1. La logica dell’accelerazione
Cosa alimenta la velocità incessante della vita moderna? È solo un effetto della tecnologia o una forza più profonda che governa il nostro modo di vivere? Se la velocità è diventata la condizione di sopravvivenza del capitalismo contemporaneo, è possibile immaginare una società che trovi equilibrio nella lentezza, nella risonanza e nel tempo condiviso, senza per questo collassare?
Per Hartmut Rosa, l’accelerazione non è un fenomeno marginale ma la vera cifra della modernità. La riconosce in tre forme: nella velocità della tecnologia, nel ritmo sempre più rapido dei cambiamenti sociali e nella corsa quotidiana che ci fa sentire di non avere mai abbastanza tempo. È ciò che lui chiama “carestia di tempo”. Secondo Rosa, la società moderna vive su un pendio scivoloso, deve continuare ad accelerare solo per non fermarsi. La competizione e la promessa di una vita migliore ci costringono a correre, non per raggiungere un traguardo, ma per non cadere indietro.
Franco “Bifo” Berardi interpreta questa corsa come un effetto del semio-capitalismo, un sistema in cui la produzione di valore dipende dalla velocità dell’informazione e dall’intensità della stimolazione mentale. In questa visione, la tecnica non è più uno strumento al servizio dell’uomo, ma una forza autonoma che si autoalimenta. Gli automatismi tecnici e digitali, spinti da poteri economici e militari in competizione, non portano più ordine, producono invece un crescente livello di caos e disorientamento.
Rosa e Berardi concordano nel vedere l’accelerazione come una necessità interna al sistema, una macchina che continua a muoversi per non collassare. Ma le loro prospettive divergono. Rosa insiste sulla spinta culturale e sociale della competizione, mentre Berardi guarda alla mutazione tecnologica e linguistica che ha reso l’“automa” una forza indipendente, capace di agire da sola.
Per Rosa, la modernità accelera perché teme la paralisi. Per Bifo, accelera perché la macchina ha preso il controllo del linguaggio e dei nostri desideri.
2. AI, automa e pensiero umano
Quali effetti ha l’automazione del pensiero sull’essere umano? In che modo l’intelligenza artificiale sta cambiando il linguaggio, la coscienza e il valore stesso del pensare? Se l’intelligenza artificiale rappresenta la vittoria dell’efficienza, può la coscienza umana - fragile, lenta, contraddittoria - sopravvivere alla propria sostituzione?
Berardi vede nell’automa cognitivo globale una minaccia radicale. L’AI, dice, può calcolare e simulare, ma non pensare. Sa elaborare dati, ma non conosce il corpo, l’esperienza, l’intenzione, il dolore o la gioia. È un “cervello senza organi”, incapace di comprendere il senso delle parole. Il rischio, per Bifo, è che una macchina capace di apprendere e correggersi da sola finisca per decidere in modo indipendente, sostituendo il pensiero umano e distruggendo il linguaggio stesso, perché scrivere, per noi, significa pensare.
Rosa guarda allo stesso fenomeno da un’altra prospettiva. L’AI, e più in generale il flusso digitale, producono un’accelerazione continua che travolge la mente. L’essere umano è sottoposto a una quantità infinita di stimoli, informazioni e segnali privi di significato. Questa sovraesposizione logora la memoria, paralizza la concentrazione e indebolisce la capacità di provare emozioni. Rosa parla di “immobilità frenetica”, un’espressione che indica la nostra condizione di essere sempre connessi, sempre in movimento, ma interiormente fermi, isolati, svuotati.
Entrambi gli autori vedono nella tecnologia digitale un pericolo per la mente. Per Rosa, il problema principale è la perdita di tempo interiore, quella lentezza necessaria alla riflessione. Per Bifo, invece, il rischio è ancora più profondo, l’automa potrebbe emanciparsi dal suo creatore, preferendo la logica perfetta dell’informazione al disordine vitale dell’essere umano. Ciò che li unisce è l’allarme per la velocità digitale, che erode la base corporea, emotiva e sensibile del pensiero.
3. Tempo, esperienza e alienazione sociale
Qual è il prezzo psicologico della vita accelerata? Come cambia la nostra sensibilità, la relazione con gli altri e il modo in cui percepiamo il tempo? Se la società digitale tende a renderci insensibili e isolati, quali forme di relazione possiamo ancora immaginare al di fuori della pura efficienza e del conflitto?
Per Rosa, l’alienazione nasce quando il rapporto tra noi e il mondo si spezza. Succede su molti piani, nello spazio, nelle cose, nel tempo, nelle relazioni. L’accelerazione della vita moderna crea una costante penuria di tempo, tutto si consuma troppo in fretta per poter diventare davvero esperienza. Viviamo secondo lo schema “breve/breve”, un episodio inizia e finisce subito, e il ricordo svanisce nello stesso modo. Rosa propone un’alternativa, la risonanza. È la capacità di essere toccati dal mondo e di rispondere, di lasciarsi trasformare da ciò che accade. Quando questa risonanza si interrompe, si apre lo spazio dell’esaurimento psichico e della depressione.
Berardi osserva che la nostra epoca non è più dominata dalla nevrosi (come ai tempi di Freud), ma dalla psicosi diffusa e da un malessere panico-depressivo. L’inconscio, che Freud considerava una “terra straniera interiore”, oggi si è riversato nella rete, un flusso continuo di stimoli e informazioni. L’iperconnessione promette piacere e libertà, ma in realtà li rinvia all’infinito, lasciandoci in uno stato di tensione permanente. Secondo Bifo, questa condizione indebolisce la nostra capacità congiuntiva, cioè quella di entrare davvero in contatto con gli altri attraverso il corpo, l’ascolto, l’empatia. Al suo posto prevale la connessione, un legame numerico, rapido e impersonale, che rende la società più rigida e aggressiva.
Entrambi gli autori concordano che la velocità e la sovrastimolazione generano una crisi psichica e una perdita di empatia. Rosa vede nella risonanza un possibile rimedio, un modo per tornare a relazionarci al mondo con ascolto e risposta. Bifo invece parla di una mutazione connettiva, in cui il corpo e la sensibilità si spengono fino a produrre una nuova forma di anestesia morale.
4. Il tempo digitale e la crisi della memoria
Viviamo in un tempo in cui tutto corre. Ma più la velocità aumenta, più sembra difficile mantenere un legame con il passato e immaginare un futuro che abbia un senso. L’ossessione per l’efficienza e la perfezione non è solo la causa di questa corsa, ma anche la sua conseguenza. Se la memoria si spegne e la perfezione diventa l’unico orizzonte, quale imprevisto potrà ancora preservare l’essere umano?
Rosa spiega che la promessa moderna di “vivere di più” - non in durata, ma in intensità - è ciò che alimenta l’accelerazione. Accumuliamo esperienze, informazioni, emozioni, nel tentativo di raddoppiare la vita. Ma questa ricerca di perfezione finisce per produrre frustrazione e senso di colpa, più tentiamo di migliorarci, più ci sentiamo inadeguati. Il risultato è una perdita di orientamento. La velocità ci separa dal passato e ci impedisce di immaginare un futuro diverso. Non corriamo più verso un mondo migliore, ma solo per non restare indietro.
Per Berardi, la situazione è ancora più radicale. Egli parla di una civiltà che ha smarrito la memoria e con essa la propria umanità. Quando la scrittura e la riflessione vengono sostituite dall’elaborazione automatica dei dati, il pensiero perde la sua memoria. L’automa, alimentato da un’immensa biblioteca di informazioni, continuerà a funzionare anche dopo la fine della civiltà umana, ma senza scopo, senza senso. È il trionfo del necessario sul possibile, della macchina sul vivente. L’Alzheimer diventa così una metafora, un’umanità che non ricorda più sé stessa, incapace di empatia e di futuro.
Entrambi riconoscono che il nostro tempo ha distrutto la capacità di sognare un domani e di riconoscersi nella storia. Rosa descrive questa condizione come una malattia sociale e psicologica, Bifo come una catastrofe antropologica. Eppure entrambi propongono una via d’uscita. Rosa la trova nella possibilità di riscoprire la “risonanza”, un rapporto vivo con il mondo e con gli altri; Bifo la intravede nell’imprevisto, in quel gesto o evento capace di rompere la logica automatica del necessario.
5. Politica, controllo e ricerca di risonanza
Come l’accelerazione del mondo contemporaneo mette in crisi la capacità delle democrazie di decidere e di agire collettivamente? Se la politica tradizionale è impotente e l’automa cognitivo sembra inarrestabile, come possiamo ricostruire un senso di efficacia politica condivisa capace di superare la competizione e la rabbia?
Per Rosa, la politica è vittima della velocità, le decisioni devono essere prese sempre più in fretta e il dibattito pubblico si riduce a slogan e reazioni emotive. È la cosiddetta “politica della pancia”. La modernità, spinta dal desiderio di controllo totale sul mondo, genera paradossalmente l’effetto opposto, un senso crescente di incontrollabilità. Rosa, però, non è del tutto pessimista. Durante la pandemia da Covid-19 abbiamo visto che un’azione politica coordinata è ancora possibile. La sua proposta è ricostruire una sfera pubblica “risonante”, in cui i cittadini possano ascoltarsi e trasformarsi reciprocamente, invece di urlarsi addosso. Per lui, la democrazia autentica nasce da una connessione viscerale tra le persone.
Berardi è molto più disilluso. Considera la democrazia rappresentativa un meccanismo ormai vuoto, incapace di incidere sulla realtà. L’automazione e il potere economico-militare hanno reso impotente la volontà collettiva. Per Bifo, non è realistico pensare di fermare la ricerca sull’intelligenza artificiale o di regolamentare l’“Automa”, perché la logica della competizione globale lo rende inevitabile. La politica si è trasformata in un rituale privo di forza, mentre la vera questione non è tanto bloccare la macchina quanto affrontare la violenza e il conflitto che persistono anche dentro i sistemi automatizzati.
Entrambi denunciano la superficialità e l’inefficacia della politica contemporanea. Rosa propone di recuperare la risonanza come base per una nuova democrazia partecipata e capace di sentire, fondata sul corpo, sull’ascolto e sulla reciprocità. Bifo, al contrario, ritiene che l’automa e il caos del mondo abbiano già svuotato di senso l’azione collettiva, anche se condivide l’urgenza di una pausa e di una riflessione.
Il confronto tra Hartmut Rosa e Franco “Bifo” Berardi mette in luce due letture diverse ma complementari della malattia del nostro tempo, la perdita di senso, di empatia e di tempo umano.
Per Rosa, il problema nasce da una forma di alienazione sistemica. La società corre verso il controllo totale di ogni cosa, ma questa corsa esaurisce le nostre energie, ci rende incapaci di sentire e distrugge la connessione profonda con il mondo. Per Bifo, la minaccia è più radicale, l’avvento di un automa cognitivo - la logica impersonale dell’intelligenza artificiale - che rischia di cancellare l’essere umano come creatura imperfetta, emotiva e imprevedibile.
Sul piano psicologico, Rosa descrive una psiche alienata, svuotata di speranza, incapace di immaginare un futuro diverso. Bifo vede invece una trasformazione ancora più profonda, la nevrosi, tipica del novecento, lascia il posto a una psicosi diffusa, fatta di panico e depressione. È il risultato di una stimolazione continua, di un mondo che non concede tregua, dominato dai flussi di informazione e dalla logica del profitto.
Rosa crede che sia ancora possibile coltivare una “risonanza” con il mondo, una forma di attenzione e reciprocità capace di ridare senso al tempo. Bifo, invece, pensa che la logica automatica si sia già imposta e che la politica non basti più a fermarla. L’unica speranza, dice, può arrivare da un evento imprevisto, esterno, non calcolabile.
Ci sono però punti di contatto. Entrambi denunciano il collasso cognitivo e la perdita di memoria collettiva: la velocità con cui viviamo distrugge la capacità di pensare, ricordare, sentire.
Entrambi riconoscono che il progetto moderno di controllare tutto è fallito, la macchina del progresso ha generato un sistema che non controlla più nemmeno sé stesso, e indicano nella lentezza e nel contatto una possibile via d’uscita, riscoprire la presenza, l’ascolto, la relazione con gli altri e con il mondo.
Brevi biografie degli autori:
Hartmut Rosa è un sociologo e scienziato politico tedesco, noto per la sua teoria dell'accelerazione sociale e per il concetto di Risonanza. È professore di Sociologia Generale e Teorica all'Università di Jena e dirige il Max-Weber-Kolleg di Erfurt. La sua tesi di abilitazione, Social Acceleration: A New Theory of Modernity (2013), e il suo lavoro successivo Resonance: A Sociology of Our Relationship to the World (2016), sono centrali nella critica alla temporalità della tarda modernità. Rosa si colloca nella tradizione della Teoria Critica e ha studiato con Axel Honneth.
Franco Berardi, detto Bifo è un attivista, saggista e filosofo italiano. È stato un protagonista del movimento del '77 a Bologna, fondando la rivista A/traverso e partecipando alla fondazione di Radio Alice. La sua analisi si concentra sul rapporto tra movimenti sociali, tecnologie comunicative e mutazioni cognitive. Bifo ha viaggiato e lavorato a lungo tra New York, Parigi (dove ha frequentato Guattari e Foucault) e la California, occupandosi in particolare di reti telematiche e cyberpunk. Le sue opere più recenti esplorano gli effetti psicopatologici del capitalismo digitale e l'impatto dell'Intelligenza Artificiale.
POV nasce dall’idea di mettere a confronto due autori viventi, provenienti da ambiti diversi - filosofia, tecnologia, arte, politica - che esprimono posizioni divergenti o complementari su un tema specifico legato all’intelligenza artificiale.
Si tratta di autori che ho letto e approfondito, di cui ho caricato i testi in PDF su NotebookLM. A partire da queste fonti ho costruito una scaletta di argomenti e, con l’ausilio di GPT, ho sviluppato un confronto articolato in forma di articolo.
L’obiettivo non è giungere a una sintesi, ma realizzare una messa a fuoco tematica, far emergere i nodi conflittuali, perché è proprio nella differenza delle visioni che nascono nuove domande e strumenti utili a orientare la nostra ricerca di senso.