Genere: Distopia politica / Thriller sociale / Dramma etico Regia: Isaac Tuchman Goldbarsch Produzione: Bachmuda Pictures Anno: 2026 Durata: 124 minuti
Presentato in anteprima al 79° Festival di Cannes, Nulla è tuo è uno dei film più radicali e disturbanti degli ultimi anni. Con una scrittura essenziale, che affronta le contraddizioni del nostro tempo, il film immagina un futuro prossimo in cui l’individualismo è stato abolito e con esso ogni forma di proprietà privata.
Un futuro prossimo, in un mondo che ha vissuto il collasso climatico, la fine del capitalismo e il crollo degli stati-nazione. Dalle rovine è nata una società fondata su un nuovo patto sociale: la ricchezza individuale non esiste più. Accumulare risorse è un crimine contro la collettività. Ogni persona ha un ruolo istituzionalizzato e contribuisce a un bene comune misurato in “impatto sociale”, non in profitto.
L’identità, un tempo fondamento dell’emancipazione, è ora trattata come un residuo individualista da neutralizzare. Nel nuovo mondo, anche il solo pensiero di possedere qualcosa - un oggetto, un sentimento, un ricordo - è visto con sospetto. Tutto appartiene a tutti. Ogni gesto è tracciato, ogni risorsa condivisa.
Nel nuovo mondo, ancora una volta, chi comanda davvero non ha più bisogno di possedere, se può controllare. Il potere ha dismesso la sua forma materiale: non reprime, "guida". Imponendo le nuove regole attraverso il consenso, sfrutta ciò che abbiamo di più profondo: le nostre energie, i nostri affetti, i nostri pensieri.
In questa nuova società, l’identità è diventata un ostacolo. Un anomalia del sistema da correggere. La vera abolizione non è stata quella della proprietà ma quella del conflitto, del dubbio. Del chiedersi: chi sono? cosa voglio? perché sono qui?
Trama
Damao, ex storico dell’economia e ora archivista alla Biblioteca nazionale, scopre tra i reperti una lettera privata: racconta un conflitto familiare per un’eredità, conservata illegalmente da una famiglia.
Quel gesto - non denunciare, nascondere, custodire qualcosa “per sé” - riaccende in lui una domanda che da tempo non è più lecita: perché esistiamo, se nulla ci appartiene?
Inizia a indagare. Scopre una rete clandestina di persone che non conservano denaro, ma frammenti di sé: oggetti, ricordi, memorie affettive. Piccoli atti di resistenza contro l’uniformità collettiva.
Quando viene scoperto, Damao affronta un processo pubblico in cui non si giudica un reato, ma un’idea:
È ancora lecito volere qualcosa per sé? Possiamo esistere se non ci è concesso conoscere qualcosa di noi stessi?
Nel mondo di Nulla è tuo, la ricerca della libertà non è più necessaria. Si vive in un presente in cui il desiderio è stato normalizzato grazie all piattaforme digitali che non ci dicono solo cosa comprare, ma come sentirci, cosa ricordare, chi essere.
In questo contesto, Nulla è tuo mostra che il capitalismo non è finito: ha semplicemente cambiato pelle. Non punta più all’accumulazione materiale, ma al controllo mentale e affettivo. Il dominio non teme le armi: teme le domande. E per questo cerca, ogni giorno, di spegnere in noi la curiosità di sapere chi siamo.
Durante il processo, Damao comprende l’esistenza di un’altra forma di libertà: quella di affermare sé stessi dando significato alle proprie azioni, nella relazione con gli altri. Perché ci conosciamo attraverso ciò che non siamo, e diventiamo persone solo nel confronto con ciò che ci mette in discussione.
L’identità non è un punto fermo, ma un processo in continuo divenire. Chi domina - ieri con le armi, oggi con l’algoritmo e la morale collettiva - ha sempre avuto un obiettivo preciso: fermare questo processo, bloccare la conoscenza del sé, anestetizzare la domanda.
Con una fotografia claustrofobica, Nulla è tuo è un’opera che non offre risposte, ma rilancia domande. Un film che non racconta una distopia futura, ma descrive con lucidità la normalità del presente.
Perché Nulla è tuo non esiste. Non è mai stato girato. Non è stato distribuito.
È solo la sceneggiatura della vita che stiamo già vivendo.