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Debito e complessità sono due parole che abitano il lessico della crisi, ma raramente si incontrano in un discorso unitario. In questo saggio ho voluto farle dialogare, non come concetti tecnici o accademici, ma come forze culturali che modellano la nostra percezione del mondo e delle relazioni. Il pensiero di Fritjof Capra, con la sua visione sistemica della realtà, e quello di David Graeber, con la sua genealogia antropologica del debito, tracciano insieme un sentiero per comprendere le radici invisibili delle disuguaglianze, dei vincoli e delle forme di potere che oggi ci sembrano naturali. Scrivere questo testo ha significato per me esplorare un terreno comune tra scienza, storia e filosofia politica, con l’intento di riportare al centro l’interrogativo sul valore: cosa vale davvero, cosa genera legame, cosa consente di coltivare vita invece di contabilizzare obbedienza. Non si tratta di fondere due autori, ma di attraversarli come strumenti di scavo, per far emergere ciò che nei nostri sistemi culturali e istituzionali si è progressivamente sottratto alla vista: la rete dei legami. Quella che il debito tende a contrarre, e che solo un pensiero sistemico può restituire alla sua complessità originaria.


Nel cuore delle crisi contemporanee, tra guerre, collassi ecologici e disuguaglianze che si strutturano come leggi naturali, il pensiero sistemico di Fritjof Capra e l'antropologia radicale di David Graeber si incrociano come due correnti che, pur nascendo da fonti differenti, scorrono verso una stessa foce: la necessità di ripensare i fondamenti delle nostre istituzioni, dei nostri linguaggi e delle nostre relazioni.

Capra, fisico teorico e pensatore della complessità, ha dedicato cinquant'anni a mostrare che la realtà non è composta da elementi isolati, ma da connessioni. La sua opera è un atto di coltivazione sistemica: dalla fisica quantistica al misticismo orientale, dalla biologia alla teoria dei sistemi, ogni sua pagina è un invito a disimparare il paradigma meccanicista per apprendere un pensiero ecologico, non-lineare, reticolare.

la realtà non è composta da elementi isolati, ma da connessioni

Graeber, antropologo e attivista, ha fatto qualcosa di simile in un altro campo: ha trattato il debito non come fatto economico, ma come forma di organizzazione culturale e politica. In Debito. I primi 5000 anni ha mostrato che ogni società stabilisce, attraverso il debito, cosa è dovuto e da chi; e che questa costruzione è tutto fuorché naturale. Come Capra invita a vedere l'organismo oltre le sue parti, così Graeber invita a vedere la storia oltre i suoi bilanci.

Il punto di contatto è la complessità. Ma non la complessità come concetto astratto. Piuttosto, come dato esistenziale: la complessità della vita, della materia, del pensiero. Capra mostra che ogni tentativo di riduzione comporta una perdita di senso. Le culture possono essere intese come risposte diverse alla complessità: alcune la affrontano con strumenti di riconoscimento e di cura, altre con tentativi di controllo, semplificazione, dominazione.

il dono crea obbligazioni fluide e aperte, il debito tende a chiudere: codifica, fissa, misura. 

In questo schema si inserisce il debito. Il debito, ci ricorda Graeber, è una delle più antiche forme di organizzazione delle relazioni umane. Ma a differenza del dono, che crea obbligazioni fluide e aperte, il debito tende a chiudere: codifica, fissa, misura. Trasforma la reciprocità in obbligo, l'obbligo in colpa, la colpa in punizione. Nei secoli, il condono del debito ha funzionato come dispositivo di riequilibrio sociale: da Solone nella Grecia del VII secolo a.C. alle leggi della dinastia Han, fino ai regni africani di Ashanti e Dahomey. Dove il debito minacciava di fratturare irrimediabilmente il corpo sociale, veniva periodicamente annullato.

Questa logica si è spezzata con la modernità. Il debito è divenuto sacro. Le sue dinamiche sono state interiorizzate: chi nasce in un paese colpito dall'austerity eredita non solo un debito, ma una forma di colpa, una ferita temporale. Il debito pubblico si tramanda di padre in figlio, mentre si interrompe la trasmissione simbolica delle culture. Il denaro ha assunto una funzione sacrale, non dissimile da quella descritta da Capra nella critica alla scienza riduzionista: è diventato un feticcio, una misura assoluta di valore.

Nel suo libro, Graeber individua due epoche storiche in cui il denaro ha raggiunto questa dimensione sacrale: la prima va dall'800 a.C. al 600 d.C., la seconda inizia nel 1450 con l'espansione coloniale e si esaurisce con la fine del gold standard nel 1971. In entrambi i casi, il denaro e il debito diventano strumenti di dominio globale. Il 1971, non a caso, è anche l'anno in cui Capra comincia il suo percorso più maturo, mostrando come la crisi dei modelli di riferimento in fisica coincida con una crisi più ampia della razionalità occidentale.

Ciò che unisce Capra e Graeber è dunque una postura epistemologica: l'interesse per le forme invisibili del legame, per i nodi che tengono insieme ciò che appare separato. Per Capra, il vivente è rete, non entità. Per Graeber, la storia non è un susseguirsi di eventi, ma di relazioni sociali codificate attraverso debiti, crediti, alleanze. In entrambi i casi, il sapere non è neutrale. È gesto, è scelta politica, è atto di responsabilità.

Là dove la semplificazione diventa strumento di dominio, la complessità torna ad essere un terreno di resistenza. Coltivare la complessità, nel senso etimologico del termine, significa abitare, esercitare, trasformare. Come ricorda Cicerone, cultura animi philosophia est: la filosofia è coltivazione dell'anima. E come nota Capra, è nella cura delle connessioni che si misura la salute di un sistema.

In un tempo in cui la cultura viene ridotta a decorazione e la politica a gestione del debito, l'opera intrecciata di Capra e Graeber ci restituisce un pensiero vivo, radicato, sistemico. Un pensiero che non separa ciò che vive, ma lo ascolta. Che non contabilizza, ma comprende. Che non addomestica, ma coltiva.

Pubblicato il 31 maggio 2025

Calogero (Kàlos) Bonasia

Calogero (Kàlos) Bonasia / omnia mea mecum porto