Per parafrasare il Trono di spade, l’inverno è arrivato e sembra non volersene andare più.
Ha portato con sé il buio, la paura, la fine dell’ottimismo sul progresso così come sul futuro, la sparizione del pensiero, dell’etica e del coraggio di agire. Diffusa è la percezione che i barbari non siano quelli che da anni riempiono le narrazioni mediali e politiche per farci paura.
I Barbari ce li abbiamo in casa, sono dentro le élite, distribuiti nelle moltitudini che, con le loro scelte o non scelte, stanno determinando l’affermarsi del peggio in forma di fenomeni populisti, rancorosi, razzisti, guerrafondai, e omofobi.
In una parola i Barbari siamo noi.
In tutto il mondo occidentale si ha la percezione che qualcosa si sia rotto, sia cambiato per sempre, che si sia raggiunto un punto di non ritorno del cosiddetto “progresso”, che ha caratterizzato gli ultimi 80 anni di storia, garantendo l’affermarsi di istituzioni con una loro narrazione comune e condivisibile. Oggi tutto questo è svanito nel nulla, si è svuotato di senso e di prospettiva, non ha più un fine, è caduto rovinosamente in un precipizio, fatto di incertezza esistenziale e insicurezza, frutto della frammentazione generalizzata in atto, della sparizione della solidarietà, del bene comune, della verità, di una visione comune.
Dentro questa crisi, a cui si è arrivati dopo anni di individualismo sfrenato, accelerato menefreghismo e astensionismo, elitario narcisismo, si percepisce la necessità di un cambio di rotta, di alternative. Servono alternative capaci di rasserenare, di ridare sicurezza, di fornire strumenti culturali utili a interpretare e leggere la realtà, alla ricerca di soluzioni.
Una delle soluzioni oggi possibile, forse l’unica che ci resta dopo le devastazioni social che hanno distrutto relazioni e legami, rapporti di prossimità così come identità personali e collettive, è quella della comunità.
Il tema era stato anticipato molti anni fa nei suoi libri da Zigmunt Bauman. Oggi la voglia di comunità coinvolge tutti. Pochi continuano a credere che, con quello che sta loro capitando intorno, il loro “io” sia ancora una entità stabile, da difendere.
La voglia però non basta, bisogna scegliere la prospettiva comunitaria (comunistico), il comunitarismo, l’unica soluzione di convivenza, multiculturale, capace ancora di coinvolgere una collettività intorno a valori alti, capace di agire su problemi e soluzioni concrete, di rompere la passività diffusa e di portare a una nuova consapevolezza, anche politica.
La comunità può assumere forme diverse. Come comunità si sta costituendo anche la STULTIFERA NAVIS.
Un progetto (multi)culturale, transdisciplinare, plurale, raggiungibile, capace di aggregare e far dialogare persone diverse, contente di rimpatriare in uno spazio coabitato comunitario e gentile, dopo lo sradicamento sperimentato su piattaforme cacofoniche (a)social ghetto, che hanno fatto dell’individualismo e del consumismo le loro parole chiave.