La professionalizzazione della conoscenza ha preso sempre più piede nel Ventesimo Secolo. Ci parla di questo, nella forma più sintetica e chiara, Ivan Illich.
“Il potere professionale è una forma specializzata del privilegio di prescrivere”. Su questo potere di prescrizione che si fonda, secondo Illich, il controllo sociale. Non contano in fondo le conoscenze che stanno alla base di una professione. Conta l'appartenenza ad una organizzazione che garantisce l'esercizio esclusivo della professione. Ciò che contraddistingue il professionista non è il livello di reddito, né la lunga formazione, né la delicatezza dei compiti svolti, né lo status sociale di cui gode.
Ciò che contraddistingue il professionista è “la sua autorità a definire la persona come cliente”, a decidere di che cosa la persona ha bisogno e nel fornire, secondo propri tempi e proprie regole, risposta a questi bisogni.
Così le professioni non soltanto esercitano la tutela sui 'cittadini-divenuti-clienti' ma determinano anche la forma del mondo in cui i 'cittadini-divenuti-clienti' si trovano a vivere. “The shape of his world-become-ward”, scrive Illich, giocando con le parole: mondo ridotto a 'ward', luogo sorvegliato, fondato su regole frutto della mentalità del professionista.
Potremmo dire istituzione totale, o oggi più propriamente piattaforma digitale: in effetti i cittadini sono costretti a vivere su piattaforme digitali costruite da professionisti. La piattaforma prescrive i comportamenti. Sempre più totalmente organizzato è anche l'accesso alla conoscenza: 'intelligenze artificiali' sviluppate da professionisti prescrivono il cosa, il quando, il come conoscere.
Illich dice: “citizen-became-client”, ma mi sembra più preciso dire, oggi, “cittadino ridotto a utente”.
Così, nel mondo ridefinito dalle professioni, l'antico motto 'conosci te stesso' è svilito: ci si affida alle conoscenze dello specialista. Sono svilite le conoscenze e le esperienze dei cittadini. II diritti cessano di essere spazi di libertà, cessano di essere inviti all'azione e all'assunzione di responsabilità da parte dei cittadini, e si trasformano in servizi predefiniti.
Le professioni, ci dice Illich, 'disabilitano' i cittadini, togliendo loro spazi di azione.
Ma disabilitano anche i professionisti, gli specialisti, i tecnici: chiusi nel ruolo di 'esperti', di appagatori di bisogni altrui, perdono cognizione e memoria del loro stesso essere cittadini. Dimenticano la visione del mondo del cittadino, le sue speranze e le sue sofferenze.
La società così si divarica in "cittadini ridotti a utenti" e "cittadini ridotti a esperti".
Mondo ridotto a luogo sorvegliato
Cittadini ridotti a utenti
Ecco qui la contraddizione: ci incammineremo verso uno sviluppo sostenibile solo se ogni cittadino si volgerà verso atteggiamenti, comportamenti ed azioni orientati alla sostenibilità. Ma questo non accadrà perché al cittadino non viene offerto spazio di pensiero, di libertà. Ai cittadini non giungono nient'altro che prescrizioni, regole, standard, norme, frutto della visione del mondo e della mentalità dei professionisti che hanno monopolizzato la sostenibilità.
- Ivan Illich, Disabling Professions, 1977
- Francesco Varanini, Le Cinque Leggi Bronzee dell'Era Digitale. E perché conviene trasgredirle, 2020. Terza Legge: non sarai più cittadino: sarai suddito o tecnico.