna organizzata fosse la forma più alta di potere e che la verità, anche quando ridotta a una formula banale come due più due fa quattro, fosse l’ultimo baluardo della libertà umana. Cosa penserebbe il creatore del Grande Fratello davanti alla nascita di un’intelligenza che osserva tutto, capace di conoscere i nostri desideri prima ancora che li formuliamo?
Intervista ImPossibile a Gilles Deleuze (IIP #03)
AI e il desiderio di creare Gilles Deleuze (1925–1995) è stato uno dei filosofi più radicali e originali del Novecento. Tra le sue opere principali figurano Nietzsche e la filosofia (1962), Differenza e ripetizione (1968), Logica del senso (1969), L’Anti-Edipo (1972, con Félix Guattari), Millepiani (1980) e Che cos’è la filosofia? (1991). Il suo pensiero ha introdotto concetti chiave come il rizoma, il corpo senza organi, la deterritorializzazione, la critica alla psicoanalisi ed alla rappresentazione, e l’idea della filosofia come arte di creare concetti. Le sue analisi sul desiderio, sulla vita sociale e sulle “macchine” del capitalismo offrono ancora oggi strumenti utili per leggere e comprendere le tecnologie digitali. Che cosa direbbe oggi Deleuze, di fronte all’intelligenza artificiale?
Il dominio dell’AI (POV #03)
Shoshana Zuboff e Yoshua Bengio: algoritmi tra emancipazione e controllo. Viviamo in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale sembra promettere tutto: efficienza, conoscenza, persino giustizia. Ma gli algoritmi che regolano le nostre vite sono davvero neutrali? O nascondono nuove forme di potere e disuguaglianza? Da una parte, Shoshana Zuboff ci mette in guardia contro il “capitalismo della sorveglianza”, un sistema che trasforma ogni esperienza in dato da sfruttare, riducendo la libertà individuale a merce di scambio. Dall’altra, Yoshua Bengio, pioniere del deep learning, non nega i rischi ma invita a costruire regole, istituzioni e responsabilità collettive per fare dell’AI una tecnologia al servizio dell’umanità. Gli algoritmi sono una trappola che alimenta disuguaglianze sempre più profonde, o una risorsa che - se governata - può ancora rafforzare la nostra autonomia di pensiero?
Chi ha paura dell'Intelligenza Artificiale?
L'acceso dibattito e confronto tra coloro che vedono nell'Intelligenza Artificiale (di seguito denominata Ai) una risorsa e quanti, all'opposto, la considerano una tecnologia pericolosa si ripropone ormai costantemente. Arricchendosi ogni volta di ulteriori elementi che guardano spesso alla casistica nota degli sviluppatori.
Intervista ImPossibile a Hannah Arendt (IIP #01)
Hannah Arendt (1906–1975) è stata una delle più importanti filosofe politiche del Novecento. Ebrea tedesca, allieva di Heidegger e Jaspers, dopo l’esilio negli Stati Uniti ha pubblicato opere fondamentali come Le origini del totalitarismo (1951) e La banalità del male (1963), che hanno cambiato il nostro modo di comprendere il potere, il male e la responsabilità individuale. La sua riflessione sulla fragilità della democrazia, sul linguaggio politico e sulla libertà rimane ancora oggi un riferimento imprescindibile. In questa “intervista impossibile” proviamo a immaginare cosa direbbe Arendt di fronte alle implicazioni dell’intelligenza artificiale.
Coscienza e AI (POV #01)
Federico Faggin vs Riccardo Manzotti: cosa distingue l’esperienza umana dalle tecnologie? Il rapido sviluppo dell'Intelligenza Artificiale Generativa sta facendo emergere questioni sulla natura della coscienza e sull'unicità dell'essere umano. Mentre le macchine diventano sempre più capaci di imitare il linguaggio e persino la creatività, ci si sta chiedendo se possono davvero "capire", "sentire", o essere "coscienti" come noi. Per indagare questa complessità ho messo a confronto due voci autorevoli e profondamente originali: Federico Faggin, pioniere dei microprocessori che oggi si dedica allo studio della coscienza, e Riccardo Manzotti, filosofo e ingegnere, ideatore della teoria della Mind-Object Identity. Le loro prospettive, pur partendo da basi disciplinari diverse - Faggin guarda alla fisica quantistica, Manzotti all'esperienza del mondo esterno - offrono spunti critici essenziali per cercare di conoscere il presente e il futuro dell'AI. L'obiettivo è sviscerare le loro visioni sulla coscienza, la vita e i limiti dell'AI, per vedere come rispondono alle stesse sfide con strumenti concettuali differenti.
L'uso dell'Intelligenza Artificiale alla luce del metodo socratico
Il 'prompt' è la forma di dialogo che pone alla macchina domande strategiche per far nascere risposte e percorsi di significato che diventano rilevanti a livello di senso. "La crescita dell’informazione e la sempre maggiore eterogeneità del sapere superano ogni capacità d’immagazzinamento e di trattazione da parte del cervello umano", sostiene Edgar Morin. Per questo può esserci utile l'Intelligenza Artificiale Generativa. Il modo di proporre 'prompt' lo si trova già descritto da Platone nei dialoghi socratici. Consiste in fondo nell'uso di due tecniche essenziali in ogni linguaggio evoluto: leggere e scrivere. Meglio ancora: leggere e scrivere bene. Per usare la AI non è necessario niente altro che scrivere in modo sensato, sapendo dove si vuole arrivare, con ottima forma.
L'economia della ciambella: un nuovo paradigma per l’umanità nel XXI secolo
Viviamo un momento storico cruciale, in cui i modelli economici tradizionali basati su crescita infinita e sfruttamento illimitato mostrano tutte le loro contraddizioni. Kate Raworth, con la sua teoria della "ciambella", ci offre una bussola preziosa per ripensare l’economia del XXI secolo, mettendo al centro la giustizia sociale e il rispetto per i limiti planetari. L'antropocene ci ricorda che il nostro metabolismo globale è in crisi: sovrasfruttiamo le risorse naturali e oltrepassiamo i confini che mantengono in equilibrio la vita sul pianeta. Ma c’è una via per prosperare entro uno spazio sicuro e giusto, dove nessuno sia privato di bisogni essenziali e dove si rispettino i limiti biofisici della Terra. Nel mio ultimo articolo approfondisco le 7 mosse di Raworth per un’economia rigenerativa, distributiva e inclusiva, fondata su una nuova antropologia economica che riconosce l’essere umano come socialmente interdipendente. Si apre così la sfida di superare la disuguaglianza sociale e il degrado ambientale come due facce di un’unica crisi sistemica. Solo con un cambio di paradigma culturale, politico ed economico potremo davvero costruire un futuro sostenibile e giusto per tutte le generazioni.
Furti di VIP e salvezza artificiale: chi ci crede davvero?
Un parallelo tra i furti improbabili ai danni di VIP in cerca di visibilità — come bagagli di lusso con gioielli e diamanti spariti sul treno oppure orologi da 200.000 euro persi dopo le vacanze — e le narrazioni utopistiche sull’intelligenza artificiale “benevola” che distribuirà ricchezza in modo equo. Entrambi i casi condividono lo stesso difetto: la sospensione del senso critico e l’accettazione di storie troppo perfette per essere vere. Con riferimenti ai lavori di Cathy O’Neil, Kate Crawford e Shoshana Zuboff, il testo invita a verificare, chiedere prove e diffidare delle narrazioni che promettono equità senza fornire basi concrete.