Possiamo disertare o aderire, scegliere e votare o astenerci, cercare utilitaristicamente vantaggi e benefici o interrogarci se quello che facciamo un senso ancora ce l'ha. Possiamo illuderci che la realtà sia quella sempre funzionante e ben organizzata online o volgere lo sguardo alla realtà offline, possiamo lasciare che siano altri a parlare per noi o (ri)trovare la nostra voce, (auto)censurata da troppo tempo per dire ad alta voce quello che ci preme dire.
Sulla Stultiferanavis ho provato a raccontare l'avventura della nave con la metafora della diserzione. Una diserzione descritta come scelta pessimistica e disperata e che spinge a partire, imbarcarsi, sciogliere gli ormeggi, andare verso l’ignoto ma anche come scelta di speranza, una scelta coraggiosa, esercitata in forma di esorcismo liberatorio.
Questa volta alla diserzione sostituisco la piena adesione. Aderisco a quello che mi è apparso come un manifesto rivolto a tutti gli Europei che hanno a cuore la specificità della sua cultura, storia, e visione del mondo. Cultura, storia e visione che poco hanno a che spartire con la visione oggi emergente di coloro che danno per finita la politica, vedono la capacità di giudizio umano come un difetto da correggere, definiscono la libertà di fare quello che vogliono, di dominare senza limiti, al solo scopo di ottenere maggiori vantaggi, maggiore potere e più grande profitto.
Il manifesto è di Otti Vogt, Global Transformation Leader | Co-Founder of Global Society for Good Leadership
WE DO NOT CONSENT
We stand at the edge of a vast societal reprogramming—and no one has asked for our permission.
In Silicon Valley boardrooms, in encrypted exchanges between billionaires and politicians, in shadow-funded institutes rewriting global norms, a new regime is taking shape. It is not democratic. It is not moral. And it is not ours.
It is the vision of those who call politics obsolete. Who see human judgment as a flaw to be corrected. Who define freedom as the right to build without consequence, dominate without limit, profit without responsibility. It is techno-supremacy: those who own the code shall rule the world.
Peter Thiel proclaims “freedom and democracy are incompatible.” Sam Altman pursues artificial general intelligence to “remake economics.” Elon Musk’s Neuralink promises to merge humans with machines. Zuckerberg’s metaverse captures our every interaction. These are not business ventures—they are governance projects.
Their creed is clear: technology evolves faster than ethics, therefore ethics must yield. History is an obstacle, not a teacher. Politics is downstream from technology—build first, ask permission never.
We’ve seen billionaires bankroll private cities, think tanks, media, political parties, surveillance, and military technology. Not to serve the public—but to control it. Constructing empires unburdened by law, solidarity, or shame.
What’s emerging? A world where children’s faces are scanned in classrooms. Where emotions are mined for profit. Where votes are manipulated by predictive algorithms. Where constitutions bend to accumulated capital.
This isn’t about tariffs or trade—it’s about power. It’s a digital coup—tech elites are hijacking not just value, but the very architecture of order. Their goal isn’t innovation—it’s control. A world where democracy is obsolete, and rule belongs to those who own the system. Not a human future, but a new feudalism: data as land, platforms as countries, and citizen as serfs.
Europe cannot afford to submit.
We remember what happens when systems are built without consent, when autocrats rule unchecked, when technology loses humility. We know: progress without justice is not progress. Intelligence without wisdom is not safe. Markets without restraint become extraction.
It is time to speak—not merely as regulators of technology, but as defenders of humanity.
We do not consent to a world where public purpose is defined by private wealth.
We do not consent to the transformation of citizens into data profiles.
We do not consent to a future built without deliberation, legitimacy, or care.
Europe must respond not with clever concessions or regulatory gestures, but with values. With courage. With vision. We must reclaim the truth: technology is a means—not an end. The common good is not a constraint on growth, but its only justification.
We do not consent. And we will not be coded into silence.
La versione italiana...
NON ACCONSENTIAMO
Siamo sull'orlo di una vasta riprogrammazione sociale, e nessuno ci ha chiesto il permesso.
Nelle sale riunioni della Silicon Valley, negli scambi criptati tra miliardari e politici, negli istituti finanziati in modo occulto che riscrivono le norme globali, un nuovo regime sta prendendo forma. Non è democratico. Non è morale. E non è il nostro.
È la visione di coloro che definiscono la politica obsoleta. Che vedono il giudizio umano come un difetto da correggere. Che definiscono la libertà come il diritto di costruire senza conseguenze, dominare senza limiti, trarre profitto senza responsabilità. È tecno-supremazia: chi possiede il codice governerà il mondo.
Peter Thiel proclama che "libertà e democrazia sono incompatibili". Sam Altman persegue l'intelligenza artificiale generale per "rifare l'economia". Neuralink di Elon Musk promette di fondere esseri umani e macchine. Il metaverso di Zuckerberg cattura ogni nostra interazione. Queste non sono iniziative imprenditoriali, sono progetti di governance.
Il loro credo è chiaro: la tecnologia si evolve più velocemente dell'etica, quindi l'etica deve cedere. La storia è un ostacolo, non una maestra. La politica è a valle della tecnologia: costruire prima, chiedere mai il permesso.
Abbiamo visto miliardari finanziare città private, think tank, media, partiti politici, sorveglianza e tecnologia militare. Non per servire il pubblico, ma per controllarlo. Costruire imperi liberi da leggi, solidarietà o vergogna.
Cosa sta emergendo? Un mondo in cui i volti dei bambini vengono scansionati nelle aule. Dove le emozioni vengono sfruttate per il profitto. Dove i voti vengono manipolati da algoritmi predittivi. Dove le costituzioni si piegano al capitale accumulato.
Non si tratta di tariffe o di commercio, ma di potere. È un colpo di stato digitale: le élite tecnologiche stanno dirottando non solo il valore, ma l'architettura stessa dell'ordine. Il loro obiettivo non è l'innovazione, ma il controllo. Un mondo in cui la democrazia è obsoleta e il governo appartiene a coloro che possiedono il sistema. Non un futuro umano, ma un nuovo feudalesimo: i dati come terra, le piattaforme come paesi e i cittadini come servi.
L'Europa non può permettersi di sottomettersi.
Ricordiamo cosa succede quando i sistemi vengono costruiti senza consenso, quando gli autocrati governano senza controllo, quando la tecnologia perde umiltà. Lo sappiamo: il progresso senza giustizia non è progresso. L'intelligenza senza saggezza non è sicura. I mercati senza freni diventano estrazione.
È tempo di parlare, non solo come regolatori della tecnologia, ma come difensori dell'umanità.
Non acconsentiamo a un mondo in cui l'obiettivo pubblico è definito dalla ricchezza privata.
Non acconsentiamo alla trasformazione dei cittadini in profili di dati.
Non acconsentiamo a un futuro costruito senza deliberazione, legittimità o attenzione.
L'Europa deve rispondere non con astute concessioni o gesti normativi, ma con valori. Con coraggio. Con visione. Dobbiamo rivendicare la verità: la tecnologia è un mezzo, non un fine. Il bene comune non è un vincolo alla crescita, ma la sua unica giustificazione.
Non acconsentiamo. E non ci lasceremo intrappolare nel silenzio.