Robot, intelligenze artificiali e altre innovazioni tecnologiche stanno per affiancare massicciamente il nuovo corso umano.
Una nuova rivoluzione sta avvenendo ed è così potente da far impallidire quella industriale che già cambiò radicalmente il processo evolutivo dell’Uomo.
Solo gli stolti possono affrontare questo futuro cambiamento con leggerezza e incosciente positività assoluta.
La riflessione su ciò che ci attende si fa pertanto doverosa.
Come ci insegna la teoria degli Opposti di Eraclito e la filosofia del Taoismo del suo contemporaneo Lao Tse, la nuova realtà si presenterà inevitabilmente come una medaglia bifacciale: da un lato la presunta ed auspicata positività del suo diritto, dall’altra, il conto che il suo rovescio esigerà.
Non siamo in grado ora di definire né l’efficacia delle nuove applicazioni, né il costo implicato, ora siamo nella fase del “sogno”, del “progetto risolutivo portatore esclusivo di benessere per tutti”.
La Storia ci insegna però che il sogno trasformato in realtà si rivela essenzialmente come fucina produttrice di semplici facilitatori esistenziali, portatori sì di maggior comodità quotidiana, espressa però sempre e solo attraverso una emancipazione esclusivamente in ordine materiale.
Siamo circondati da oggetti, cose, apparecchi, dispositivi, ”facilitatori esistenziali” appunto, che obnubilando la mente umana, inducono le masse a credere che possano consentire loro anche una evoluzione più intima, quasi spirituale.
Ma…è successo esattamente il contrario, riscontrabile nella dissipazione della spiritualità, osservabile attraverso la perdita dei valori sociali di comunione, sostituiti dalla presunzione che i facilitatori materiali potessero garantire anche l’accesso ad un grado superiore di libertà.
Il progresso materiale tecnologico molto spesso traveste sé stesso come “libertà superiore acquisita” ma sotto la maschera, affiora la sua vera identità che è quella di nuove forme di schiavitù intese come dipendenza e alienazione del Singolo dal Gruppo
Il Progresso Materiale è spesso nemico, infatti, della Solidarietà perché alimentando l’Ego, pone l’Io al di sopra del Noi.
La sopravvalutazione dei beni materiali genera infatti la soggettivizzazione dell’Io installandolo erroneamente al di sopra del “Noi” (unico reale soggetto).
È da questa inversione di valori che nasce ed è nata, la decadenza dell’Occidente.
Ora la sfida dinnanzi a noi è ancora più grande ed è fonte di preoccupazione per l’enorme rovescio della medaglia che ci attende, temendo anche, che il suo diritto sarà ad appannaggio di pochi, mentre il rovescio investirà le masse.
Tuttavia, l’Essere Umano non è mai in grado di prevedere interamente gli effetti del suo “fare” e non è neppure in grado (vista la Fragilità Emotiva che lo caratterizza), di poter arginare od indirizzare in un alveo realmente sociale, tutto il fiume della curiosità che lo alimenta, necessaria peraltro, per la sua stessa sopravvivenza.
Il Progresso è inarrestabile perché la sete di conoscenza è più forte degli effetti che questa può produrre.
Una nuova Luce
Tuttavia, si potrebbe esplorare la questione evolutiva futura anche sotto un’altra e più nuova luce.
Una luce sicuramente meno materica, più intimista, scintilla che scaturisce da una intuizione spirituale di natura laica, personale e introspettiva, alla ricerca della verità sottile dell'universo e della nostra collocazione in esso.
Tutti noi “sentiamo” una connessione con qualcosa di superiore che traduciamo, chi in culti religiosi, chi in filosofie spirituali.
Anche l’agnostico, l’ateo o il più ortodosso materialista, sente questa connessione sulla quale elucubriamo conseguentemente tutte le architetture del pensiero filosofico.
Esiste però anche un pensiero connettivo con il trascendente che mantiene una sua indipendenza intellettuale da ogni forma di religiosità istituzionalizzata, più aperto alla sperimentazione e basato sull'indole caratteriale e la ricerca personale.
È il pensiero caro ai Der Suchende così ben rappresentati “dal e nel”, Siddharta di Hesse.
Pensiero che si sviluppa attraverso la ricerca del Sé, di un Sé “neutro e neutrale”.
Si tratta di una spiritualità diversa da quella intrisa dal culto, perché da questo è scissa, diventando spiritualità più “naturale”, originata cioè fin dalla nascita in ogni Essere Umano e radicata nel suo Sé, la parte “inner” dell’Essere, contrapposta all’Ego, la parte “aubër” e che insieme al Sé costituisce l’Io “einzigartig”, unico ed irripetibile.
Possiamo chiamare questa spiritualità come Spiritualità del Sé (connessione spirituale con il trascendente, neutrale, scissa da ogni forma divinizzante),
Sarà solo declinando la prospettiva filosofica all’interno di una Spiritualità del Sé profonda, che potremo affrontare una analisi dell’Essere Umano che lo possa rendere attivamente responsabile nel tentativo comunque arduo, di una sua possibile liberazione e di una sua nuova e più alta valutazione ontica, che lo possa rendere autore di se stesso e non solo vittima degli eventi che lui stesso ha creato.
La Spiritualità del Sé procede partendo dall’analisi dell’antropocentrismo e delle sue errate implicazioni
Antropocentrismo
La Treccani definisce tale concetto:
“il termine denomina concezioni filosofiche e teologiche che si fondano su una preminente considerazione dell’uomo, cui viene riferita ogni prospettiva teoretica”.
La visione teocentrica, che i culti abramitici segnalano, pone l’Uomo come discendente diretto dal Dio ed al vertice della piramide evolutiva consegnando all’Essere Umano, frainteso come miglior prodotto della Natura, il diritto di dominio sulla stessa.
“E Dio disse: “Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra”.
(La Sacra Bibbia Genesi 1:26 C.E.I.)
“Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente, che striscia sulla terra”.
(La Sacra Bibbia Genesi 1:28 C.E.I.)
Seppur in modo diverso, lo stesso ritengono anche le filosofie orientali le quali, pur concependo l’Uomo come uno dei possibili frutti evolutivi, lo collocano sempre in posizione soggettivizzante in quanto unico esemplare capace di più ampia coscienza di pensiero e ambientale.
Da queste due rapide considerazioni evolve il concetto antropocentrico.
Concetto che da sempre istiga l’Uomo a specularsi come essere speciale e mai a considerarsi invece solo come Una delle Infinite, Possibili, Casuali, Spontanee ed Inevitabili Manifestazioni Finite della Esistenza, privandosi così di ogni soggettività.
Tuttavia, alienarsi definitivamente dall’antropocentrismo consentirebbe un “salto evolutivo concettuale di specie”.
Se l’Essere Umano inteso come specie, fosse capace di tale salto evolutivo capace di trascinare con sé un rovesciamento totale dei paradigmi culturali che fino a qui lo hanno condotto, verrebbero a disgregarsi tutti i
“castelli ideologici, religiosi, politici” che l’Uomo ha edificato intorno alla propria esistenza.
Demolire il passato ideologico che concede all’Uomo una congettura di visione divinizzante e dominante, permetterebbe di osservare la nudità della sua essenza potendone rilevare tutta la sua astenia, tutte le sue fragilità ancor prima delle presunte forze che la sostengono.
Una simile anamnesi spirituale dello Spirito Umano spogliato dalla sua divinizzazione, inoltrerebbe l’Uomo a riconoscere e quindi ad accettare la fragilità esistenziale che lo connota, unita alla sua irrilevanza cosmica ed orfanilità universale.
Il riconoscimento e l’accettazione del proprio stato fragilineo potrebbe spingere l’Uomo a un nuovo percorso intellettuale.
“Spinta” verso una auto-compassione costruttiva che non guarda più l’Uomo nel suo verticismo evolutivo, ma lo osserva al contrario, dalla base delle sue fragilità.
Non dobbiamo celebrare la potenza dell’Uomo bensì prendere atto della sua debolezza, della sua estrema vulnerabilità psichica e fisica.
Dalla presa d’atto delle proprie fragilità esistenziali scaturirebbe la compassione di specie, fonte necessaria e unificante per “difendere e proteggere” definitivamente, la nostra stessa specie.
“Difesa e protezione” che potrà avvenire solo attraverso una costruttiva, fattiva e reale cooperazione, umana e globale, unica via possibile per il futuro della Umanità stessa.
Smontare l’antropocentrismo significa:
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Riconoscere la nostra fragilità dell’Essere
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Riconoscere la nostra irrilevanza cosmica
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Accettare la nostra orfanilità universale
al fine di:
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Assumere una definitiva responsabilità di specie
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Raggiungere una nuova e responsabile compassione
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Percorrere una via di solidarietà
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Manifestata in cooperazione realmente costruttiva
Secondo il Buddhismo e il Taoismo tutta la sofferenza degli uomini deriva dal fatto che l'uomo si è sempre concentrato sul proprio Io, attraverso l’antropocentrismo come specie e attraverso l’egocentrismo come singolo, rendendo il proprio Io “ipertrofico” fino a fargli assumere dimensioni narcisistiche tali, da diventare il centro del mondo e dell’universo.
“Quando abbiamo la fortuna di sporgere lo sguardo oltre il limite del conosciuto, viviamo un momento di immensa felicità. Ma dura un attimo.
Noi scienziati abbiamo una più esatta percezione del nostro posto nell’universo: capiamo che siamo misera cosa nell’immensità delle galassie e che ogni forma di arroganza è infondata.
Ci siamo resi conto che l’equilibrio su cui si regge l’universo è precario.
La mortalità non è un tratto peculiare dell’uomo, ma comune fra l’uomo e l’universo.
Tale consapevolezza dovrebbe riflettersi sui nostri rapporti: il prendersi cura degli altri, il senso del limite…”
(Guido Tonelli, Fisico al CERN di Ginevra, 26 maggio 2017 lectio magistralis tenuta a Pistoia, nell’ambito della rassegna “Dialoghi sull’uomo”)
Smontare l’antropocentrismo in prospettiva più ampia, significa riposizionare l’Essere Umano andando a rivedere culturalmente le sue coordinate esistenziali finora disposte in linea rigidamente verticale:
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Teocentrica
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Antropocentrica
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Egocentrica
Ricreare un nuovo zenith esistenziale potrebbe rappresentare la nascita di un nuovo umanesimo per una lettura più orizzontale dell’Essere, dove azione e non azione Umana, si compenetrano con tutti gli altri Enti al fine di conseguire una armonia omnicomprensiva circolare.
Novis Humanismi e Homo Novus Sapiens
Sarebbe questa, la nascita dell’Homo Novus Sapiens per ora solo immaginabile, ma auspicabile.
Un Uomo che, intriso della visione qui esposta, possa aver trovato un maggior equilibrio fra Ego e Sé (le due componenti dell’Io), perché
possa essere il promotore del processo definibile Novis Humanismi di cui siamo alla ricerca perché bisognosi.
La Spiritualità del Sé sarà la nuova spiritualità neutra a guidare il cammino.
Se, come scriveva Nietzsche: “Dio è morto!” allora è tempo che nasca l’Uomo: l’Homo Novus Sapiens.
L’amore è il sentimento umano più unificante che esista e contiene già la nota della compassione verso l’Essere perché com-passione è il sentimento con il quale percepiamo emozionalmente la fragilità e sofferenza altrui e desideriamo quindi di alleviarla proteggendolo.
La compassione è la nota forse più malinconica e silenziosa dell’amore ma è anche la più intensa perché ne é la radice.
Amore, Compassione e Rispetto dell’ente Uomo e di tutti gli altri enti, sono i tre livelli più importanti per raggiungere la Consapevolezza Massima e viceversa da essa ne discendono nel percorso di Spiritualità del Sé.
“…out there, it’s all much bigger than we can imagine…”.
È la sentenza cardine della Spiritualità del Sé, perché invita l’Uomo ad una continua ricerca ma al tempo stesso lo riduce, collocandolo a più semplice Ente.
Il dasein perdura ma rientra in un “esserci” subordinato all’immane.
L'umiltà acquisita attraverso il riconoscimento della Fragilità dell’Ente Umano, spodesta la tracotanza che fino ad ora lo ha guidato.
È questo il senso esistenziale da raggiungere per poter soddisfare:
- la coscienza umana intesa come capacità razionale limitata di percepire e decodificare il tempo e lo spazio istituendovi una relazione
- la spiritualità intesa come bisogno irrazionale illimitato di fornire ragioni alla nostra esistenza.
Conclusioni
Il compito futuro dell’Uomo dovrà essere quello di raggiungere la piena Consapevolezza dell'Essere che impone come la specie umana sia solo una delle possibili (e minuscole) presenze nell’Universo, così come è la impermanenza a caratterizzare ogni esistenza finita (organica ed inorganica).
Tale consapevolezza dovrebbe altresì consentire una (seppur parziale) alienazione dalla “presunzione di eccellenza” che caratterizza l’essere umano introducendoci alla comprensione intima di essere solo una parte di un Tutto e non la sua parte più importante.
Se l’uomo comprenderà intimamente l’oggettività universale che lo definisce e abbandonerà l’idea di soggettività universale che lo pervade, potrà (anzi dovrà) maturare la serena “compassione” precedentemente descritta verso la propria fragilità/impermanenza.
Sapersi “fragili” nell’insieme umano instillerà il senso auspicato di reciproco sostegno: una fattiva cooperazione.
Il progetto di cooperazione così concepito non è viziato da alcuna imposizione esterna, poiché si scevra da ogni diktat liturgico, da ogni legame, sia col sentimento idilliaco ma illusorio di amore universale (l’Universo è indifferente alle conseguenze del suo divenire), sia con le mistiche ed oscure energie universali teorizzate dalle superstizioni organizzate, sia con la divinità declinata in un Credo.
È il suo stato di avulsione a conferirgli uno spessore più concreto perché, essendo frutto di un processo interno e non esterno all’Uomo, lo responsabilizza.
Potrebbe sembrare che la scissione qui proposta tra essere umano e senso del divino, non offra il “tepore della speranza”, non offra la “promessa di riscatto”, non offra la “attribuzione di confortante senso” che gli umani bramano e che si presenti piuttosto come “sterile presenza dell’Essere”, come “semplice apparizione dello stato di un ente”, come “asettico divenire privo di sentimento”.
In realtà le tre calde aspirazioni umane indicate sopra, risiedono già nella consapevolezza dell’Essere, nella compassione della umana fragilità e nella risolutiva cooperazione qui considerata, perché la soluzione sta solo nell'uomo, nel suo inner, nel suo Sé per poter diventare ed essere, un Essere senziente che evade finalmente dalla infantile e insopportabile delega all’esterno delle sue responsabilità esistenziali.
L’angoscia dell’Uomo sta nel terrore di essere stato condannato ad una intollerabile solitudine cosmica, ad una inaccettabile orfanilità universale
Ma non saranno “condanne” queste, se affrontate con la responsabilità dell’Homo Novus promossa dalla Spiritualità del Sé.
La presa di coscienza non imprigiona ma libera !
Tuttavia, non potrà essere un percorso semplice perché l’educazione culturale di un popolo ha radici in assunti ideologici millenari e quindi difficili da modificare e spesso refrattari dinanzi a nuove ideologie sostitutive che possano minare le “certezze” storicamente acquisite.
L’Essere Umano ha bisogno di spiritualità perché è con quella e da quella che il suo Sé è collegato all’Esistenza ma Essere spirituali non significa aderire ad una disciplina religiosa ma significa riconoscere in se stessi
quella parte più intima che è connessa con un Tutto incommensurabile e conseguentemente nutrirla di quell’intimo sacro esistenziale che sfuggendo alla ragione umana, non può essere declinato in una dottrina impossibilitata a contenerlo e spiegarlo e neppure tradotto in una divinità ma che tuttavia è ovunque e comunque persistente dentro e fuori ad ognuno di noi.
Sarà possibile affrontare le nuove sfide alle porte, solo se saremo in grado di comprendere una nuova spiritualità che sganciandosi dalle zavorre culturali del passato, possa conquistare un suo livello più alto, abilitandoci al Mondo Nuovo nel rispetto pieno della integrità e dignità dell’Essere Umano.
Per converso, se non saremo in grado di maturare la Spiritualità del Sé, se non recupereremo la densa traccia umana che ci appartiene, non saremo neppure in grado di controbilanciare la supremazia a cui l’Ego naturalmente tende ed è proprio questo sbilanciamento che, se non recuperato, ci consegnerà ad un futuro orribile!
Bibliografia
Guido Tahra, Speculazioni sull’Esistenza (Filosofia della ragione ultima e dell’ umana fragilità), 2024