Go down

La civiltà industriale non ha solo il cancro. È il cancro, autoreplicante, ingegnoso, patologicamente impegnato nella propria propagazione. Le banche chiedono interessi infiniti, le democrazie sono agganciate al PIL e le imprese ci vendono storie di crescita infinita, anche se il corpo planetario mostra tutti i segni di una malattia terminale.


La maggior parte di noi conosce la prognosi. I confini vengono violati. La biodiversità è al collasso. Il clima è destabilizzante. Eppure la negazione è profonda. Prescriviamo "crescita verde", "ESG" o "innovazione sostenibile": l'aspirina per il capitalismo della quarta fase.

Ma con il cancro non si può contrattare. La chemioterapia non è una negoziazione delicata. Si tratta di un avvelenamento deliberato, di una scommessa con tutto per avere una possibilità di sopravvivenza.

PRIMO PASSO: Interrompere il motore metabolico. Ferma l'infinito rimescolamento. Vietare la pubblicità, l'ormone della crescita del consumo. Fuorilegge l'obsolescenza programmata: il siero per l'immortalità dei prodotti. Chiudere la speculazione finanziaria, la diffusione metastatica del capitale fittizio. Immaginate le urla, la guerra legale, gli editoriali che avvertono della rovina.

FASE DUE: Accettare i danni collaterali. La post-crescita richiede lo smantellamento delle "buone" istituzioni che sono diventate complici: le università che ottimizzano le classifiche e i Ted Talks sulla saggezza, l'assistenza sanitaria che massimizza l'intervento sulla salute, le democrazie che corrompono gli elettori con il futuro dei loro nipoti.

TERZO PASSO: Abbraccia la metamorfosi. Proprio come la vita dei pazienti deve essere riorganizzata, la trasformazione della società richiede che intere professioni affrontino una reinvenzione radicale. Niente più eserciti di consulenti che ottimizzano la crescita, guru del marketing o ingegneri finanziari; riqualificarsi per il ripristino ecologico, o scomparire.

FASE QUATTRO: Sottomettersi alla disciplina. I malati di cancro vivono sotto una vigilanza implacabile, che misura, limita, dura. La sopravvivenza ecologica richiederà una rigorosa contabilità del carbonio, un controllo delle risorse, una moderazione dei consumi. Le reti terapeutiche si riconfigurano intorno alla cura, non alla produttività. Lo stesso devono fare le società post-crescita, che passano dalla scelta individuale del consumatore alla responsabilità collettiva: riduzione del lavoro, circolarità e riparazione.

COSA VERRÀ DOPO?

Ecco la dura verità: a differenza del malato di cancro, la società non può "tornare in salute". Non c'è una linea di base planetaria da ripristinare, nessuna tabella di marcia per dieci miliardi di esseri umani che vivono all'interno di una Terra finita. La civiltà stessa è l'esperimento, e il trattamento può essere pericoloso quanto la malattia.

Quindi, naturalmente, resisteremo. Spareremo al messaggero. Costruiremo razzi per Marte. Scriveremo saggi accademici intelligenti per dimostrare che le previsioni apocalittiche non possono funzionare.

Ma il dolore non è negoziabile. Né lo è la nostra responsabilità. Siamo pazienti e patogeni, chirurghi e tumori.

La flebo è pronta. L'unica domanda, come sempre, è se scegliamo di agire prima che scada il tempo.


English original version

THE PARTY IS OVER or: WHEN SOCIETY NEEDS CHEMOTHERAPY


Industrial civilization doesn’t merely have cancer. It is cancer—self-replicating, ingenious, pathologically committed to its own propagation. Banks demand endless interest, democracies are hooked on GDP, and business sells us stories of infinite growth, even as the planetary body shows every sign of terminal disease.

Most of us know the prognosis. Boundaries are breached. Biodiversity is collapsing. The climate is destabilizing. Yet denial runs deep. We prescribe “green growth,” “ESG,” or “sustainable innovation”—aspirin for stage-four capitalism.

But cancer cannot be bargained with. Chemotherapy is not a gentle negotiation. It is a deliberate poisoning—a gamble with everything for a chance at survival.

STEP ONE: Disrupt the metabolic engine. Halt the endless churn. Ban advertising—the growth hormone of consumption. Outlaw planned obsolescence—the immortality serum for products. Shut down financial speculation—the metastatic spread of fictitious capital. Imagine the howls, the legal warfare, the op-eds warning of ruin.

STEP TWO: Accept collateral damage. Post-growth demands dismantling “good” institutions that have become complicit: universities optimizing for rankings and Ted Talks over wisdom, healthcare maximizing intervention over health, democracies bribing voters with their grandchildren’s future.

STEP THREE: Embrace metamorphosis. Just as patients’ lives must be reorganized, societal transformation requires entire professions to face radical reinvention. No more armies of growth-optimizing consultants, marketing gurus, or financial engineers; retrain for ecological restoration, or disappear.

STEP FOUR: Submit to discipline. Cancer patients live under relentless vigilance—measuring, restricting, enduring. Ecological survival will demand strict carbon accounting, resource auditing, consumption restraint. Therapy networks reconfigure around care, not productivity. So must post-growth societies—shifting from individual consumer choice to collective responsibility: work reduction, circularity, and repair.

WHAT COMES NEXT?

Here’s the hard truth: Unlike the cancer patient, society cannot “return to health.” There is no planetary baseline to restore, no roadmap for ten billion humans living within a finite Earth. Civilization itself is the experiment, and the treatment may be as dangerous as the disease.

So, of course, we will resist. We will shoot the messenger. We will build rockets to Mars. We will write clever academic essays to prove that doomsday predictions cannot work.

But the pain is non-negotiable. Neither is our responsibility. We are patient and pathogen, surgeon and tumor.

The drip is ready. The only question—as always—is whether we choose to act before time runs out.


Pubblicato il 24 ottobre 2025

Otti Vogt

Otti Vogt / Leadership for Good | Host Leaders For Humanity & Business For Humanity | Good Organisations Lab

otti.vogt@gmail.com