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Con lucidità tagliente, Mazzucato e Collington mostrano come molte imprese abbiano sostituito il pensiero interno con l’acquisto sistematico di decisioni. Il modello è chiaro: esternalizzare il dubbio, pagare la rassicurazione, vendere il linguaggio dell’innovazione. È la stessa dinamica che vediamo oggi nell’approccio all’intelligenza artificiale: etica incorporata, fiducia preconfezionata, consulenza presentata come coscienza. The Big Con è un libro che non attacca la tecnica: attacca l’abdicazione. E offre un’occasione rara — quella di tornare a decidere cosa è bene fare, senza aspettare che lo dica un algoritmo o un advisor.


Etica come servizio: chi vende il bene comune?

Il Vaticano ha colto una verità scomoda: l’intelligenza artificiale non è solo una tecnologia, è una pratica etica distribuita. Chi la costruisce, la addestra, la implementa decide — spesso senza dichiararlo — cosa è giusto, cosa è accettabile, cosa è preferibile.

Con la Rome Call for AI Ethics, la Chiesa tenta un’operazione rara: non opporsi al progresso, ma negoziarne i principi. Proporre una grammatica umana in un mondo che si va riscrivendo in linguaggio macchina.

Ma chi possiede davvero il potere di negoziare l’etica oggi? Le religioni? Gli Stati? O i fornitori di piattaforme, cloud e intelligenze “as-a-service”?

I nuovi chierici: consulenti, prompt engineer, policy officer

Nel saggio The Big Con, Mariana Mazzucato e Rosie Collington mostrano come le grandi organizzazioni abbiano delegato alle società di consulenza non solo l’efficienza operativa, ma la capacità stessa di decidere. L’intelligenza artificiale, in questo schema, è la prossima esternalizzazione: non solo del calcolo, ma del giudizio.

Non si delega più il come, ma il perché.
Non si cercano più risposte, ma automatismi.
Il manager vuole l’algoritmo che decide.
L’azienda cerca il modello che legittima.
Il cliente vuole un risultato che esoneri dalla responsabilità.

Alcune grandi società di consulenza — per anni arbitre invisibili del linguaggio aziendale — si sono presentate come sacerdoti anche del nuovo culto: quello dell’IA. Con lo stesso lessico ottimista, hanno iniziato a vendere etica “scalabile”, modelli di governance “responsabili”, intelligenza “as-a-service”. Ma i miracoli algoritmici non si comprano a pacchetto.
Ora che il mercato chiede concretezza e comprensione, non più solo slide e scenari, si intravedono le crepe. Le stesse che per anni sono state coperte da narrazioni lucide e fatture gonfiate. Non tutte le parabole finiscono in resurrezione. Alcune si chiudono con la restituzione dei bonus.

Per chi lo fa per tradizione, è il momento di recarsi dal fiorista e comprare le corone da portare al funerale delle "big" della consulenza che per anni hanno devastato il mercato italiano con la "fuffa da 1000 euro al giorno" in eleganti completi giacca-e-cravatta-tono-su-tono oppure tailleur-con-gonna-al-ginocchio-e-tacco12.

IA come religione secolare: le domande restano, cambiano i templi

La fede non scompare. Cambia forma.
Oggi, chi consulta un modello linguistico per sapere se cambiare lavoro, denunciare un collega o affidarsi a una cura, sta compiendo un atto che — per profondità e aspettativa — è affine a quello della preghiera.

La macchina non giudica. Ma simula la risposta.
Non promette salvezza, ma ottimizzazione.
Non chiede fede, ma fiducia cieca nel dato.

I templi non sono più di pietra, ma di silicio.
Le liturgie non sono più sacramenti, ma interfacce.
L’anima non si misura: si profila.

Il paradosso dell’organizzazione credente

Le religioni e le imprese si trovano, oggi, di fronte alla stessa crisi epistemica: come rimanere interpreti del senso in un mondo dominato da automatismi cognitivi.

Per la Chiesa, è la sfida di non ridurre la spiritualità a retorica.
Per l’impresa, è il pericolo di trasformare ogni decisione in replica, ogni scelta in template, ogni relazione in workflow.

Quando una religione smette di credere nei propri simboli, implode.
Quando un’organizzazione smette di pensare e si limita a replicare, si svuota.

Il danno non è visibile subito. Ma è irreversibile.

Quando la fede incontra il management algoritmico.
Le religioni parlano di salvezza. Le imprese parlano di valore.
I sistemi intelligenti promettono entrambi, ma senza confessare il peccato.

Riconfigurare la fede: non rinunciare, ma riscrivere

L’intelligenza artificiale non è una minaccia per la fede. È una sfida alla sua forma.

Così come The Big Con ci invita a smascherare le deleghe in bianco alle logiche di consulenza, anche il rapporto tra IA e religione ci chiede di tornare a pensare in prima persona.
Non basta "regolare" la tecnologia: serve riprendersi la capacità di giudizio.

Il vero conflitto non è tra uomo e macchina.
È tra pensiero e delega.
Tra discernimento e compliance.
Tra chi interroga e chi accetta.

Post Scriptum: la domanda è ancora viva

Se l’intelligenza artificiale può essere “giusta”, “etica”, “umana”,
allora abbiamo bisogno di più etica, non di meno religione.
E se le organizzazioni vogliono ancora essere luoghi di senso,
dovranno smettere di comprare risposte —
e ricominciare a costruirle.


StultiferaBiblio

  • Mariana Mazzucato, Rosie Collington, The Big Con Penguin Books Ltd, 2024,

Pubblicato il 05 luglio 2025

Calogero (Kàlos) Bonasia

Calogero (Kàlos) Bonasia / omnia mea mecum porto