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Questo articolo dialoga idealmente con il libro Project Management Emergente, che ho letto e da cui ho tratto molti spunti per ripensare il ruolo del project manager nell’epoca dell’incertezza. Le riflessioni di quel volume, unite alle idee di Ulrich Hermanns sul “quarto shock”, tracciano insieme un nuovo orizzonte per la disciplina.


Nel 79 d.C., un’eruzione del Vesuvio cancellò in poche ore una città prospera e organizzata come Pompei. A nulla valsero competenze tecniche, reti commerciali o ordine politico: la vita quotidiana di migliaia di persone si dissolse nel giro di un giorno. La storia umana è piena di episodi simili. Imperi crollati, epidemie che riscrivono destini, rivoluzioni scientifiche che spazzano via certezze antiche.

La stabilità è sempre stata un’eccezione temporanea, eppure per secoli abbiamo coltivato l’illusione di poterla rendere definitiva.

Nel 2020, all’inizio della pandemia, l’economista e psicoanalista tedesco Ulrich Hermanns scrisse un manoscritto mai pubblicato intitolato Another Difficulty in the Path of Psychoanalysis?. Non è mai diventato un libro e non esiste un ISBN: circolò come contributo preparatorio per un numero speciale della rivista Frontiers dedicato a COVID-19 e società, poi non incluso per decisioni editoriali. Confesso che non ricordo più dove lo lessi né dove lo trovai: mi sono rimasti soltanto alcuni appunti che ho ritrovato dopo anni, ma sono sufficienti a ricostruirne il nucleo concettuale. In quelle pagine Hermanns proponeva di affiancare ai tre “shock epistemici” individuati da Freud – cosmologico, biologico e psicologico – un quarto shock, nato dall’esperienza collettiva della pandemia: la consapevolezza che non controlliamo nemmeno i sistemi sociali ed economici che abbiamo costruito. Un virus minuscolo è bastato per interrompere catene globali, sospendere economie e rivelare la fragilità di ciò che credevamo intoccabile. Non è un semplice episodio storico, ma un rovesciamento del modo in cui l’umanità pensa se stessa e le proprie capacità di governare il mondo.

Per chi gestisce progetti questa consapevolezza è rivoluzionaria. Significa ammettere che nessun piano è definitivo, che il contesto è un attore quanto il team, e che il lavoro progettuale deve saper convivere con forze più grandi di sé. È qui che nasce la figura del project manager hacker: non un nuovo titolo, ma una mutazione culturale. È colui che accetta di non poter dominare il sistema, ma sa leggerlo e usarne le dinamiche. Costruisce progetti come sistemi viventi, capaci di adattarsi. Usa l’incertezza come sensore, non come minaccia.

Freud aveva chiamato “scosse” questi momenti in cui la conoscenza frantuma le certezze umane: la rivoluzione copernicana ci tolse dal centro dell’universo; l’evoluzione di Darwin negò la nostra unicità; la psicoanalisi mostrò che non controlliamo pienamente la nostra mente. Hermanns aggiunge una quarta scossa: quella che riguarda le strutture collettive.

Per il project manager significa smettere di credere nella stabilità come presupposto e iniziare a costruire per l’instabilità come condizione di partenza.

Questa è anche la logica di framework moderni come Disciplined Agile, creato da Scott Ambler e Mark Lines e oggi parte della strategia del Project Management Institute. Disciplined Agile non propone un metodo unico, ma una “cassetta degli attrezzi” per costruire il proprio modo di lavorare (Choose your WoW – “scegli il tuo modo di lavorare”). È la formalizzazione di un principio cruciale: non esiste un processo universale, perché ogni progetto nasce in un contesto diverso. La competenza chiave del project manager oggi non è applicare dogmi, ma scegliere consapevolmente strumenti e pratiche coerenti con il sistema complesso in cui opera.

Questo cambio di prospettiva trasforma radicalmente la disciplina. La pianificazione non può più essere rigida: ogni piano deve includere margini di oscillazione e momenti di ricalibrazione. Il team diventa più di un gruppo operativo: è un organismo fatto di motivazioni e desideri che vanno ascoltati e interpretati. E il progetto stesso deve essere pensato come nodo dentro reti di utenti, istituzioni e tecnologie, capace di creare valore oltre il proprio perimetro.

Alcune pratiche semplici aiutano a sviluppare questa mentalità. Introdurre oscillazioni controllate nelle milestone per testare la resilienza. Usare sessioni di feedback “silenzioso” per ascoltare senza difendersi. Sperimentare deliberatamente con elementi ignoti – una tecnologia emergente, un nuovo stakeholder – per esplorare scenari prima che lo faccia il mondo esterno.

La lezione più importante delle “scosse” è che l’onnipotenza è un mito. Ma non è un limite: è un invito. Il project manager hacker non è un domatore del caos, ma un esploratore che trasforma il caos in terreno di scoperta. Solo chi accetta di non essere “padrone in casa propria” può progettare davvero nel mondo che ci attende.


Appendice – Le quattro “scosse” alla visione dell’uomo

  1. Cosmologica – Copernico dimostra che la Terra non è il centro del cosmo.

  2. Biologica – Darwin mostra che l’uomo è parte del processo evolutivo.

  3. Psicologica – Freud rivela il ruolo dell’inconscio nei nostri comportamenti.

  4. Collettiva – Hermanns evidenzia che non controlliamo pienamente i sistemi sociali ed economici che abbiamo creato.

Per chi guida progetti, questa consapevolezza è decisiva: non possiamo più pianificare come se fossimo onnipotenti, ma dobbiamo costruire strutture che incorporino l’imprevisto e sappiano evolversi.

Appendice II – Perché proprio Project Management Emergente

Ho scelto di richiamare questo libro perché rappresenta uno dei tentativi più lucidi e convincenti di ridefinire il project management come pratica adattiva. Lontano dalla logica del controllo totale e della pianificazione rigida, Project Management Emergente descrive il progetto come un sistema in continua evoluzione, plasmato dall’interazione tra persone, tecnologie e contesti mutevoli. La sua prospettiva, profondamente sistemica, invita a considerare l’incertezza non come un ostacolo, ma come un motore di apprendimento e innovazione. È un approccio che collima con le idee esplorate in questo articolo e con la mia ipotesi di un “project manager hacker”: entrambi propongono di abbandonare le certezze statiche del passato per costruire pratiche capaci di adattarsi e trasformarsi nel tempo.


StultiferaBiblio

Pubblicato il 26 settembre 2025

Calogero (Kàlos) Bonasia

Calogero (Kàlos) Bonasia / omnia mea mecum porto