Il quinto anno di liceo non era stato il trampolino promesso; gli sembrava più una terra di mezzo fatta di attese, nebbia e confusione. Intorno a lui, i compagni avevano cominciato a disegnare mappe, a tracciare rotte. Giurisprudenza, Ingegneria, Economia. Parole solide, piene di progetti e promesse di lauti stipendi. Luca, invece, non aveva idee. E forse il suo problema non era l'assenza di talenti, ma la facilità con cui riusciva in tante cose.
Aveva un potenziale diffuso e non trovava il suo centro di gravità. Sollevò la matita, una HB consumata che aveva l’abitudine di masticare nervosamente. Con un gesto quasi meccanico, disegnò un cerchio, poi un altro a sfiorarlo, infine un altro, sempre vicino, ma che non entrava nei confini degli altri due. Un diagramma di Venn che non aveva intersezioni, solo insiemi disgiunti.
Scrisse nel primo "dovere", nel secondo 'volere", nel terzo "fare". Il dovere gli suggeriva con chiarezza di scegliere una strada utile, una che non deludesse i sacrifici dei suoi genitori. Il volere gli sussurrava con voce flebile, così flebile da essere incomprensibile, come una musica lontana che non riusciva a identificare. Il fare era un ronzìo, un rumore caotico di fondo, a volume molesto, che per reazione lo portava a tapparsi le orecchie e restare immobile.
Fuori dalla grande finestra ad arco della biblioteca in cui Luca andava tutti i pomeriggi a prepararsi per la maturità, la pioggia fitta e sottile rendeva il mondo esterno un quadro impressionista, o forse più un Van Gogh. Non si sa come né perchè ma questa visione generò in lui una consapevolezza improvvisa: la verità era che aveva paura non di sbagliare facoltà e trovarsi a cambiarla, ma di fare, anzi, scelte definitive, senza darsi possibilità di altre strade.
Temeva che ogni percorso intrapreso sarebbe stato chiuderne mille altri, e lui non sopportava l’idea di murare finestre su futuri alternativi. Il suo sconforto sapeva da malinconia, una malinconia densa, dove potersi muovere solo a tentoni.
Mentre se ne stava lì, con la matita in mano, gli occhi vagabondi, e i fogli che sintetizzavano Platone, l'attenzione di Luca fu catturata da un suono secco, che ruppe l'immobilità del silenzio. Era caduta una chiavetta USB dalle tasche distratte di qualcuno che aveva appena attraversato l'uscita. Un oggetto piccolo, lucido; Luca pensò che fosse un aggeggio fuori posto, non solo sul pavimento dov'era appena finito ma anche nell’ambiente stesso della biblioteca, antica, e fatta di colori opachi. Luca si alzò, istintivamente andò a raccogliere la chiavetta e, mentre si recava al bancone del bibliotecario per segnalare l'oggetto smarrito, un altro pensiero inaspettato lo raggiunse: quella piccola chiave era capace di contenere centinaia, forse migliaia, di file, di immagini, di elaborati.
Poteva custodire e comunicare un’intera vita, progetti complessi, o forse chissà, una relazione singola, o una sola poesia. Non era la definizione di chiavetta che poteva darle identità, lei diventava qualcosa o qualcos'altro in base a ciò che conteneva in quel momento. Tornando al suo posto, Luca si sentì diverso, come se avesse avuto una rivelazione, seppur da sviluppare, forse più uno spunto, un suggerimento da cui ripartire.
Forse la sua via non era identificata da un nome solo, da un’etichetta rigida, da una facoltà. Lui era, in quel momento più che mai, come una chiave USB: un contenitore pronto ad accogliere materiale, dati diversi tra loro nella forma, nel linguaggio, nelle competenze utilizzate per l'elaborazione. Forse lui non doveva scegliere un campo, ma creare il suo, costruire la sua dimensione strada facendo, incrociando i suoi interessi umanistici, informatici, artistici, senza urgenza, senza la fretta di terminare il puzzle prima di avere tutti i pezzi a disposizione.
Sollevò la matita, e invece di disegnare un altro cerchio di sconforto, tracciò delle linee diagonali, decise, che attraversavano tutti gli insiemi. Erano ponti. Non sapeva ancora dove fosse diretto, ma capì che la sua strada non sarebbe stata una freccia di direzione, ma una costellazione. E per la prima volta dopo mesi, l'odore di carta stanca della biblioteca gli sembrò più fresco, mescolandosi al grintoso profumo di possibilità.