Il fenomeno è evidente sulle piattaforme social nelle quali operano professionisti e divulgatori esperti di spiritualità e ricerca del Sé, di tarocchi, filosofie orientali e olistiche, chiese New Age, psicoterapia, meditazione, filosofie felicitarie, ecc. Se ci fosse ancora Timothy Leary potremmo partecipare a pratiche allucinogene a base di LSD.
In pratica sembra esserci una soluzione per ogni cosa, soluzioni per tutto promette il soluzionismo tecnologico. In un’era tecnologica nella quale siamo trattati sempre più come macchine, agenti intelligenti ma ridotti ad automi, tutte queste pratiche hanno avuto il merito di richiamare l’attenzione sui vissuti interiori, sulle dinamiche, spesso inconsce, che danno forma al Sé, di capire quanto siano importanti le emozioni e su come gestirle, per superare blocchi e traumi irrisolti. Sembrano però distogliere dalla realtà, al tempo stesso da forme di spiritualità vera.
La fuga dalla realtà, soprattutto in tempo di crisi, è comprensibile, lo è anche la rimozione delle sofferenze e delle difficoltà, così come la ricerca e il ricorso a formule più o meno semplificate, riduzionistiche, falsamente felicitarie, (tecno)magiche. Ognuno è libero di perseguire strade diverse, di sentirsi felice a modo suo, di aderire alla chiesa che preferisce e di sottoporsi alle pratiche che più lo intrigano e lo calmano. Rimane però il problema di comprendere quanto queste esperienze siano realmente utili o semplicemente consolatorie (a forza di dirmi che sto bene probabilmente sto bene!).
Servirebbe riflettere sul fatto che tutte le nuove forme di spiritualità dicono di ispirarsi a concetti, linguaggi e teorie giusti, e usano parole, frasi fatte e narrazioni che a questi concetti si ispirano. Nella realtà i concetti sono entità complesse che non possono essere banalizzate o appiattite dentro letture superficiali della realtà.
La banalizzazione sta nel modo in cui si tratta la spiritualità, riducendola a pratica psicologica, psicoterapeutica; nel trasformare la spiritualità in macchina per fare soldi, con corsi di formazione, libri e altro; nell’assenza di una ricerca vera capace di spaziare al di fuori dei binari paralleli in cui ci si è immessi e di mettere in discussione concetti filosofici di cui ci si è innamorati.
Nessuna pratica proposta è da buttare. Bisogna fare attenzione a pratiche industrializzate, trasformate in mercato. Strumento potente di comprensione è la filosofia, da usarsi per dubitare, porsi domande, interrogare/si, sospendere il giudizio ecc.