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Venti di guerra sul Vecchio Continente. Una schiera variopinta di nemici pare assediarci da ogni direzione. Ogni nemico, prima ancora di essere reale, ci viene anzitutto narrato. Nell’epoca della menzogna universale non importa che il nemico esista, purché il popolo ci creda.
L’Europa è bersaglio di un assedio mediatico finalizzato a militarizzarne la psicosfera.
Gli scopi socialmente legittimi vengono ristrutturati: bisogna passare all’economia di guerra (comprando però costose auto elettriche). Crisi? Sì, ma smart-eco-inclusiva. Per un tramonto in technicolor. L’autodistruttività europea va mascherata con parole che suonino bene, possibilmente straniere e insensate. I tempi del benessere sono finiti. Automutilazione dell’Europa, con missili puntati.
L’ultimo capitolo del nichilismo tragicomico made in UE è il Chihuahua che abbaia alla porta del Dobermann, credendo di essere un Rottweiler.

Venti di guerra soffiano sul Vecchio Continente. Una schiera variopinta di nemici pare assediarci da ogni direzione, cioè comparire su ogni canale: presunti droni russi, cambiamento climatico, virus, nemici interni – novax, negazionisti, complottisti, fascisti. Ogni nemico, prima ancora di essere reale, ci viene anzitutto narrato. Primo: inquadrare, identificare, indicare la minaccia. Nell’epoca della menzogna universale non importa che il nemico esista, purché il popolo ci creda. L’Europa è bersaglio di un assedio mediatico finalizzato a militarizzarne la psicosfera. Prima di entrare nel tema, è necessaria un’introduzione teorica.

Cos’è la psicosfera

La psicosfera è l’ambiente psichico comune, l’atmosfera mentale condivisa da un certo numero di persone, in aree geografiche più o meno identificabili (con la globalizzazione e Internet la questione si fa più complicata), in un certo periodo storico. Essa è formata da credenze, valori, archetipi, scopi comuni, sentimenti dominanti, ecc. La psicosfera non è un prodotto recente: a valori e paradigmi millenari si sommano elementi e regioni in vorticoso movimento e trasformazione. Paradigmi tradizionali possono venire bombardati da credenze e valori recenti, che ne minano la coerenza e la stabilità. Le psicosfere cambiano nel tempo, anche repentinamente.

Metaforicamente possiamo immaginare la psicosfera come il multiverso psichico, comprendente sistemi planetari in equilibrio, fasce di asteroidi in collisione e pericolosi buchi neri. Esistono diverse psicosfere, alcune delle quali incompatibili tra loro. Quanto più le psicosfere di Stati, gruppi o individui sono simili, tanto più semplici (in linea di principio) saranno il dialogo e la mediazione; quanto più sono distanti, tanto più ardua risulterà l’impresa.

L’universalismo e il cosmopolitismo illuministi hanno ampliato gli orizzonti della psicosfera europea così da renderla permeabile alle altre culture. Oggi assistiamo a un processo inverso, abilmente mascherato: l’universalismo morale e giuridico sta venendo di fatto abolito lasciando spazio ai puri rapporti di forza, mentre l’accoglienza del diverso è quella ipocrita dell’inclusione di manodopera a basse pretese salariali.

Il concetto olistico che stiamo delineando (del quale in questa sede possiamo effettuare più un’evocazione che un’accurata analisi) rivela la sua utilità in analisi di sistema che richiedano uno sguardo multidisciplinare. Psicosfera può somigliare al romantico spirito del popolo (Wolkgeist). Qualche analogia c’è, anzitutto il tentativo d’afferrare con uno sguardo d’insieme la verità di movimenti storici, culturali e spirituali complessi, rispetto ai quali la tendenza recente è perdersi in rivoli insignificanti o iper-specialistici.

Psicosfera denota un sistema psichico. Questo concetto è di fondamentale importanza per capire il mondo in cui viviamo. Nell’epoca dell’informazione, lo psichico prende definitivamente il sopravvento sul materico. Un’informazione ben congegnata è in grado di scatenare il panico, il panico collettivo è in grado di far cadere costituzioni, assetti e istituzioni plurisecolari. Il materialismo, secondo cui ciò che esiste e conta è la materia, si rivela non solo falso, ma controproducente in termini conoscitivi. Un esercito può essere numeroso e armato quanto si vuole, ma se si rifiuta (atto psichico) di andare in guerra, la guerra non avviene. Se manteniamo il vecchio paradigma materialistico, finiamo per essere dei disadattati cognitivi.

La psicosfera, lungi dall’essere un cloud svolazzante, privo di contatto e d’impatto sul reale, influenza tutte le altre sfere, così come, da esse, viene influenzata. La realtà materiale dipende in primis dalle dinamiche psichiche dei soggetti che possono plasmarla, soprattutto nell’Antropocene. Una magnifica cattedrale, che ancora oggi esalta lo spirito, è stata concepita, progettata e infine edificata. Lo stesso vale per un orrido quartiere che ci deprime. Per dirla con Agamben, è l’uomo a concepire e realizzare l’abitabile e l’inabitabile. La realtà materiale è ormai quasi interamente man-made: perfino l’albero al parchetto e il vostro cane sono frutto di operazioni bio-ingegneristiche. Lo stesso vale per l’uomo: la nostra natura è la nostra cultura. L’universo stesso infine, secondo tradizioni note, sarebbe un prodotto artigianale intenzionale. Questa visione ci risulta aliena, impregnati come siamo d’insensatezza post-cartesiana. Ciò che conta per noi è la res extensa, il mondo fisico osservabile, fine della questione. I babbani credono solo a ciò che cade sotto il loro sguardo. Come a dire che, in una città, non conta il potere che la guida, ma le strade e i palazzi nella loro immota realtà. Il materialismo va superato come una palese alienazione. Anche a livello politico. I due sistemi che esso ha generato, capitalismo e comunismo, si sono rivelati entrambi alienanti, disumanizzanti, contro natura.

Per comprendere appieno la rilevanza dello psichico bisogna superare il dualismo mente-materia e concepire la materia come manifestazione psico-energetica solida. In questa sede non possiamo approfondire queste tematiche senza uscire dal nostro tema, quindi passiamo ai rapporti tra psicosfera e infosfera, poiché quest’ultima è il medium tramite cui la prima sta venendo bellicizzata.

Per militarizzare la psicosfera occorre manipolare le masse-target in tale direzione. Il primo passo è indurle a credere che ci sia una minaccia incombente. Accettata l’idea dell’esistenza del nemico, il nostro essere-nel-mondo viene impostato in modalità belligerante. La realtà viene ora inquadrata secondo la dicotomia noi/loro, dove “loro” sono i nemici. Un male da estirpare serpeggia tra le nostre case o minaccia d’invaderci.

Psicosfera e infosfera

Con infosfera intendo una regione, tecnologicamente strutturata, della psicosfera stessa – a patto di non cadere nell’errore d’intendere la psicosfera come qualcosa di unicamente cerebrale, confinato nel nostro cranio. La psicosfera è il campo psichico comune. In questo campo, l’infosfera è deputata primariamente a trasmettere informazioni e manipolare coloro che possono comprenderle. L’informazione, in senso etimologico, è ciò che dà forma a qualcosa. Essa agisce olisticamente sui suoi recettori plasmandone le credenze, le emozioni, i sentimenti, i progetti, le azioni.

Diversi soggetti, substrati e istituzioni partecipano all’infosfera: il cervello umano, la carta, le lavagne, i microchip, le biblioteche, le scuole, le università, i giornali, i film, i social media e così via. L’infosfera è in grado di forgiare la nostra visione del mondo, lanciare mode, impostare pratiche, sconvolgere usi e costumi. Nell’epoca della globalizzazione, coetanei di Paesi geograficamente distanti possono essere psicologicamente più affini di quanto non siano ai rispettivi avi. Questo fatto è storicamente inedito. Un italiano del XXI secolo può sentirsi più californiano che lombardo, più americano che italiano, senza aver mai varcato fisicamente i confini della propria nazione o aver conosciuto di persona un americano. Com’è possibile? Semplice: questa persona è stata allevata in un’infosfera made in USA. La sua psiche è stata forgiata dall’infosfera a dominazione americana, quindi parla inglese, sogna in inglese, giudica e apprezza secondo i criteri messi in scena dagli attori di film e serie TV, e così via. Il risultato? Gli italiani abitano una psicosfera ibrida, un misto di civiltà cristiana in declino e fashion materialismo hollywoodiano.

Controllare l’infosfera

Chi controlla l’infosfera controlla, in certa misura, la psicosfera, e quindi le altre sfere della realtà. Un popolo che venga convinto di non contare nulla, alla lunga varrà nulla sullo scacchiere internazionale. È questo il caso dell’Italia, dove una propaganda politicamente annichilente, unita ad una capillare occupazione militare e a mirate azioni di sabotaggio in momenti storici cruciali, hanno contribuito alla convinzione popolare di non contare nulla e non poter fare nulla.

A smorzare i deliri di onnipotenza di coloro che altrove ho definito stregoni del digitale,1 sottolineo che l’infosfera è una regione della psicosfera: anche nel caso in cui il controllo dell’infosfera materiale fosse totale (impresa che richiederebbe un controllo totale dell’ambiente informativo, incluso il grottesco tentativo di requisire tutti i libri non funzionali e distruggere o trasformare ogni monumento), non si controllerebbe comunque la psicosfera. Tuttavia, anche un controllo parziale della psicosfera tramite l’infosfera ha i suoi effetti dirompenti.

I progetti di collegamento neurale cervello-Internet mirano alla coincidenza tra infosfera e psicosfera così che, controllando la prima, si controlli anche la seconda. Il cyborg che “pensa” sempre e solo attraverso l’IA è l’idealtipo del suddito digitale la cui mente è stata ridotta a Internet. È il più ambizioso tentativo di controllare gli esseri umani tramite il controllo delle loro menti. Un’operazione che va avanti almeno dall’invenzione della retorica...

I progetti di “sovranità digitale” si basano su questa consapevolezza. Nell’epoca di Internet, nessuna entità politica può aspirare all’autonomia (cioè a darsi da sé le proprie leggi) senza raggiungere, al contempo, l’autonomia digitale. Ogni progetto serio di autonomia deve prevedere l’amministrazione della propria infosfera. La critica che certi Paesi occidentali rivolgono a Stati che controllano la propria infosfera impedendovi, ad esempio, l’accesso di contenuti occidentali, cela in realtà il desiderio di penetrare l’infosfera nemica per seminarvi contenuti funzionali ai propri obiettivi.

Militarizzare la psicosfera

Per militarizzare la psicosfera occorre manipolare le masse-target in tale direzione. Il primo passo è indurle a credere che ci sia una minaccia incombente. La gente deve sorbire la categoria del nemico, attivarla mentalmente. A tal fine si ricorre al lavaggio mediatico del cervello: alla ripetizione, su tutte le frequenze, della litania del nemico. Con la televisione e Internet, questa operazione è più semplice che in passato: basta far scorrere scene di guerra (non importa se reali o fittizie, attuali o di 10 anni fa: l’importante è che vengano presentate come attuali e reali, cioè trasmesse durante un telegiornale) sulle retine dei pretesi sapiens per far entrare la guerra, digitalmente, in tutti i cervelli. Le menti vengono sintonizzate sulla frequenza bellica. Scene digitali programmano la psiche a scenari reali. Per rendere credibile l’operazione, bisogna mobilitare una moltitudine di pretesi esperti geopolitici – poco importa se tra questi figura qualche virologo riciclato. Tutto fa brodo, pur di spingere il popolo alla baionetta. In tal senso il virologo, reduce dalla crociata contro il nemico invisibile, è un soggetto mobilitabile ai fini di un’altra crociata, non più combattuta con mascherine e siringhe, ma con giubbotti antiproiettile e cannoni.

Coloro che adottano il frame bellico iniziano a percepire l’esistenza di nemici anche laddove non ve ne siano. Secondo un noto meccanismo psicologico, non importa ciò che vedi effettivamente, ma ciò che ti sembra di vedere: io vedo una papera, tu vedi un coniglio. Il nemico, per te, inizia a diventare reale. Se tutti o la maggioranza vi crede, la società-target viene finalmente messa sul piede di guerra. La profezia s’avvera. Il vicino di casa, che fino al giorno prima guardavi con simpatia o indifferenza, inizia a insospettirti: chi sono quelle strane persone che scivolano dalla sua porta in zona rossa? Uno starnuto, un fazzoletto, un simbolo diventano segnali d’allarme. Stregoneria sociale.

Accettata l’idea dell’esistenza del nemico, il nostro essere-nel-mondo viene impostato in modalità belligerante. La realtà viene ora inquadrata secondo la dicotomia noi/loro, dove “loro” sono i nemici. Un male da estirpare serpeggia tra le nostre case o minaccia d’invaderci. Dobbiamo correre ai ripari: il gregge prova paura, odio, rabbia. La mandria umana si sintonizza sulle frequenze vibratorie più basse, l’homo sapiens è pronto a fare a pezzi il proprio simile, anche se è innocente. Lo straniero, col quale fino al giorno prima facevamo affari, si trasforma in subdola spia; tuo nipote o tuo fratello, che non se la bevono, diventano quinte colonne del nemico. Bisogna correre ai ripari, tutelarsi: vaccinazioni sans frontières, scorte di viveri, per chi può permetterselo seconde case, auspicabilmente in Svizzera.

Cambia la grammatica di ciò che è possibile e realizzabile: l’ontologia psichica viene sconquassata. Progetti di lunga data s’infrangono sul qui ed ora della minaccia incombente. Esistenze vengono sacrificate al Moloch dell’emergenzah. Il tecnico, gestore della crisi, diventa il deus ex machina della situazione, il cibernauta a cui affidare il timone delle nostre vite. Lo spettatore, espulso già da sempre dalla comprensione dell’eventuale problema e, a fortiori, dalla sua risoluzione, fa ciò che è chiamato a fare. S’incolla allo schermo per sapere se la sua ora sta per arrivare. Così facendo, le cose potranno solo peggiorare: l’illusione diventa pervasiva, radicata, viscerale. Il mondo diventa una rappresentazione distopica condivisa, la menzogna diventa verità perché tutti ci credono e coloro che non ci credono stanno zitti.

La psiche, infettata dal virus «nemico», brama autodistruttivamente dosi di nemico virtuale sempre più massicce: aumenta il veleno in circolo. Molti non si riprendono più: nel 2025, corrono ad arruolarsi indossando la mascherina FFP2. Arruolazione digitale naturalmente, ché la guerra in Europa nessuno più la desidera (salvo la Commissione), né la sa fare. Il continente viene psicopoliticamente preparato alla pioggia di bombe ipersoniche: zona rossa coi botti.

Gli scopi socialmente legittimi vengono ristrutturati in accordo col nuovo scenario: bisogna passare all’economia di guerra (comprando però costose auto elettriche), rinunciare a promettenti carriere arruolandosi nell’esercito di Ursula o di Speranza. Crisi? Sì, ma smart-eco-inclusiva. Per un tramonto in technicolor. L’autodistruttività europea va mascherata con parole che suonino bene, possibilmente straniere e insensate. I tempi del benessere sono finiti. Automutilazione dell’Europa, con missili puntati. Gli altri staranno a guardare? L’ultimo capitolo del nichilismo tragicomico made in UE è il Chihuahua che abbaia alla porta del Dobermann, credendo di essere un Rottweiler.

1 Cattana, Nel velo virtuale. L’esistenza ai tempi della società dello spettacolo (2025, cap. 3).

Pubblicato il 10 ottobre 2025