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Il racconto di un'esperienza di filosofia che coinvolge una nonna e la sua nipotina Gaia di otto anni e mezzo. Un dialogo che nasce dalla domande curiose, insolite e imprevedibili di una bambina che non si limitano a dei perché, ma nascono da una ricerca di risposte nette che non potranno mai essere tali.


Quella che segue è un’esperienza di filosofia con Gaia, la mia nipotina di 8 anni e mezzo. Ci vediamo soprattutto d’estate, quando viene in vacanza da me, perché abito in una città di mare. Già la scorsa estate, durante una lunga passeggiata in cui eravamo sole, io e lei, all’improvviso mi ha colto di sorpresa con domande sull’universo (è finito o infinito?), sul destino delle persone che muoiono, sull’esistenza di Dio. Ne è nato un dialogo con frequenti suoi ‘perché?’ e qualche ‘non ho capito!’ da cui io ho capito che non mi avrebbe mollato fino a quando non fosse stata soddisfatta. Sicuramente cercava risposte nette, ma ha presto compreso che, su queste grandi domande, ci sono posizioni molto diverse.  Il punto è che sono al di fuori della nostra esperienza, per cui risposte definitive e vere non ne abbiamo.

Intanto, arrivate davanti a una pasticceria, la nostra meta: “Lo sai, Gaia, che abbiamo fatto filosofia?”   Grande sorriso e bacio, la sua risposta.

Quest’anno la maestra ha consigliato alla classe, insieme ad altri libri da leggere durante le vacanze, proprio un testo di filosofia per bambini: Sofia Express di Matteo Saudino (Salani ed.). Per telefono le dico che lo leggeremo insieme. E, già qui, iniziano le domande. Non si sfugge alla sua precisione:

Senti, nonna, tu hai detto ‘leggiamo’, ma chi legge? Io o tu?”

Rimedio: “Tu naturalmente, ma io sono con te”.

Un mese dopo, tra un bagno al mare (a tempo indeterminato) e un salto alla gelateria preferita, finalmente iniziamo la lettura del libro. Gaia è colpita dalla copertina: un autobus che vola, pieno di bambini. “Dove andrà questo autobus e come fa a volare?” si chiede.

La sua curiosità è già in movimento e presto scoprirà che è proprio la curiosità la benzina necessaria per farlo volare e per volare.

L’autobus vola verso la Grecia antica con Diotima come guida (in jeans e scarpe da tennis) e con il maestro Paolo e la classe quinta B. “Sono più grandi di me, io devo ancora frequentare la quarta” sussurra Gaia con soddisfazione. 

Ma perché vanno in Grecia?”

“Non ti resta che leggere.” Le dico.

Tutto nasce dal laboratorio di filosofia che il maestro Paolo organizza per la sua classe e da una richiesta che rivolge ai suoi allievi: “Che cos’è per voi la Felicità? Provate a disegnarla”.   Ogni bambino disegna qualcosa, un aereo, una tartaruga, una scacchiera, un ballo di gruppo, ma c’è anche chi non disegna nulla, forse perché non l’ha mai provata o forse perché pensa che non esista. Nella classe ci sono bambini che provengono da paesi in guerra e da esperienze difficili. Gaia non si stupisce più di tanto, anche la sua classe è molto eterogenea.

“Tu che cosa disegneresti?” Le chiedo.

“Non lo so”.

“Pensa ai momenti in cui sei stata felice.”

“Sono davvero felice quando sono con mamma e papà”.

Come vedi dai disegni dei bambini, le risposte possono essere tante. Ecco il motivo che porta il maestro Paolo a organizzare il viaggio. Vuole dare ai bambini la possibilità di saperne di più. E chi può rispondere meglio dei grandi filosofi della Grecia antica? Erano i sapienti per eccellenza.”

E, aggiungo:

“Ma, secondo te, Gaia, quanto è importante fare domande?”.

“É importantissimo, se non ci sono le domande non ci possono essere le risposte. Tutto nasce dalla domanda.”

E, sottolinea:

Io faccio sempre tante domande.”

Seguiamo, leggendo, la meravigliosa avventura di questi bambini. È vero che con la curiosità e l’immaginazione si può andare dappertutto, ma il bello è che qui si va tutti insieme.

Il primo filosofo che incontrano ad Atene è Protagora, maestro di retorica e oratoria. Pur frastornati ed emozionati, i bambini non rinunciano a fare domande. Comincia Anna che chiede al filosofo   che cos’è per lui la felicità e perché è così faticoso raggiungerla. “Per rispondere bene – sostiene Protagora che coglie una certa impazienza negli allievi – occorre ragionare bene e, per fare questo, abbiamo bisogno di tempo. La filosofia è nemica del pensiero superficiale. Per quanto riguarda il tema da voi proposto, non esiste un’unica felicità, ognuno ha il suo modo di essere felice. Dipende da ciò che gli piace e lo fa stare bene. È quindi importante la conoscenza di sé, ma anche la possibilità di fare diverse esperienze e di confrontarsi con gli altri. Per poter essere felici occorre avere la libertà di scegliere.”

Guardo Gaia, è assorta e concentrata:

“Tu, Gaia, che cosa ne pensi?

“Che ha ragione. A me piace tanto il Kung Fu (lo pratica da qualche anno), mi piacciono anche lo sci e il nuoto, ma non mi piacciono gli sport di gruppo come il calcio o la pallavolo. A mia cugina invece piace la pallavolo. E poi il Kung Fu l’ho scelto proprio io, dopo aver visto una puntata dei Puffi dove Puffetta faceva il Puf-fu.”

È talmente vero quello che dice che, durante la giornata, sia a casa che al mare, sulla sabbia, fa la ruota in continuazione ed esercizi difficili (come la verticale) che esegue con disinvoltura e la vedo felice.

Interrompiamo la lettura, lei malvolentieri, soltanto perché è ora di cena.

Il giorno dopo, nel primo pomeriggio, mentre sto riordinando la cucina, si avvicina e…

“Nonna, facciamo filosofia?”

Riprende a leggere e il racconto si fa ancora più coinvolgente. Il Sofia Express lascia Atene e si dirige ad Alessandria d’Egitto per incontrare Ipazia, presso il Museo delle scienze. Ma, nella via di accesso, la scena a cui assistono i bambini, li spaventa. Una folla inferocita e urlante, munita di bastoni e zappe, minaccia di entrare nel Museo. Attraverso un passaggio segreto, Diotima conduce la quinta B e il maestro all’interno e poi nel salone principale, lì dove trovano Ipazia, la scienziata filosofa. I bambini, da Jamala a Jacopo e a Camilla, la tempestano di domande. Vogliono sapere chi sono quelle persone che cercano di entrare e che cosa vogliono. “Sono dei fanatici – risponde la scienziata – non tollerano che una donna possa dirigere una scuola e insegnare matematica e astronomia e non tollerano chi pensa in modo diverso da loro.”

L’ammirazione della quinta B nei confronti di Ipazia cresce a dismisura, per il coraggio che dimostra, perché non si fa limitare dalla paura, che pure c’è, e perché, grazie a suo padre che ha avuto fiducia nelle sue capacità nonostante fosse una donna, ha trovato la strada per essere comunque felice.

Guardo Gaia che è stranamente silenziosa.  Anche lei ammira Ipazia e non riesce a capire perché non dovrebbe insegnare e fare ricerca, visto che è così brava: “Non è giusto!” dice ad alta voce.

“Sai che ci sono ancora oggi paesi in cui le donne non possono studiare? E sai che se io fossi nata nel periodo fascista, non tanti secoli fa come Ipazia, ma 100 anni fa, non avrei potuto insegnare filosofia?

“Davvero, nonna!” – esclama meravigliata – “Io so che ci sono tante ingiustizie nel mondo, ci sono le guerre, i bambini che non hanno da mangiare e non possono andare a scuola. Lo sai che noi aiutiamo ActionAid e arrivano a casa le foto e i disegni dei bambini? Io le guardo sempre. Sai che a scuola dei ragazzi più grandi ci sono i bulli che fanno del male ai loro compagni più timidi? Sono cattivi. Ma, ti voglio chiedere una cosa: Ipazia era una scienziata o era una filosofa?”

“Era una matematica, un’astronoma e una filosofa perché era molto curiosa, amava la conoscenza, quindi aveva un atteggiamento filosofico, ma voleva anche osservare il cielo, le stelle, studiarne la posizione e, per fare questo, aveva bisogno della matematica e di strumenti particolari come l’astrolabio che ha creato lei.”

“A me piace molto la matematica”. Esclama.

“Vuoi diventare una scienziata?”

“Non lo so quello che farò da grande, però mi piace quello che fa il maestro di Kung Fu…  sai che ci ha insegnato anche i numeri in cinese?”

Riprendiamo la lettura. Dopo l’emozionante incontro con Ipazia, i bambini ritornano ad Atene per incontrare Epicuro. In realtà Il filosofo vive in campagna, in compagnia di tante persone, amici e allievi, in una casa immersa nel verde: è la scuola del Giardino. Questa volta è Misha che, pur molto agitato, pone la domanda: “Che cos’è la felicità?”

La risposta di Epicuro non si fa attendere. La felicità è per lui innanzitutto la capacità di liberarsi dalle paure che creano dolore, come la paura della morte. Poi è la moderazione nei desideri perché gli eccessi procurano sempre dolore. La consapevolezza che la vita finisce, secondo il filosofo, ci dovrebbe portare a viverla al meglio, ricercando i piaceri naturali e, in particolare, l’amicizia che è il valore più grande.

“Ma l’amicizia può finire!” esclama Jamala.

Guardo Gaia e sento dal suo sguardo che c’è qualcosa che non va. L’abbraccio e le chiedo che cosa le succede. Piano piano la tensione si scioglie e mi racconta che una sua compagna di classe, quella che era seduta vicino a lei sin dalla prima e con cui giocava sempre, a un certo punto dell’anno scolastico è stata spostata di banco. La maestra aveva deciso una diversa distribuzione dei posti per tutti. La sua amica, timidissima, era stata messa vicina a una bambina dal carattere forte che tendeva a dominarla.

“Lei non vuole più giocare con me e non capisco perché, non mi dice niente!”

“Prova a incontrarla quando l’altra non c’è, fuori dalla scuola, così ti puoi rendere conto.” Le dico.

È pensierosa e perplessa: l’amicizia è una bella cosa, ma anche l’amicizia può procurare dolore.

 Per fortuna ci sono anche altre amiche. “Sai, nonna, che quando sono andata in vacanza in Giappone con mamma e papà (qualche mese fa) nella prima settimana è stata con noi una coppia di amici con una bambina della mia età, e nella seconda settimana un’altra coppia di amici con un’altra bambina della mia età? Poi, per alcuni giorni siamo stati tutti insieme. Ci siamo divertite tantissimo! È stato bellissimo!”

“Vedi che alla fine ha ragione Epicuro? Parlare, giocare, fare esperienze insieme a un’amica è sempre più divertente. E rende felici!”

Annuisce e mi dà un grande bacio.

Torniamo ai bambini di Sofia Express. Sono pronti per ripartire, sanno che stanno per incontrare un grande personaggio: Socrate. Una sorpresa spiacevole però li aspetta: il filosofo è stato arrestato. Lo hanno accusato di corruzione dei giovani e di non credere negli dei dell’Olimpo. In realtà è stato arrestato e condannato a morte perché una classe politica corrotta non tollera critiche e libertà di pensiero e considera pericoloso un uomo che educa i giovani al dubbio e alla ricerca della giustizia e della virtù.

“Possiamo andare a trovarlo in carcere?” chiede Jamala. Diotima e il maestro Paolo scoprono che è possibile e allora il gruppo di bambini si mette in moto velocemente per raggiungere il carcere. Giunti davanti a Socrate, pongono la domanda che li ha portati fin lì: “Che cos’è per te la felicità?”

La risposta del filosofo disorienta i bambini: “La felicità è essere qui dove sono.”

“Ma tu sei in carcere mentre la felicità è essere liberi.” Interviene Misha. 

“Bravo, hai ragione, e infatti anch’ io ho difeso la mia libertà. La libertà di uomo e di insegnante. Non poter stare con i giovani, non poter pensare con la propria testa e agire in modo giusto, questo mi renderebbe infelice.”

I bambini sono molto colpiti da queste parole e anche Gaia lo è. Capiscono la grandezza della persona che si batte per le proprie idee, anche quando rischia di morire. “Ma non è giusto!” quasi grida, Gaia. Torniamo al tema dell’ingiustizia già affrontato con Ipazia.  “Vedi - le dico - la libertà di pensare con la propria testa è un grande valore, ma, per chi comanda, chi ha e difende idee diverse rappresenta un pericolo, perché minaccia il suo potere.  E poi c’è anche il fatto che, per paura, gli altri non difendono chi è minacciato. Tu mi parlavi prima dei bulli che se la prendono con i più deboli. Possono farlo perché gli altri non intervengono, ma basterebbe informare la maestra o un genitore di quello che sta succedendo. Che ne pensi?”

“Penso che sia giusto. Dobbiamo essere tutti più coraggiosi, forse così smettono di fare del male.” risponde.

Dopo aver lasciato Socrate, i bambini della quinta B si preparano all’ultima tappa del loro viaggio, l’incontro con il filosofo più famoso dell’antica Grecia: Platone. Entrano nell’Accademia (la sua scuola) e si meravigliano nel vederlo impegnato, in uno spazio dedicato alla palestra,  nella lotta con un suo allievo. Il maestro Paolo spiega loro che il vero nome del filosofo è Aristocle e che Platone (che significa ‘spalle larghe’) è un soprannome legato proprio all’allenamento e alla pratica della lotta.

Gaia interrompe la lettura: “allora si può fare filosofia e anche un’attività fisica così faticosa?”.

“Certo, non ti devi meravigliare. Nella Grecia antica si dava grande importanza alla bellezza e all’armonia del corpo. E, non so se lo sai, ma hanno inventato loro le Olimpiadi.”

Visibilmente soddisfatta, riprende a leggere.

I bambini, dopo aver atteso la fine della lotta, finalmente incontrano Platone e, con un certo imbarazzo per la grandezza della persona che hanno di fronte, chiedono anche a lui una definizione della felicità.

La risposta del filosofo parte dal racconto del mito di Er, un valoroso soldato morto durante una battaglia. Mentre i parenti si prendevano cura del suo corpo, l’anima di Er era nell’aldilà di fronte alle divinità del tempo (Passato, Presente e Futuro) e aveva il compito, a partire dalla esperienza delle vite precedenti, di scegliere la sua nuova vita, perché ogni essere umano ha la possibilità di scegliere tra molti tipi di vita.

Guardo Gaia che è molto presa dalla lettura e la interrompo: “sai che la zia Roberta si è ispirata proprio al mito di Er quando ha scritto la favola per festeggiare la tua nascita?  Ti ricordi, perché poi l’hai letta anche tu, che ha immaginato che tu, prima di nascere, scegliessi i tuoi futuri genitori e, quindi, la tua vita?”

“Sì, è vero”. E sorride contenta. “Ma ci sono tante cose che noi non possiamo scegliere. Vedi che anche Jamala  dice la stessa cosa?”. E legge la riflessione di Jamala: “Vorrei che la guerra in Siria finisse e vorrei che mio padre tornasse a casa, ma questo non lo decido io.”

“Certo, Gaia. È vero, ci sono moltissime cose che non decidiamo noi, però dipende da noi come reagiamo rispetto a quello che accade. Platone invita a non essere rassegnati, a prendersi cura della propria vita, ma anche   della vita della propria città, per far sì che con il contributo di ognuno possa cambiare in meglio la vita di tutti. Potreste cominciare, voi bambini, dalla vostra classe.”

Gaia annuisce, del resto ha un senso della giustizia molto forte. Sento però che sta già per fare un’altra domanda e infatti: “Nonna, noi abbiamo tanto parlato di felicità, ma saranno tante le domande che si fa un filosofo, non è vero?”

“Sono infinite e ne nascono sempre di nuove. Pensa per esempio al fatto che quando io ero giovane non esisteva lo smartphone, tantomeno l’intelligenza artificiale. Oggi non si riesce a vivere senza. Ma come ci cambia la vita e come cambia noi stessi l’uso di questi strumenti? Non ti pare che questa sia già una bella domanda?”

“Sì, è vero… ho capito, le domande non finiscono mai. Ma questo è bello!!!


 

 

Pubblicato il 29 settembre 2025

Anna Colaiacovo

Anna Colaiacovo / Consulente filosofico presso Phronesis

anna.colaiacovo@gmail.com http://filopratica.com