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Il Leviatano Digitale: Come Riscrivere il Patto Sociale Prima che sia un Codice a Farlo per Noi. Immaginiamo una scena, non più relegata alla fantascienza. Un candidato politico, nel mezzo di una campagna elettorale serrata, viene travolto da un video virale in cui pronuncia frasi sconnesse e offensive. Il video è un deepfake, un falso quasi perfetto, ma il danno all’autorevolezza e alla fiducia è reale e immediato.1 Ora immaginiamo un’altra scena, più silenziosa ma non meno insidiosa. Un’azienda implementa un nuovo algoritmo per le assunzioni, celebrato come un trionfo di efficienza e oggettività. Mesi dopo, si scopre che il sistema scarta sistematicamente le candidature femminili, avendo “imparato” a replicare i pregiudizi presenti nei dati storici con cui è stato addestrato.


Questi non sono scenari ipotetici. Sono frammenti di una realtà che si sta componendo sotto i nostri occhi, in cui l’Intelligenza Artificiale (IA) non è più un astratto problema tecnico, ma una forza attiva che plasma la nostra percezione della verità, le nostre opportunità di vita e le fondamenta stesse della nostra convivenza. L’IA agisce come uno specchio spietato e un amplificatore potentissimo delle nostre strutture sociali, economiche e di potere. Non è un’entità aliena che ci invade, ma una tecnologia che sta spingendo i nostri paradigmi esistenti – il lavoro, l’uguaglianza, la democrazia – oltre il loro punto di rottura.

l'IA è una forza attiva che plasma la nostra percezione della verità, le nostre opportunità di vita e le fondamenta stesse della nostra convivenza

Di conseguenza, il nostro “sistema operativo” giuridico e sociale, la Costituzione, rivela una lacuna fondamentale. È come se fosse scritta in un linguaggio che non riesce a “vedere” né a governare questa nuova dimensione della realtà.3 Questo saggio intraprende un viaggio nel passato per comprendere come altre rotture tecnologiche abbiano costretto l’umanità a riscrivere le proprie regole, analizza le fratture che l’IA sta aprendo nel nostro presente e avanza una proposta concreta per un futuro che possiamo governare, anziché subire passivamente.

Capitolo 1: Echi dal Passato – Lezioni non Imparate dalla Stampa e dal Vapore

Per comprendere la magnitudine della sfida che ci attende, è utile guardare indietro. La storia ci offre modelli ricorrenti: le rivoluzioni tecnologiche non si limitano a introdurre nuovi strumenti, ma riconfigurano l’intera architettura della società, rendendo le regole esistenti obsolete e creando un “ritardo costituzionale” che può essere colmato solo con coraggiose innovazioni giuridiche e istituzionali.

La Rivoluzione di Gutenberg: Quando la Conoscenza Diventò Virale

Prima della metà del XV secolo, la conoscenza in Europa era un bene raro e prezioso, un monopolio gelosamente custodito da una ristretta élite. I libri erano manoscritti costosi, copiati a mano da amanuensi nei monasteri, un processo lento che limitava drasticamente la circolazione delle idee.5 L’invenzione dei caratteri mobili da parte di Johannes Gutenberg non fu una semplice innovazione tecnica; fu un terremoto sociale che scosse il continente dalle fondamenta.

La stampa rese i libri economici, accessibili e riproducibili su vasta scala. Questa “viralizzazione” della conoscenza innescò una serie di trasformazioni a catena: favorì l’alfabetizzazione di massa, permise la diffusione fulminea delle tesi di Martin Lutero che portarono alla Riforma Protestante e contribuì a standardizzare le lingue volgari, gettando le basi per la nascita degli stati-nazione moderni.5 Tuttavia, questa nuova capacità di riproduzione creò un problema inedito: la pirateria. A Venezia, epicentro dell’industria tipografica, la concorrenza sfrenata minacciava gli investimenti degli stampatori. La risposta della Repubblica fu rivoluzionaria: nel 1469 concesse a Giovanni da Spira un “privilegio”, un’esclusiva di stampa che rappresenta uno dei primi, rudimentali precursori del moderno diritto d’autore.8 La società, messa di fronte a una tecnologia dirompente, fu costretta a inventare una categoria giuridica completamente nuova per governarne gli effetti, riconoscendo che la proprietà poteva essere anche “intellettuale”. Oggi, l’IA generativa sta replicando quella dinamica su una scala ancora più vasta, decentralizzando la creazione di contenuti e sollevando questioni analoghe ma esponenzialmente più complesse su autorialità, proprietà e controllo dell’informazione.9

La Macchina a Vapore: La Fabbrica, il Proletariato e il Nuovo Patto Sociale

Se la stampa cambiò il modo in cui pensavamo, la macchina a vapore cambiò il modo in cui vivevamo e lavoravamo. La Prima Rivoluzione Industriale, alimentata dall’energia del vapore, sradicò il sistema di produzione artigianale e lo sostituì con l’efficienza meccanizzata della fabbrica.10 Anche in questo caso, non si trattò solo di un progresso produttivo, ma di una sconvolgente metamorfosi sociale.

Nacquero nuove classi sociali che avrebbero definito i secoli a venire: la borghesia industriale, detentrice del capitale e dei mezzi di produzione, e il proletariato urbano, una massa di lavoratori che si riversava dalle campagne verso le città in cerca di un salario.10 Questa migrazione di massa portò a un’urbanizzazione caotica, con città sovraffollate, insalubri e piene di tensioni sociali.12 Le condizioni di lavoro nelle fabbriche erano spesso disumane, con orari estenuanti e un diffuso sfruttamento del lavoro minorile. Le vecchie leggi, pensate per una società agricola e artigianale, erano palesemente inadeguate a governare questa nuova realtà. Fu proprio da questo vuoto normativo e da questi conflitti che nacquero le risposte istituzionali del mondo moderno: il diritto del lavoro, le organizzazioni sindacali come le

Trade Unions e, infine, le fondamenta dello stato sociale, come tentativo di mediare e governare le forze scatenate dal capitalismo industriale.10 L’IA sta oggi innescando una trasformazione del lavoro altrettanto profonda, ma che richiede un patto sociale e tutele di natura completamente diversa.

Il modello che emerge da questi due esempi storici è chiaro. Le tecnologie dirompenti creano un “ritardo costituzionale”: un periodo in cui le strutture sociali e legali esistenti non sono più in grado di gestire la nuova realtà. Questo lag genera caos, ingiustizie e sfruttamento. La risposta storica non è mai stata un semplice aggiustamento delle vecchie norme, ma l’invenzione di concetti e istituzioni radicalmente nuovi, come il diritto d’autore o il diritto del lavoro. Oggi ci troviamo in un “ritardo costituzionale” simile, ma con una differenza cruciale: la velocità senza precedenti dello sviluppo dell’IA rende questo vuoto ancora più vasto e pericoloso.15 La lezione della storia è che non basteranno piccoli ritocchi legislativi; servirà un’innovazione istituzionale altrettanto audace.

Caratteristica Rivoluzione della Stampa (XV-XVI sec.) Rivoluzione Industriale (XVIII-XIX sec.) Rivoluzione dell’Intelligenza Artificiale (XXI sec.)
Tecnologia Chiave Caratteri mobili 6 Macchina a vapore, meccanizzazione 10 Algoritmi di machine learning, IA generativa 15
Impatto Sociale Democratizzazione della conoscenza, Riforma Protestante, nascita opinione pubblica 5 Urbanizzazione, nascita del proletariato e della borghesia industriale 10 Automazione del lavoro cognitivo, crisi dei “colletti bianchi”, riconfigurazione delle professioni intellettuali 17
Impatto Economico Nascita dell’industria editoriale, standardizzazione dei mercati 7 Nascita del capitalismo industriale, produzione di massa 10 Economia delle piattaforme, data-driven economy, concentrazione del potere in poche Big Tech 19
Sfida Giuridica Pirateria, controllo delle informazioni, censura. Necessità di un nuovo concetto di proprietà 8 Sfruttamento del lavoro, assenza di tutele, disuguaglianza sociale. Necessità di un nuovo diritto 13 Bias algoritmico, disinformazione di massa, sorveglianza, responsabilità degli algoritmi, erosione della democrazia 2
Risposta Istituzionale (con ritardo) Invenzione del “privilegio” (diritto d’autore), indici dei libri proibiti 8 Nascita del diritto del lavoro, dei sindacati, dello stato sociale 14 ??? (La domanda aperta a cui questo saggio cerca di rispondere)

Capitolo 2: La Frattura Presente – Anatomia di una Crisi Costituzionale Silenziosa

L’impatto dell’Intelligenza Artificiale non è una minaccia futura; è una frattura che si sta già aprendo nel presente, minando in modo concreto e pervasivo i pilastri su cui si reggono le nostre democrazie costituzionali: il diritto al lavoro, il principio di uguaglianza e la sovranità democratica.

Il Lavoro Svuotato: La Fine del Patto Sociale dei “Colletti Bianchi”

A differenza della Rivoluzione Industriale, che ha automatizzato principalmente il lavoro manuale, l’attuale ondata di IA generativa sta colpendo al cuore le competenze cognitive. Professioni finora considerate il porto sicuro della classe media istruita – analisti finanziari, avvocati, sviluppatori di software, giornalisti, creativi – vedono le loro mansioni sempre più automatizzate.17 Le previsioni non sono più relegate a studi accademici. Dario Amodei, CEO di Anthropic, una delle principali aziende del settore, ha dichiarato che entro cinque anni l’IA potrebbe automatizzare fino al 50% dei lavori d’ufficio di primo livello, con un impatto potenzialmente devastante sull’occupazione.23

Questa trasformazione colpisce direttamente il cuore del patto sociale su cui si fonda la Repubblica Italiana, sancito dall’articolo 1 della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Per decenni, questo patto si è basato sulla promessa implicita che l’istruzione, la specializzazione e le competenze cognitive fossero la via maestra per la dignità, la sicurezza economica e la piena partecipazione alla vita sociale. L’IA sta erodendo questa promessa alla radice, svuotando di significato il concetto di lavoro su cui abbiamo costruito la nostra identità collettiva.

La Giustizia Cieca (ma non Imparziale): L’Uguaglianza Codificata come Discriminazione

Il principio di uguaglianza, sancito dall’articolo 3 della Costituzione, è un altro pilastro messo a dura prova dall’IA. Nascosti dietro un’apparente oggettività matematica, gli algoritmi possono diventare potenti veicoli di discriminazione, perpetuando e amplificando su scala industriale i pregiudizi esistenti nella società.16

Gli esempi sono ormai numerosi e allarmanti. Nel sistema giudiziario statunitense, lo strumento COMPAS, utilizzato per prevedere il rischio di recidiva, ha mostrato un chiaro bias razziale, etichettando erroneamente gli imputati afroamericani come soggetti a più alto rischio rispetto ai bianchi, a parità di altre condizioni.2 Questo mette in discussione l’ideale stesso di un “giudice naturale” e imparziale, sostituendolo con un calcolo statistico potenzialmente viziato.27 Nel mondo del lavoro, il già citato strumento di recruiting di Amazon è stato abbandonato perché penalizzava sistematicamente le donne, avendo “imparato” dai dati storici che i ruoli tecnici erano stati ricoperti prevalentemente da uomini.2 Dinamiche simili si riscontrano nel settore del credito, dove algoritmi addestrati su dati storici distorti possono negare prestiti a minoranze, o nella sanità, dove sistemi diagnostici possono risultare meno accurati per gruppi demografici sottorappresentati nei dati di addestramento.2 In tutti questi casi, l’IA non elimina il pregiudizio, ma lo automatizza, lo nasconde e lo rende più difficile da contestare, trasformando il principio di uguaglianza formale nel suo esatto contrario.

La Democrazia Sotto Assedio: L’Erosione del Consenso Informato

Forse la minaccia più profonda riguarda la salute stessa del processo democratico, che si fonda sul presupposto di un cittadino in grado di formarsi un’opinione libera e informata. L’IA sta erodendo questo presupposto attraverso un attacco su due fronti.

Il primo è quello della disinformazione di massa, potenziata dai deepfakes. La capacità di generare contenuti audio e video falsi ma indistinguibili da quelli reali, come dimostrano i casi del video alterato di Alexandria Ocasio-Cortez o del falso audio del sindaco di Londra Sadiq Khan, avvelena il dibattito pubblico.1 Mina l’autorevolezza delle figure istituzionali e rende quasi impossibile per il cittadino comune distinguere il vero dal falso, erodendo la fiducia, che è il collante di ogni democrazia.1

Il secondo fronte è quello della manipolazione personalizzata attraverso il micro-targeting. Gli algoritmi analizzano immense quantità di dati personali per costruire profili psicografici dettagliati di ogni elettore. Questi profili vengono poi utilizzati per inviare messaggi politici su misura, progettati per fare leva su paure, speranze e vulnerabilità individuali, aggirando il dibattito pubblico e trasformando la campagna elettorale in un’operazione di influenza psicologica su larga scala.21

La combinazione di queste due tecniche rischia di distruggere il concetto stesso di consenso informato, trasformando la democrazia da un esercizio di deliberazione collettiva a un campo di battaglia per la manipolazione delle coscienze.

I giuristi parlano di “diritto vivente” per descrivere il modo in cui la Costituzione si adatta e vive attraverso l’interpretazione, in risposta ai cambiamenti della società.3 L’innovazione tecnologica ha sempre spinto questi adattamenti. Oggi, però, l’impatto del digitale è così pervasivo da imporre una vera e propria “riforma de facto” della nostra Costituzione, anche a testo invariato.3 Le fratture che abbiamo analizzato non sono semplici problemi tecnici da risolvere con leggi ordinarie; stanno alterando la sostanza stessa dei nostri principi fondamentali. L’articolo 1 sul lavoro, l’articolo 3 sull’uguaglianza, il concetto stesso di sovranità popolare vengono svuotati dall’interno. Questa “riforma de facto” sta avvenendo in modo caotico, non governato e guidato da interessi privati. La nostra inerzia sta di fatto delegando un potere costituente a forze tecnologiche ed economiche che non rispondono alla collettività. La domanda, quindi, non è piùse la nostra costituzione materiale stia cambiando, ma chi tiene la penna in mano.

Capitolo 3: La Gabbia Dorata della Governance – Perché le Soluzioni Attuali non Bastano

Di fronte a queste sfide epocali, la risposta delle istituzioni è stata finora intrappolata in una “gabbia dorata”: approcci regolatori ambiziosi sulla carta, ma resi inefficaci dalla lentezza burocratica, dalla complessità tecnica e, soprattutto, dalla schiacciante influenza delle lobby del settore tecnologico.

Il Paradosso del Regolatore: Lento, Complesso e Già Obsoleto

L’AI Act dell’Unione Europea è l’esempio più emblematico di questo paradosso. Salutato come il primo quadro normativo completo al mondo per l’IA, esso rivela tutti i limiti di un approccio tradizionale applicato a una tecnologia che si muove a velocità esponenziale.33 Il suo processo di approvazione è durato anni, un’eternità nel mondo dell’IA, suscitando critiche da parte di leader industriali come Stefan Hartung di Bosch, che lamentano una burocrazia che rischia di “regolare fino alla morte”, soffocando l’innovazione europea.34

Per evitare di diventare obsoleto al momento della sua entrata in vigore, l’AI Act utilizza concetti giuridici volutamente ampi e indeterminati, come “rischio significativo” o “danno significativo”.36 Se da un lato questa flessibilità è necessaria, dall’altro crea un’enorme incertezza per le imprese e lascia ampi margini di interpretazione che potrebbero portare a un’applicazione frammentata tra i vari Stati membri, minando l’obiettivo stesso di un mercato unico digitale e di una tutela uniforme dei diritti.9

L’Ombra delle Lobby: Come Big Tech Scrive le Regole del Gioco

La debolezza più grande della governance attuale, tuttavia, risiede nella sua permeabilità alle pressioni degli interessi privati. Le grandi aziende tecnologiche hanno dispiegato una potenza di fuoco senza precedenti per influenzare la stesura dell’AI Act. Aziende come Google, Meta, Microsoft, Apple e Amazon spendono collettivamente decine di milioni di euro ogni anno in attività di lobbying a Bruxelles, assicurandosi un numero di incontri con gli alti funzionari della Commissione Europea sproporzionato rispetto a qualsiasi altro attore, come sindacati o organizzazioni della società civile.19 Il numero di organizzazioni che fanno lobbying specificamente sull’IA è quasi triplicato in un solo anno, tra il 2022 e il 2023.38

Questa pressione non è stata senza risultati. Le lobby tecnologiche hanno lavorato con successo per indebolire la legislazione, in particolare sulle norme che riguardano i loro prodotti di punta: i “modelli di IA per scopi generali” come ChatGPT. Hanno sostenuto che la responsabilità per i rischi dovesse ricadere principalmente sulle aziende più piccole che utilizzano questi modelli per applicazioni specifiche, e non sui giganti che li creano e li controllano.39 Un’inchiesta di Corporate Europe Observatory ha rivelato come Google e Microsoft siano riuscite a far declassare la “discriminazione illegale su larga scala” dalla categoria dei “rischi sistemici” (soggetta alle regole più severe) a una categoria inferiore e meno vincolante.41 Persino OpenAI, che in pubblico invoca la necessità di una regolamentazione, ha fatto pressioni dietro le quinte per annacquare la portata della legge.40 A peggiorare il quadro, molte di queste interazioni avvengono al riparo da occhi indiscreti, con diversi governi nazionali che si rifiutano di rendere pubblici i verbali degli incontri con le lobby, impedendo di fatto un controllo democratico.42

Si viene così a creare un circolo vizioso, un “doom loop” della regolamentazione. La naturale lentezza del processo legislativo crea un’ampia finestra temporale in cui le lobby possono agire con la massima efficacia.43 La loro azione, a sua volta, rallenta e complica ulteriormente il processo, introducendo emendamenti, chiedendo nuove consultazioni e generando complessità.41 Il risultato finale è una normativa che non solo arriva in ritardo e rischia di essere già superata dalla tecnologia, ma è stata anche “addomesticata” per servire gli interessi dei più potenti, invece di proteggere la collettività. Questo circolo vizioso dimostra l’inadeguatezza del solo approccio legislativo e l’urgenza di affiancargli un organo agile e soprattutto indipendente, capace di operare al di fuori di questa dinamica perversa.

Il Rischio Finale: Il Leviatano Tecnocratico

Al di là delle singole norme, il rischio più profondo è di natura filosofica e politica. Come avvertono giuristi come Oreste Pollicino, il pericolo non è solo una cattiva regolamentazione, ma l’abdicazione della politica alla tecnica.45 Potremmo scivolare verso una società che funziona in modo perfettamente efficiente secondo logiche algoritmiche, ma dove la partecipazione, il dissenso, il dubbio e la deliberazione democratica vengono visti come inutili rallentamenti da eliminare. Una società in cui la giustizia viene sostituita dalla performance e la libertà dall’efficienza. In questo scenario, l’algoritmo diventa il nuovo Leviatano: un sovrano impersonale, opaco e indiscutibile, che governa le nostre vite secondo logiche che non comprendiamo e che non possiamo contestare.45

Capitolo 4: L’Idea Rivoluzionaria – Un “Comitato Costituente Permanente” per l’Era Digitale

Di fronte a una crisi costituzionale silenziosa e al fallimento degli strumenti di governance tradizionali, non possiamo permetterci di rimanere inerti. La risposta non può essere un’altra legge destinata a invecchiare prima di nascere. Serve un’innovazione istituzionale: la creazione di un organo permanente, indipendente e multidisciplinare che agisca come “sentinella” e “traduttore” dei nostri valori fondamentali nell’era digitale.

Ispirazione e Modelli: Imparare dalla Bioetica e dalla Democrazia Deliberativa

Non dobbiamo partire da zero. Esistono modelli istituzionali da cui possiamo trarre ispirazione. Il primo e più importante è il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB).46 Istituito per affrontare le complesse questioni etiche sollevate dalle scienze della vita, il CNB offre un modello prezioso per la sua struttura e le sue funzioni. È composto da esperti di diverse discipline – non solo scienziati e giuristi, ma anche filosofi e teologi – nominati per la loro competenza e indipendenza, non come rappresentanti di interessi particolari.46 Questo è l’antidoto diretto al veleno delle lobby. Inoltre, il CNB svolge una funzione consultiva: non legifera, ma produce pareri autorevoli che orientano il Parlamento e il dibattito pubblico, rispettando la separazione dei poteri.47 I suoi documenti, infine, riflettono il pluralismo delle opinioni, dando spazio anche alle posizioni di dissenso e favorendo un confronto trasparente.47

A questo modello di expertise indipendente, possiamo e dobbiamo aggiungere un pilastro di legittimità democratica, ispirandoci alle pratiche di democrazia deliberativa come le Assemblee dei Cittadini.50 Esperienze come la Convention citoyenne pour le climat in Francia o l’Assemblea Cittadina per il Clima di Bologna hanno dimostrato che un gruppo di cittadini estratti a sorte, se adeguatamente informato da esperti, è in grado di affrontare questioni complesse e di elaborare raccomandazioni ponderate e di buonsenso.52

Struttura, Composizione e Mandato del “Comitato per il Futuro Digitale”

Combinando questi due modelli, possiamo immaginare la creazione di un “Comitato Permanente per l’Adattamento Costituzionale all’Era Digitale” o, più semplicemente, un “Comitato per il Futuro Digitale”.

La sua composizione dovrebbe essere radicalmente multidisciplinare e plurale. Non solo informatici, ingegneri e giuristi, ma anche filosofi, sociologi, economisti del lavoro, psicologi cognitivi, artisti, e rappresentanti qualificati del mondo sindacale e del terzo settore. L’indipendenza dei suoi membri dovrebbe essere assoluta, garantita da una nomina da parte di un’alta carica dello Stato (come il Presidente della Repubblica) e da regole ferree sui conflitti di interesse e l’incompatibilità con ruoli in aziende del settore tecnologico.

Il suo mandato si articolerebbe su quattro funzioni principali:

  1. Funzione di “Sentinella”: Monitorare in tempo reale gli impatti sociali, economici e politici delle tecnologie emergenti, identificando le sfide prima che diventino crisi conclamate.
  2. Funzione di “Traduzione Costituzionale”: Elaborare pareri e relazioni periodiche per il Parlamento, “traducendo” i principi fondanti della nostra Costituzione (lavoro, uguaglianza, dignità, democrazia) nel nuovo contesto digitale e suggerendo le necessarie riforme legislative.
  3. Funzione di Consultazione Obbligatoria: Ogni proposta di legge di rilievo in materia di IA e tecnologie digitali dovrebbe essere sottoposta al parere (obbligatorio ma non vincolante) del Comitato, per garantire che il legislatore decida con piena cognizione di causa.
  4. Funzione di Promozione del Dibattito Pubblico: Organizzare audizioni pubbliche, conferenze e collaborare con il sistema educativo per promuovere una cittadinanza digitale consapevole, agendo come una grande istituzione di “alfabetizzazione” nazionale sulla tecnologia e i suoi impatti. Su temi particolarmente divisivi, potrebbe promuovere e dialogare con Assemblee di Cittadini dedicate.

La proposta di un simile comitato non è la creazione di un nuovo carrozzone burocratico. È un cambio di paradigma nella governance. Il problema centrale che abbiamo identificato è il disallineamento di velocità tra lo sviluppo tecnologico, che è esponenziale, e il processo legislativo, che è lineare e lento. Una legge, una volta approvata, è una fotografia statica di un mondo che continua a muoversi. Un comitato permanente, invece, è un’istituzione dinamica, un filmato in continua evoluzione.

La sua funzione non è creare regole rigide destinate a invecchiare, ma fornire un’interpretazione e un orientamento costanti, adattandosi in tempo reale. Si tratterebbe di passare da una governance statica a una governance agile e adattiva. Questo organo sarebbe il “sistema immunitario” della nostra democrazia nell’era digitale, capace di riconoscere e rispondere alle minacce in modo rapido e flessibile, a differenza della pesante e lenta corazza della legislazione tradizionale.

Conclusione: Scrivere il Futuro, non Subirlo

Il nostro viaggio ci ha portato a una conclusione ineludibile. La storia ci insegna che le grandi rivoluzioni tecnologiche non possono essere governate con le vecchie regole; richiedono l’invenzione di nuovi patti sociali e nuove istituzioni. L’Intelligenza Artificiale sta aprendo fratture profonde nei pilastri del nostro ordinamento – lavoro, uguaglianza, democrazia – che le nostre istituzioni attuali, lente, complesse e troppo permeabili alle pressioni di interessi potenti, non riescono a sanare.

L’idea di un “Comitato per il Futuro Digitale”, indipendente, multidisciplinare e in dialogo con i cittadini, non è un tentativo di frenare l’innovazione o di imbrigliarla in una nuova burocrazia. Al contrario, è un atto di fiducia nella nostra capacità collettiva di governare gli strumenti che creiamo, invece di esserne governati. È un modo per riappropriarci del nostro futuro, per riprendere in mano la penna e scrivere consapevolmente il prossimo articolo della nostra costituzione materiale, prima che venga scritto per noi da logiche che non ci appartengono.

La tecnologia è uno strumento, mai un soggetto sovrano. L’algoritmo non può e non deve diventare il nuovo Leviatano. La sfida che abbiamo di fronte non è tecnica, ma profondamente umana e politica. Ci chiede di custodire lo spazio della scelta, del dubbio, del dissenso e dell’imprevedibilità. Ci ricorda che anche nell’epoca dell’intelligenza artificiale, la responsabilità rimane, in ultima analisi, irriducibilmente nostra.45


Bibliografia

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Pubblicato il 07 luglio 2025

Franco Bagaglia

Franco Bagaglia / Docente Universitario. Umanesimo Digitale. Specialista formazione e sviluppo AI e competenze digitali presso Acsi Associazione Di Cultura Sport E Tempo Libero

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