Go down

Quella che voglio raccontarvi oggi è la storia di un piccolo uomo nato tra le montagne ispide ed inospitali dell’Appennino centrale italiano, nel lontano 1936.


Quella che voglio raccontarvi oggi è la storia di un piccolo uomo nato tra le montagne ispide ed inospitali dell’Appennino centrale italiano, nel lontano 1936.

Lassù sui Monti della Laga a 928 metri sopra il livello del mare e distante 35 km da Teramo, il suo paese natio; intorno un paesaggio dolce e selvaggio, ricco di acqua, cascate spettacolari e biodiversità forestale. Montagne che si estendono per un'area relativamente compatta, delimitata a sud della Valle del Vomano, a nord della Valle del Tronto e a ovest della Piana di Amatrice.

Un mondo piccolo come quello di Nino, nato Severino.

Tempi duri nelle provincie abruzzesi durante quegli anni, un po’ contadini, un po’ pastori e famiglie numerose, con istruzione minima giusto per sapere leggere, scrivere e far di conto. 

Nino, il nostro piccolo uomo, inizia a lavorare presto, prima nelle miniere di carbone circondato da uomini già induriti e affaticati dalla vita, poi nell’edilizia per realizzare piccoli lavori. Ma nonostante la sua giovane età sa che quello è il posto in cui deve stare, che deve contribuire all’economia della famiglia, lui è un uomo e deve lavorare fuori di casa; le donne, invece sono dedite, con la stessa fatica, alle mura domestiche, al focolaio, all’orto, ai figli, ai nipoti, ai genitori.

Tutti si danno da fare e sanno cosa ci si aspetta da ognuno. Non importa cosa conta per il singolo, conta la sussistenza collettiva. Punto.

Nino è ambizioso, ma umile. Ha conosciuto Maria, una piccola e bellissima donna di cui si è perdutamente innamorato. Inizia a lavorare in fabbrica, già conosce la fatica del lavoro e sa che nella vita bisogna resiste e non lamentarsi perché, con Maria, vuole costruire una famiglia.

Impara ad usare mani e cervello, non conosce la fatica.

Finalmente, nel 1964 Nino e Maria si sposano, hanno passato gli anni della guerra indenni, anche se con sacrifici.

Da operaio non specializzato si ritrova, per la sua serietà, a lavorare per la Cogefar - Costruzioni Generali Farsura, azienda storica fondata nel 1959, (oggi Impregilo S.p.A.) all'epoca uno dei maggiori gruppi italiani nel settore delle grandi opere infrastrutturali. Siamo nella fase finale del boom economico, il vero salto infrastrutturale che fa l’Italia quando politica industriale, urbanizzazione e capitale pubblico si allineano.

L’infrastruttura non segue la crescita: la rende possibile, e Nino ne è parte, lavora alla realizzazione dell’Autostrada A24 (Roma–L'Aquila–Teramo), completata nel 1986, che include il Traforo del Gran Sasso, uno dei più lunghi d'Europa (10,2 km), un’opera da circa 877 milioni di euro. 

Nel 1977 emigra dall’Abruzzo verso la Toscana, approda nel piccolo comune di Foiano della Chiana, in provincia di Arezzo.

Alla fine degli anni ’70 iniziano i lavori di costruzione della Linea Direttissima Roma–Firenze, considerata la prima linea ferroviaria ad alta velocità d’Europa. Si tratta di un’opera infrastrutturale strategica, che segna l’avvio della modernizzazione del trasporto ferroviario italiano, con un impatto profondo sulla mobilità interregionale e sulla visione di lungo termine delle Ferrovie dello Stato.

Lavora con dedizione Nino, da operaio semplice si conquista la fiducia dei suoi responsabili: arriva prima a lavoro, studia i progetti, gira per il cantiere, ruba con gli occhi il lavoro che fanno i colleghi più esperti e cerca soluzioni ingegnose per efficientare il lavoro.

È serio, affidabile sempre con il sorriso sulle labbra e negli occhi.

Si fa volere bene Nino, dai colleghi e dai suoi superiori.

Nel frattempo, la famiglia si allarga e lui coltiva la sua passione: lavora il legno, taglia, leviga, usa il tornio, realizza piccoli oggetti, porta penne, cornici, poi assembla e passa la coppale. Piccoli gioielli di artigianato che mostrano le imperfezioni dei pezzi di legno che usa: nodi, venature, striature tutte mostrate e valorizzate.

Arrivano i primi problemi di salute, Nino non si è risparmiato mai ed il suo cuore inizia a sentirlo.

Chiude il cantiere in Toscana, si trasferisce con la famiglia nell’estate del 1986 in Liguria, destinazione Sarzana, altra piccola provincia italiana vicino a La Spezia.

Qui diventa capo cantiere per la Recchi Costruzioni Generali S.p.A. e lavora al potenziamento tecnologico della Linea ferroviaria Pisa–La Spezia.

Nino è felice, il suo responsabile lo ascolta con attenzione perché riconosce il suo valore e la sua serietà, i colleghi gli vogliono bene. Mantiene la sua famiglia, la sua dolce ed amorevole Maria e due splendidi ragazzi.

Accoglie con il sorriso e la sua sensibilità, nella sua casa piena di amore, una famiglia distrutta: due nipoti rimaste orfane della mamma troppo presto ed un cognato affranto e addolorato dalla morte prematura della sua amatissima moglie. Capisce che quell’adolescente non ancora donna, di nome Susanna, e quella ragazzina spaventata di nome Serena, hanno bisogno di ristoro, casa, in una parola, di famiglia.

Accoglie come un regalo anche un piccolo criceto vinto in un luna park di provincia, arrivato il giorno di Natale e portato dalle nipoti un po’ meno tristi grazie alla presenza di questo allegro animaletto. Natale, il criceto, vivrà due anni felici, giocando con Nino e Maria, entrando ed uscendo dalle tasche della camicia, nascondendosi in giro per casa e correndo felice sul tavolo della cucina.

Il legno, Nino, non lo maneggia da tempo, il medico gli ha detto che non può respirare la polvere delle lavorazioni.

Un giorno del 1995 il cuore fa i capricci più del solito ed il capo è costretto a chiamare l’ambulanza che arriva solerte in cantiere, Nino è svenuto e tutti sono accorsi preoccupati attorno a lui. La diagnosi non è delle migliori, non può più lavorare, da ora in poi dovrà concentrare le sue forze a proteggere quel corpo usato ed usurato, e a curarlo.

La ditta ed il suo capo non lo abbandonano, trovano il modo per mandarlo in prepensionamento senza fargli perdere nulla.

Nino ha dato tanto, ma riceve tutto in cambio.

Chissà se in quei giorni in ospedale avrà temuto di morire, chissà se avrà temuto di non avere più la forza, non lo saprà mai nessuno perché dalla sua bocca non è mai uscita una parola di lamento, mai una recriminazione, mai lo sconforto nei suoi occhi. Aveva scelto di mostrare solo la parte migliore di sé, quella bella, sorridente, combattente.

A 59 anni va in pensione, prima per malattia poi per anzianità, dopo 43 anni di duro lavoro e molte soddisfazioni.

Nei 30 anni successivi ha avuto la fortuna di festeggiare 50 anni di matrimonio con la sua amata Maria, per poi viverne altri 11 di felice matrimonio; ha cresciuto pronipoti con amore e attenzione aiutando tutti, con il suo carattere pacato e solare, nei momenti di difficoltà; ha amato profondamente i suoi nipoti ed i cani dei suoi figli accudendoli con la stessa cura che ha riservato ad ogni essere vivente con cui è entrato in contatto.

Ha aggiustato, costruito, riparato, dato consigli per realizzare lavori o per fare scelte di vita.

Ha continuato a stare vicino a quella famiglia distrutta, che con il tempo si è ricostruita e moltiplicata ed ha continuato a guardare quelle due nipoti (Susanna e Serena) crescere con la felicità di vedere la loro felicità.

Ha combattuto contro un tumore ai polmoni che è arrivato all’età di 86 anni e non ha mai perso il sorriso né la determinazione che aveva, perché conosceva il valore della vita.

Ha sorriso con gli occhi e con la bocca fino al suo ultimo respiro.

Questo piccolo, ma immenso uomo si è spento il 22 maggio 2025, sapendo di aver lasciato un segno nella vita di tutte le persone che ha incontrato.


Pubblicato il 29 maggio 2025

Susanna Di Vincenzo

Susanna Di Vincenzo / CEO and CO-Founder at @17tons.earth

susanna.divincenzo@gmail.com