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Le intelligenze umane sono miliardi, eppure lo storytelling dominante che fa la realtà da tutti percepita è tutto centrato su poche intelligenze artificiali, per di più in eterna competizione tra di esse.


Il mondo è pieno di disuguaglianze, di diffuse povertà, di crescente precarietà del lavoro su cui bisognerebbe focalizzare la nostra attenzione e le nostre azioni, per raccontarle umanizzandone le esperienze e i vissuti, per cercare di attribuire un senso alla loro realtà sofferente, ma molti preferiscono parlare d’altro e con altre realtà, artificiali, per di più anche responsabili della realtà economica, sociale e politica in cui siamo tutti immersi. 

Tutto ciò è comprensibile visto che di queste realtà artificiali sono piene le narrazioni dominanti e a loro è dedicata l’attenzione di tutti, o quasi. Tutti impegnati a dialogare con esse da pari a pari, nonostante il loro essere colonizzatrici del presente e dell’immaginario individuale e collettivo, nonostante il loro essere sempre finalizzate al profitto (se non arriverà, la bolla scoppierà!) e a diffondere gli orientamenti culturali, le visioni, la retorica di chi le produce e le governa. Mediamente persone di pelle bianca, occidentali, miliardari, tecnocrati e oggi anche con mire politiche e sogni (andare, scappare su Marte, colonizzando lo spazio del cielo sopra di noi), che possono trasformarsi in distopie e incubi, per chi di quei sogni è solo comprimario, semplice ma complice spettatore. 

Da strumento per connettersi, comunicare e dialogare, oggi le nuove tecnologie si sono trasformate in potenti mezzi “per elevare la distanza tra l'élite che emette messaggi e l'uditorio che subisce passivamente“ (Francesco Varanini). Il mezzo funziona alla grande. Moltitudini di persone si affidano ormai alle intelligenze artificiali, convinte di trovare le risposte che cercano, senza alcuna riflessione critica e senza interrogarsi sulla matrice ideologica che è alla base di una evoluzione tecnologica sempre più privatizzata, tecnocapitalista (per la filosofa Donatella Di Cesare, Tecnofascista), lontana e disinteressata al bene comune. L’incapacità e/o la difficoltà a comprendere questa matrice ideologica e le strategie che ne derivano, pensate per gratificare, blandire, ingaggiare emotivamente e cognitivamente gli individui, hanno come effetto l’allontanamento dalla realtà della propria esistenza, persino dal racconto della stessa. Genera e induce alla pigrizia, alla passività, alla rinuncia a esercitare la libertà (consapevole e responsabile) di pensare.

Pigrizia, passività, rinuncia, complicità, sono tutte espressioni di una resa come umani (ormai diventati bionici) alle macchine, con le quali siamo così ibridati dall’aver fatte nostre le regole di funzionamento degli artefatti non viventi che utilizziamo. Macchine alle quali abbiamo delegato il compito e la responsabilità di definire quale sia il nostro ruolo (subalterno) e le nostre funzioni quando interagiamo con loro e con le narrazioni che ce le raccontano. Sfugge ai più che dietro le macchine non c’è il vuoto, ci sono persone in carne e ossa, rappresentanti di una élite di tecnocrati, tecnocapitalisti e signori del silicio, filosofi-guardiani e politici che con le loro tecnologie, piattaforme, IA, APP, Cloud Computing, bio-sensori e con i loro dispositivi si sono impossessati delle nostre risorse identitarie con cui abitiamo i tanti metaversi online che frequentiamo.

Da esseri viventi, organismi complessi, soggetti intangibili, unici e irripetibili, ci troviamo oggi colpevolmente a essere trasformati in “oggetti” serializzati, semplici cose, trasformati in merci, sempre più preda di entità digitali,

Da esseri viventi, organismi complessi, soggetti intangibili, unici e irripetibili, pretesi “dominatori” del pianeta Terra e dei suoi multiversi, ci troviamo oggi colpevolmente a essere trasformati in “oggetti” serializzati, semplici cose, trasformati in merci, sempre più preda di entità digitali, ma soprattutto di chi queste entità produce, controlla, possiede e gestisce. 

A essere diventata una preda non è solo la nostra vita individuale e sociale (social si dice oggi) ma anche il nostro immaginario, che solitamente nasce dalla nostra immaginazione (diversa da percezione), spesso frutto di intelligenze collettive. Oggi il nostro immaginario ci viene generosamente elargito da entità artificiali che si definiscono intelligenti, impegnate a dialogare con noi per regalarci prodotti tecno-digitali da esse fabbricati e come tali artificiali. Entità (IA) che hanno l’effetto di annebbiare la nostra percezione e mente, di impedirci di elaborare immaginari individuali soggettivi, di capire il carattere disciplinare di quanto le macchine (le IA) con i loro output artificiali ci hanno generosamente regalato. 

Intenti come siamo nel gioco individuale dei PROMPT (non agendo collettivamente ci si priva della possibilità di operare insieme ad altri, per costruire narrazioni, visioni e immaginari alternativi), non ci rendiamo conto di rinunciare alle nostre visioni del mondo per adottare quelle forniteci da macchine digitali che con le loro narrazioni, prospettive e configurazioni danno forma, rendendola reale, alla nostra realtà. 

Vivendola come reale ci si impedisce ogni forma di alterità, di fantasia immaginativa, di radicalità di pensiero, di cambiamento, di destino altro da quello ormai introiettato come inevitabile. Si finisce per prendere per buono, progressista, necessario anche ciò che nella tecnologia è oggi in realtà distruttivo, genocidario, insensato e pericoloso come lo sono le rami di distruzione di massa, i droni e tutti quei dispositivi tecnologici oggi finalizzati e utilizzati per la distruzione di popoli, di controlli biometrici e sorveglianza delle popolazioni, ecc. 

A venire meno è la nostra specificità di esseri umani, di organismi viventi diversi da macchine, espressione del modo di produzione capitalistico reificante e deumanizzante che tende a trasformare tutto in cose, prodotti, merci. Macchine che oggi sono diventate anche capaci di produrre altre macchine, merci che producono altre merci, senza alcun intervento umano. Accettando passivamente questo “cambiamento” rinunciamo all’azione umana, espressione di attività frutto di una somma unitaria di funzioni, ben diverse da quelle per cui sono stati programmati i vari aggregati tecnologici e robot con cui oggi interagiamo. 

Nessuna realtà è un monolite, reale è oggi anche la realtà virtuale (in potenza), ma oggi stiamo assistendo alla presa di potere di realtà digitali e tecnologiche che sembrano dotate della capacità di ambire al monopolio e quindi di determinare causalmente le nostre esistenze. 

Come reagire? Cosa possiamo fare per difendere le nostre prerogative umane? Colonizzati come siamo, avendo smarrito il ruolo, l’essenza e la funzione umana del nostro corpo, finiremo tutti irregimentati da macchine artificiali capaci di toccare anche le nostre sfere più umane (emozioni, sguardo, volto, ecc.)? Quanto siamo disposti a credere che l’IA ci semplificherà l’esistenza, ridurrà la fatica del vivere e ci fornirà le soluzioni ad ogni problema? Come possiamo coniugare questi aspetti “positivi” e “generativi” con quelli meno affascinanti declinati in termini di controllo e sorveglianza, guerra distruzione, intrusione nella vita private delle persone, ecc.? A quali prassi dovremmo affidarci per costruire realtà alternative, collettive, solidali, non piegate alla semplice logica del profitto che governa il mondo tecno-capitalistico attuale? 

La realtà del presentismo attuale è, come tutte le realtà, una realtà prevalente su altre possibili, è una realtà determinata, una “conformazione ontologica che ha acquisito i crismi della naturalezza” (Alfredo Gatto), anche grazie alla macchina narrativa di cui dispone e che serve a imporre i principi d’ordine che la caratterizzano e sostanziano. Il primo passo da fare è di non cedere al ricatto narrativo dello storytelling tecno-ideologico dominante attuale, di continuare a pensare e a immaginare altre realtà possibili, de-coincidenti con quella conformista condivisa dai più. Bisogna evitare l’errore di sopravvalutare la realtà tecnologica e digitale, postumana e transumana, attuale e smettere di credere che coincida con la realtà “in sé e per sé”, la realtà materiale e immaginaria che viviamo ogni giorno.

 

“La realtà non è l’orizzonte del conflitto; al contrario, ne costituisce sempre l’esito. E’ il precipitato delle forze che si sono fatte (il) mondo e pretendono di rappresentare l’essenza, assumendone il monopolio” – (Alfredo Gatto, La realtà è sopravvalutata, pag. 125)

 

PS: Questo testo non è passato attraverso alcun tipo di PROMP o dialogo cone una IA generativa. Non serviva! Mi sono divertito intellettualmente di più a sperimentare la difficoltà del pensiero e della scrittura. 

StultiferaBiblio

Pubblicato il 26 ottobre 2025

Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – Co-fondatore di STULTIFERANAVIS

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