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Da tempo mi interrogo su un fenomeno diffuso nei contesti lavorativi: quando una domanda diretta riceve come risposta non una soluzione, ma un invito a riunione. È un meccanismo che ho osservato in aziende di ogni dimensione, e che rivela qualcosa di più profondo di una semplice inefficienza organizzativa. Dietro questa abitudine si nasconde spesso una mancanza di responsabilità individuale, un modo per diluire la decisione in un gruppo invece che assumersela in prima persona.

Il calendario come specchio delle priorità

Un calendario saturo di riunioni non è solo un problema logistico: è il sintomo di una cultura dove la responsabilità viene delegata invece che assunta. Quando un Directly Responsible Individual (DRI) — cioè la persona incaricata di fornire una risposta chiara — risponde con un invito a riunione, sta di fatto dicendo: “Non sono io a dover decidere”. E così, il lavoro reale viene accantonato, i tempi si allungano, e il rischio si accumula lungo il percorso critico del progetto.

La pratica async-first, che privilegia la comunicazione scritta rispetto alle riunioni, non è una questione di stile, ma di efficacia operativa. Una risposta per iscritto obbliga a pensare, a sintetizzare, a prendere posizione. Una riunione, invece, spesso diventa un alibi per rimandare.

Un esperimento mentale: cosa succederebbe se il tempo costasse come la benzina?

Immagina che ogni riunione in agenda consumi carburante da un serbatoio invisibile: ogni invito accettato, ogni ora spesa in discussioni improduttive, fa scendere il livello. All’inizio sembra infinito, ma a un certo punto la spia rossa si accende. Non puoi "fare rifornimento": il tempo consumato è perso per sempre.

Oppure, pensa a una macchinetta del caffè aziendale che chiede un euro per ogni riunione programmata. Ogni volta che convochi o partecipi a un incontro inutile, devi inserire una moneta. Dopo un mese, quante monete avresti speso? Quante decisioni avrebbero potuto essere prese con una email, risparmiando quel tempo (e quei soldi)?

Questo esercizio mentale rende tangibile ciò che di solito ignoriamo: il tempo ha un costo reale, e ogni riunione evitabile è una risorsa bruciata. Se dovessimo pagare per ogni minuto perso in discussioni sterili, quante ne eviteremmo?

Cosa significa essere un DRI?

Un Directly Responsible Individual non è solo un ruolo formale: è una promessa di responsabilità. Chi ricopre questo ruolo deve essere in grado di fornire una risposta chiara e tempestiva, per iscritto, senza nascondersi dietro il parere di altri. Quando un DRI risponde con una riunione, sta venendo meno a questa promessa.

Le cause possono essere diverse:

  • Mancanza di competenza asincrona: non saper raccogliere input e sintetizzare una risposta senza il conforto di una discussione dal vivo.
  • Inadeguatezza al ruolo: chi è nominato DRI non ha il controllo effettivo delle informazioni o la capacità di prendere una decisione.

Ma l’effetto è sempre lo stesso: il progetto rallenta, il rischio aumenta, e la responsabilità si dissolve nel gruppo.

Comportamento efficace vs. facilitazione senza responsabilità

Un DRI che funziona lascia tracce chiare:

  • Risposte rapide e scadenze definite.
  • Input raccolti per iscritto, non in riunioni improduttive.
  • Riunioni solo quando necessario, con preparazione e documentazione degli esiti.

Al contrario, quando la responsabilità viene elusa, si assiste a:

  • Domande che diventano riunioni, e riunioni che generano altre riunioni.
  • Liste di partecipanti infinite, dove nessuno è davvero responsabile.
  • Mancanza di documentazione, perché la memoria del gruppo sostituisce la parola scritta.

L’efficienza militare e il mito delle riunioni aziendali

(Premessa: in molti fanno uso e abuso di termini militari o secondo loro di origine militare come "war room" o "situational brief" per dare un senso esotico e perfino esoterico alle riunioni, le innumerevoli riunioni, che organizzano in ogni momento del dì e della notte. Mi preme quindi spiegare a queste persone come funzionano e cosa sono le "riunioni" in ambito militare)

La mia esperienza come ufficiale dell’Aeronautica Militare mi ha insegnato che le riunioni non sono un fine, ma uno strumento di precisione. Ogni incontro aveva un’agenda definita, tempi rigorosi e, soprattutto, un esito concreto e condiviso: tutti uscivano con compiti chiari, scadenze precise e la consapevolezza di aver contribuito a un risultato tangibile. Non esistevano margini per improvvisazione o perdite di tempo: l’efficacia era misurata in decisioni prese, non in ore consumate.

Eppure, nel mondo aziendale — persino tra i cosiddetti “esperti di project management”, spesso adornati di certificazioni — le riunioni sembrano trasformarsi in buchi neri organizzativi, dove il tempo entra senza poterne mai più uscire, imprigionato per sempre. Si discute a lungo, si rimanda, si diluisce la responsabilità tra una miriade di partecipanti, e alla fine non si giunge a nessuna decisione netta. È il paradosso di una cultura che confonde la “gestione” con l’azione: dove la riunione diventa un rito, non uno strumento; dove la presenza sostituisce la produttività; dove la certificazione non garantisce competenza, ma al più la capacità di riempire un calendario.

Questo contrasto — tra la chiarezza operativa che ho conosciuto in ambito militare e la nebbia procedurale di troppe riunioni aziendali — mi ha convinto che il vero problema non sia la mancanza di tempo, ma la mancanza di coraggio: il coraggio di decidere, di assumersi la responsabilità di una risposta, di chiudere un cerchio invece di aprirne altri dieci.

Quando le riunioni servono davvero

Ci sono casi in cui la discussione sincrona è necessaria: per affrontare ambiguità, prendere decisioni complesse o risolvere questioni sensibili. Ma anche in questi casi, la preparazione scritta è il segno di una responsabilità consapevole. Senza di essa, la riunione diventa solo teatro, non azione.

Metriche per misurare la responsabilità

Da consulente Atlassian (per Jira, per Confluence e compagnia cantando...) mi capitava spesso che mi rivolgessero questa domanda: "... e poi abbiamo bisogno di KPI, delle metriche, ma da Jira non riusciamo a ottenerle". Quando invitavo il project manager pluridecorato di certificazioni professionali del tutto inutili, lasciatemelo dire, a spiegare meglio cosa intendesse dire, egli cadeva dall'albero, come la mela di Newton, con un "botto" simile a quello di una portaerei cinese che buttata giù dal Rifugio del Goûter piombasse al suolo. Un "botto" che era la colonna sonora ideale per accompagnare l'enumerazione delle certificazioni e titoli nobiliari-accademici che aveva preceduto la domanda sulle KPI... 

Ecco quindi un modo per fare chiarezza e capire quali potrebbero essere, ad esempio, delle metriche utili ottenibili da qualsiasi programma come Jira. In generale sono metriche utili per capire come si sta conducendo veramente il lavoro nel team, nell'organizzazione... e capire "dove sta la complessità" da gestire (e anche qui vorrei spendere due parole sul proliferare di corsi di preparazione e master "per la complexity management" e altre amenità, ma lo spazio a mia disposizione lo voglio usare per dire cose più utili).

Per analizzare questo fenomeno, alcune metriche possono essere utili:

  1. Reply-With-Meeting Rate (RWM): Misura la percentuale di domande che ricevono come risposta un invito a riunione invece di una soluzione scritta. Un valore elevato indica una tendenza a rimandare le decisioni invece che affrontarle direttamente.

  2. Proxy-Invite Ratio (PIR): Valuta il numero di partecipanti inutili coinvolti in ogni riunione. Più alto è il rapporto tra invitati e decisori effettivi, maggiore è il rischio di diluizione della responsabilità e di spreco di tempo.

  3. Async Displacement Minutes (ADM): Calcola il tempo complessivo sprecato in riunioni che avrebbero potuto essere evitate con una comunicazione asincrona (ad esempio, una email o un documento condiviso). Questa metrica aiuta a quantificare il costo nascosto delle discussioni sincrone non necessarie.

Questi indicatori non servono a giudicare le persone, ma a identificare i punti deboli nei processi decisionali e a intervenire con azioni concrete per migliorare l’efficienza e la responsabilità individuale.

Conclusione: riappropriarsi della responsabilità

Rispondere con una riunione è facile. Rispondere per iscritto è un atto di coraggio intellettuale. In un’epoca in cui tutti sono connessi ma pochi rispondono, riappropriarsi della responsabilità individuale non è solo una questione di produttività. È un atto di libertà — la libertà di decidere, di agire, di essere autori delle proprie azioni.

Il calendario non è solo uno strumento organizzativo: è lo specchio della nostra capacità di essere responsabili.

Riepilogo

Il sovraccarico di riunioni non è un problema tecnico, ma etico: ogni volta che un DRI risponde con un invito invece che con una decisione scritta, sta delegando non solo un compito, ma la propria responsabilità. La comunicazione asincrona non è un metodo, ma una pratica di libertà, dove la parola scritta ci obbliga a pensare, a scegliere, a esporsi. In un mondo dove tutti sono connessi ma pochi rispondono, riappropriarsi della responsabilità individuale è un atto di resistenza — contro la burocrazia, contro la diluizione del senso, contro la rinuncia a essere liberi nel proprio lavoro.

Per approfondire

1. “Team of Teams” di Stanley McChrystal

Perché leggerlo?

McChrystal, generale in pensione dell’esercito statunitense, racconta come ha rivoluzionato la struttura gerarchica tradizionale per affrontare la complessità della guerra in Iraq. Il libro dimostra che la flessibilità e la responsabilità individuale non sono solo concetti astratti, ma strumenti concreti per migliorare l’efficacia di qualsiasi organizzazione. In un mondo dove la velocità e l’adattabilità sono cruciali, McChrystal mostra come la decentralizzazione delle decisioni possa trasformare team ingessati in gruppi agili e reattivi. Un must per chi vuole capire come la responsabilità condivisa possa diventare un vantaggio competitivo.

2. “L’ordine del tempo” di Carlo Rovelli

Perché leggerlo?

Rovelli, fisico teorico e tra i massimi esperti di gravità quantistica a loop, smonta l’idea tradizionale del tempo come entità lineare e universale. Attraverso un viaggio che parte dalla relatività di Einstein e arriva alle frontiere della fisica contemporanea, l’autore mostra come il tempo non sia una variabile assoluta, ma una rete di relazioni tra eventi. Le equazioni fondamentali della fisica moderna non contengono più la variabile "tempo": passato e futuro non si oppongono come pensavamo, e persino il "presente" perde la sua centralità.

Cosa c’entra con la responsabilità e il lavoro?

Rovelli ci ricorda che il tempo non è una risorsa infinita e oggettiva, ma una dimensione relazionale e limitata: non scorre in modo uniforme, ma si "sfalda" in base a come lo viviamo e lo usiamo. In un contesto lavorativo, questo significa che ogni minuto sprecato in riunioni inutili non è solo tempo perso, ma un’opportunità persa per sempre: un’opportunità di agire, decidere, o contribuire in modo significativo. Il libro ci invita a ripensare il nostro rapporto con il tempo, non come qualcosa di scontato, ma come una risorsa preziosa da rispettare e valorizzare — proprio come la responsabilità individuale di cui parliamo in questo articolo. Ogni scelta di come impiegare il tempo ha conseguenze irrevocabili, e ogni momento trascurato rappresenta una decisione tacita di rinunciare a qualcosa di potenzialmente importante.

Colonna sonora consigliata

Antonio Vivaldi, Le quattro stagioni: "L'estate", III. Presto

Perché ascoltarla?

La frenesia del Presto dell’Estate di Vivaldi — con i suoi ritmi incalzanti, le tempeste improvvise e l’urgenza che sembra non lasciare respiro — incarna perfettamente il caos delle giornate sovraccariche di riunioni. Ascoltare questo brano mentre si legge l’articolo (o si riflette sul proprio calendario) aiuta a visualizzare il tempo che scorre inesorabile, proprio come le note che si susseguono senza possibilità di tornare indietro. È un promemoria musicale: ogni minuto conta, e ogni riunione inutile è una tempesta che ci allontana dalla vera produttività.

StultiferaBiblio

Pubblicato il 13 settembre 2025

Calogero (Kàlos) Bonasia

Calogero (Kàlos) Bonasia / omnia mea mecum porto