In economia si parla spesso di “alzare” o “abbassare” i tassi d’interesse, ma dietro questa formula apparentemente tecnica si nasconde un principio profondo, che riguarda il modo in cui governiamo i sistemi complessi. È un principio che non vale soltanto per le banche centrali e i mercati finanziari, ma anche per la gestione dei progetti, dove decisioni analoghe vengono prese ogni giorno, con strumenti diversi ma con la stessa logica di fondo.
Per capire il parallelo, dobbiamo partire dal significato di quei tassi. Quando una banca centrale decide di alzare i tassi, rende più costoso per le banche commerciali prendere in prestito denaro. Queste, a loro volta, aumentano i tassi su mutui, prestiti e finanziamenti. Il risultato è che famiglie e imprese chiedono meno credito, i consumi rallentano, gli investimenti diminuiscono e l’economia frena la sua corsa. Questo raffreddamento della domanda serve a contenere l’inflazione, cioè la crescita generalizzata dei prezzi, che erode il potere d’acquisto della moneta e destabilizza il sistema economico.
Al contrario, abbassare i tassi significa rendere il denaro più accessibile e conveniente. I prestiti costano meno, le persone sono incoraggiate a spendere e le imprese a investire. L’economia accelera, la domanda cresce e la produzione segue. Tuttavia, se questa spinta è eccessiva o mantenuta troppo a lungo, il rischio è un surriscaldamento: i prezzi salgono rapidamente e si crea instabilità.
Il punto cruciale è che la banca centrale non controlla direttamente l’economia. Non può imporre alle aziende di investire o ai cittadini di risparmiare. Quello che può fare è modificare il contesto generale entro cui le decisioni vengono prese. Il tasso di interesse agisce come una leva indiretta: spostandola, cambia le condizioni di convenienza, e queste condizioni orientano milioni di decisioni individuali che, sommate, trasformano il comportamento dell’intero sistema.
Qualcosa di molto simile accade nel project management, anche se con strumenti e scale differenti. Un project manager non scrive codice, non posa mattoni e non produce direttamente i risultati. Il suo compito principale è creare le condizioni perché il sistema – cioè il progetto nel suo insieme – si muova nella direzione desiderata. Lo fa agendo su leve che ricordano da vicino i “tassi d’interesse” della banca centrale: stabilisce priorità, distribuisce risorse, impone vincoli o concede margini, regola tempi e sequenze. Tutto questo non determina direttamente il comportamento delle persone, ma ne influenza profondamente le scelte.
Quando il project manager impone scadenze più strette o riduce il budget, agisce come una banca centrale che alza i tassi: introduce pressione nel sistema, costringendo il team a concentrarsi sull’essenziale, a ridurre sprechi e a prendere decisioni più oculate. Questo approccio può riportare ordine e disciplina quando un progetto rischia di deragliare, ma se spinto troppo oltre può paralizzare l’iniziativa e soffocare la creatività, esattamente come una politica monetaria troppo restrittiva può spingere un’economia in recessione.
Allo stesso modo, quando decide di allentare i vincoli, concedendo più tempo o maggiori risorse, il project manager sta abbassando i “tassi” del progetto. La squadra si sente più libera di sperimentare, può esplorare alternative e innovare. È un approccio utile nelle fasi iniziali o nei contesti ad alta incertezza, dove servono flessibilità e spazio per provare. Ma anche qui vale lo stesso principio: se l’allentamento è eccessivo e mancano obiettivi chiari, si rischia di disperdere energie e di perdere il controllo dei costi e delle priorità, proprio come un’economia drogata da tassi troppo bassi può finire in una spirale inflazionistica.
Il cuore del parallelo sta dunque in un’idea semplice ma potente: governare un sistema complesso non significa controllarlo direttamente, ma agire sulle sue condizioni di possibilità. Questo vale per la politica monetaria come per la gestione dei progetti. In entrambi i casi, il successo non dipende dalla forza con cui si impone un ordine, ma dalla sensibilità con cui si calibra un contesto affinché l’ordine emerga spontaneamente dalle dinamiche del sistema stesso.
C’è poi un’altra lezione da trarre da questo confronto. Né nella politica monetaria né nel project management esistono decisioni neutre. Ogni rialzo o taglio dei tassi favorisce qualcuno e penalizza qualcun altro: i risparmiatori beneficiano dei tassi alti, i debitori soffrono; le imprese trovano credito facile con tassi bassi, ma rischiano l’erosione dei margini se i prezzi salgono troppo. Allo stesso modo, ogni scelta di gestione in un progetto crea equilibri e squilibri: dare più risorse a un team può significare toglierle a un altro, allentare un vincolo su un obiettivo può rendere più difficile raggiungerne un secondo.
Il mestiere di chi governa questi sistemi sta proprio nel riconoscere e bilanciare queste tensioni, sapendo che la perfezione non è possibile e che ogni scelta implica compromessi. È una competenza più vicina alla sensibilità di un musicista che regola l’accordatura del suo strumento che non alla rigidità di un ingegnere che costruisce un meccanismo. E, come in un’orchestra, il risultato finale non dipende da ogni singola nota, ma dall’armonia complessiva che emerge dall’insieme.
Questa prospettiva più ampia aiuta anche a liberare il project management da una visione riduttiva e meccanica. Non è un mestiere di “controllo”, come ancora si tende a pensare, ma un’arte di modulazione. Significa saper leggere il progetto come un ecosistema vivo, coglierne le interdipendenze e agire sui parametri giusti al momento giusto. È un approccio che richiede metodo, certo, ma anche immaginazione e capacità di interpretazione.
Lo stesso vale per le banche centrali, che devono prendere decisioni in un ambiente in continuo mutamento, dove cause ed effetti non sono mai lineari e dove ogni intervento modifica le regole del gioco. Un rialzo dei tassi può contenere l’inflazione oggi, ma cambiare radicalmente le aspettative di investitori e consumatori domani. Anche un project manager deve pensare in questi termini: ogni scelta di oggi plasma le possibilità del progetto nel futuro, e la comprensione di queste dinamiche è ciò che separa una gestione efficace da una miope.
A ben vedere, questo parallelo racconta qualcosa di ancora più generale: ogni governo della complessità è un governo del contesto. Non si tratta di imporre percorsi, ma di creare le condizioni perché i percorsi desiderati emergano da soli. Che si tratti di una banca centrale che regola il costo del denaro o di un project manager che calibra tempi e risorse, il compito è lo stesso: trasformare un sistema caotico in un sistema orientato, senza pretendere di controllarne ogni dettaglio.
Appendice – Un libro per capire il contesto
Un testo prezioso per approfondire il ruolo del contesto nelle decisioni complesse è Il mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo di Giorgio de Santillana e Hertha von Dechend (Adelphi, 1983).
A prima vista può sembrare lontano da economia e project management: è uno studio magistrale sulla cosmologia antica, sui miti e sulla loro funzione nel dare forma alla conoscenza del tempo e dell’ordine del mondo. Ma proprio per questo offre un insegnamento universale. Gli autori mostrano come ogni sistema – cosmico, sociale o tecnico – possa essere compreso soltanto leggendo il contesto dinamico in cui prende forma. Nulla ha significato da solo: è la rete di relazioni, simboli e condizioni a dare senso a ogni fenomeno.
Questa prospettiva è essenziale per chi gestisce progetti o governa sistemi complessi. Significa imparare a guardare oltre i singoli elementi per cogliere le connessioni e le forze che li legano, capire come cambiano nel tempo e quali effetti producono quando vengono spostate. Così come la banca centrale deve leggere l’intero sistema economico prima di agire sui tassi, allo stesso modo il project manager deve comprendere la “cosmologia” del proprio progetto prima di decidere dove e come intervenire.
Il mulino di Amleto insegna proprio questo: a pensare in termini di sistemi e contesti, a capire che ogni decisione è efficace solo se inserita nella trama più ampia che le dà significato. È una lezione antica e attualissima, utile a chiunque voglia governare la complessità invece di subirla.