Parliamo, mi pare, sempre meno di progetto e sempre più di disegno, design, design thinking. Perché?
Vale la pena di risalire alle radici del disegno.
Disegnare: latino designare. Il de- che indica provenienza è anteposto al verbo denominativo 'signare, derivato da signum. Tutto il peso dell'espressione sta dunque nel signum, segno.
L'etimo più accreditato riporta alla radice indeuropea sek, che sta per tagliare. Il segno è quindi intaglio. Potremmo seguire le suggestioni indicateci da altre parole che discendono dalla stessa radice: sasso, scibile, scure. Ma è certo più pertinente ricordare che il segno appartiene a quell'insieme di espressioni -oltre a segno possiamo ricordare grafia, scrittura- che ci parlano di incidere, graffiare un supporto.
Forse però conviene lasciar perdere l'etimo e ricorrere al più appassionato cantore moderno del disegno: Jean-Auguste-Dominique Ingres.
Scrive: “Il disegno è la probità nell'arte”.
“Il disegno è l'espressione della forma interiore, il piano, il modellato”.
“Il disegno comprende i tre quarti e mezzo di ciò che costituisce la pittura”.
“Bisogna sempre disegnare, disegnare con gli occhi, se nono si po' disegnare con la matita”.
Precisa poi:
“Il disegno comprende tutto, eccetto il colore”.
“Non vi è esempio di grande disegnatore che non abbia avuto il colore che conveniva esattamente ai caratteri del disegno”.
“Il colore aggiunge certi ornamenti alla pittura; ma non ne è che la dama di compagnia, poiché non fa che rendere più amabili le vere perfezioni dell'arte”.
In effetti il latino pingere discende da una radice che ha due varianti. Una parla dell'aggiuggere ornamenti, l'altra parla del colorare.
Cosa è dunque il colore. Il latino colére porta il senso di permettere di nascondere. Il colore è dunque 'la forza che nasconde -cela, occulta- l'essenza di una cosa'. E' una copertura, un riempitivo.
Ingres ci invita a non lasciarci ingannare dal colore, e a vedere dietro il 'colore'. Ci invita quindi a tornare, in qualsiasi posizione, in qualsiasi situazione ci si trovi, a cercare, a vedere la purezza del 'disegno'.
Ingres ci dice tutto questo già molto bene a parole. Ma, essendo un artista visivo, ce lo dice molto meglio attraverso immagini.
Basta guardare il suo 'Autoportrait à vingt-quatre ans'. Aveva infatti ventiquattro anni nel 1804. E' la dichiarazione della sua poetica, del suo progetto - o meglio: del suo disegno.
E' un olio su tela. Ci sono i colori. L'artista -il disegnatore- sta di fronte alla tela, ma non ha certo un pennello in mano. Guardate l'oggetto bianco che ha in mano: è comunemente descritto come un gessetto. Ma è appuntito come forse un gessetto non può mai essere. E' un oggetto simbolico: lo strumento per attingere alla purezza del disegno. E' bianco.
Lo strumento per disegnare, bianco, ci appare quasi una bucatura, un intaglio -un segno- nella tela. Ha parziale contrappeso solo nella camicia bianca, sulla quale si appoggia l'altra mano: come dire 'sono io che disegno'.
Ingres parla così del bianco: “I pittori si ingannano molto quando nei loro quadri usano sconsideratamente troppo bianco. Il bianco deve essere riservato per quei casi di luce, per quegli splendori che determinano l'effetto del quadro”.
“Nulla è bianco nei corpi animati, nulla è assolutamente bianco”.
Ingres ci indica questo percorso: non nascondere e non nascondersi nel colore; cercare il bianco; cercare e cercarsi nell'essenziale purezza del disegno.
Questo forse è il design thinking.