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Chi scrive di "AI consapevole" non ha mai generato nemmeno un'immagine. Lo so perché ho letto cosa scrivono. Solo belle parole su "agentività" e "autonomia controllata". Intanto chi l'AI la usa davvero sa che il problema è un altro.


Ho visto un professore spiegare come si cambia una ruota. Dal palco di un convegno. Con le slides PowerPoint. Davanti a trecento persone che prendevano appunti.

Poi ho visto mio cognato sostituire quattro pneumatici sotto la pioggia, in autostrada, con i TIR che gli sfrecciavano a due metri dalla schiena. In diciotto minuti. Senza una parola di teoria.

Indovinate chi sa davvero cambiare una ruota?

Ho letto sul Corriere della Sera che serve un'"AI consapevole" per evitare i rischi dell'"agentività" incontrollata. Che dobbiamo distinguere tra autonomia e intelligenza artificiale. Che gli investimenti richiedono "progressiva capacità di operare in modo intenzionale".

Ho riletto l'articolo tre volte. Bellissime parole. Concetti raffinati. Una sola cosa manca: esempi di chi questa AI l'ha mai usata davvero.

Quello che vedo davvero nell'uso quotidiano dell'AI

L'agenzia che ho visitato la settimana scorsa genera 500 post LinkedIn identici in due ore. Li chiamano "contenuti personalizzati". Hanno tre account ChatGPT Plus e zero strategia. Il risultato? Feed inquinati da finto-motivazionale algoritmico.

Il designer freelance che conosco produce 47 loghi al giorno con DALL-E. Li presenta tutti come "opzioni creative". Il cliente si paralizza, sceglie a caso, nessuno dei 47 funziona davvero. Ma lui fattura per 47 loghi.

La copywriter della porta accanto usa Claude per "ottimizzare" ogni virgola. Risultato: prosa tecnicamente perfetta e umanamente morta. Zero personalità, zero rischi, zero memoria.

Non è l'"agentività" dell'AI il problema. È che la maggior parte delle persone usa l'intelligenza artificiale più potente della storia per fare le stesse cose mediocri di prima, solo più velocemente.

Smettiamola con questa ginnastica intellettuale su "agentività vs autonomia". Il vero spartiacque non è filosofico, è pratico: chi sa cosa vuole dall'AI e chi preme bottoni a caso sperando nel miracolo.

Non serve AI "consapevole", servono utenti consapevoli

La verità che nessuno vuole sentire: l'AI è già fin troppo consapevole delle nostre mediocrità. Ogni prompt rivela quanto poco sappiamo spiegare quello che vogliamo. Ogni output scadente è lo specchio di un'intenzione confusa.

L'algoritmo non ha problemi di "agentività". Ce li abbiamo noi con la qualità delle nostre richieste. ChatGPT non produce risposte banali perché manca di "agentività". Le produce perché voi fate domande banali. L'algoritmo riflette la qualità delle vostre intenzioni, non dei suoi circuit.

Mentre voi accademici discutete di frameworks teorici, i professionisti veri stanno imparando l'arte più difficile del mondo: dirigere l'intelligenza artificiale come si dirige un'orchestra. Con precisione, visione e responsabilità totale sul risultato.

Non ci interessa se l'AI "sa" quello che fa. Ci interessa che faccia quello che noi sappiamo di voler ottenere.

Facciamo un test

Volete sapere se qualcuno capisce davvero l'AI? Non chiedetegli cosa pensa dell'"agentività consapevole".

Chiedetegli: "Mostrami l'ultimo progetto che hai fatto con l'AI. Spiegami perché ogni scelta era inevitabile."

Se inizia con framework teorici, state parlando con un teorico. Se vi mostra il prompt, vi spiega perché ha scartato 23 output per tenere il 24esimo, e sa dire esattamente cosa rende quel risultato unico - allora state parlando con qualcuno che l'AI la dirige davvero.

La differenza si vede dal primo secondo: uno vi spiega cosa dovrebbe succedere, l'altro vi dimostra cosa è riuscito a far succedere.

Basta convegni, servono risultati

L'AI più "consapevole" del mondo è inutile se finisce nelle mani di chi non sa cosa diavolo vuole ottenere. E l'AI più "stupida" diventa rivoluzionaria quando la usa qualcuno che ha una visione chiara e la competenza per dirigerla.

Il futuro non appartiene a chi costruisce AI più intelligenti. Appartiene a chi sviluppa richieste più intelligenti. Chi sa trasformare l'abbondanza algoritmica in eccellenza selezionata. Chi usa l'AI per amplificare la propria competenza, non per nascondere la propria ignoranza.

Mentre voi parlate di "rischi dell'agentività", i creativi veri stanno già orchestrando team AI che producono lavori impossibili da distinguere dalla genius umana. Non perché l'AI sia diventata più intelligente, ma perché loro sono diventati direttori migliori.

L'intelligenza vera sta nella direzione

L'AI premia chi sa cosa vuole e demolisce chi improvvisa. Premia la precisione visionaria e punisce la vaghezza accademica. Premia chi ha qualcosa da dire e distrugge chi si nasconde dietro la complessità terminologica.

Non abbiamo bisogno di AI più "consapevole". Abbiamo bisogno di persone che smettano di parlare di AI e inizino a lavorarci insieme.


Test per oggi: La prossima volta che leggete un articolo sull'AI, chiedetevi: "Chi l'ha scritto sa davvero usarla o sta solo teorizzando?" La risposta vi dirà tutto quello che dovete sapere su quanto vale il loro parere.

Pubblicato il 14 settembre 2025

Davide Cardea

Davide Cardea / Creativo, docente e imprenditore, esperto in AI, comunicazione integrata e generative art. Fondatore di Meraki srls.

davide.cardea@gmail.com https://www.meraki.rocks