Lavorare oggi: tra tecnica, distanza e comunità. Come il lavoro cambia nell’epoca dell’ibrido.

Una soglia da attraversare Oggi la linea tra vita e lavoro, tra tempo libero e tempo produttivo, è più sfumata che mai. Ma forse proprio questa incertezza può diventare un’opportunità. Ripensare il lavoro non come obbligo, ma come possibilità di fare qualcosa insieme che abbia senso. Un lavoro umano, non solo utile. Che cos’è oggi il lavoro? Dove avviene, con chi, attraverso quali strumenti? Sono domande che non possiamo più dare per scontate. Fino a pochi anni fa, il lavoro era associato a un luogo fisico – l’ufficio, la fabbrica, il negozio – e a un tempo preciso, scandito da orari e presenze. Oggi, tutto questo si è fatto più incerto. Il lavoro “ibrido”, cioè a metà tra presenza e distanza, è diventato la norma per molti. Ma cosa comporta davvero?

Per una festa del lavoro umano

Possiamo osservare due trend. Il primo: esseri umani e macchine sono sempre più strettamente interconnessi, sempre più indissolubilmente interfacciati. Il secondo: ogni lavoro svolto dagli esseri umani può -o potrà- essere sostituito dal lavoro svolto da una macchina. Si può sostenere che la promessa di rendere possibile la sostituzione di ogni lavoro umano con il lavoro della macchina sia eccessiva. Ma la promessa è stata fatta. La spada di Damocle incombe. La stessa presenza della promessa svaluta il lavoro umano; e indebolisce nel presente, in ogni luogo del pianeta, qualsiasi negoziazione tesa a difendere gli spazi del lavoro umano. Il Primo Maggio è la Festa del Lavoro. Forse conviene ormai non limitarsi a dire Festa del Lavoro. Bisogna dire: Festa del lavoro umano. Non credo infatti si voglia celebrare la festa del lavoro di un robot o di un algoritmo. ritorna necessario chiedersi cosa significhi per noi umani 'lavorare'. Il lavoro va certo inteso come fonte di sostentamento; ma va innanzitutto inteso come affermazione di sé, della propria identità, autocreazione: costituisce, diceva Primo Levi, la migliore approssimazione concreta alla felicità sulla terra". Questo è ciò a cui rinunciamo se cediamo il lavoro alle macchine. Rinunciamo allo spazio per essere noi stessi. Lo spazio per sognare, agire, progettare, desiderare. Lo spazio per essere sempre più pienamente umani.

Il luddismo come monito. Un articolo scritto da un essere umano e destinato ad essere letto da esseri umani

Il luddismo, l'agire di quelle operaie e di quegli operai che agli inizi del 1800 prendevano a martellate o a zoccolate le macchine che toglievano loro lavoro, è comunemente giudicato atteggiamento retrogrado ed infantile. Ad uno sguardo più attento, il luddismo appare invece il primo passo, del tutto comprensibile ed anzi necessario, di reazione ad una novità. L'energia inizialmente indirizzata verso l'inutile attacco alla macchina trova negli anni immediatamente successivi una destinazione costruttiva. Nascono così le mutue, i sindacati, i partiti dei lavoratori. Oggi ci troviamo esattamente nella stessa situazione: seguire i luddisti nel non subire passivamente, trovare vie per rispondere costruttivamente. Questo articolo è stato rifiutato nel 2017 dalla rivista 'Prometeo'. Il motivo: è pessimista, fosco. Ma come scrivo nella conclusione "Credo che ci convenga essere turbati, spaventati, come lo erano i luddisti". Il turbamento è il necessario passaggio iniziale verso una presa di coscienza che si traduce in azione. Ripubblico qui l'articolo senza cambiare una virgola.

Quale futuro per il lavoro ibrido?

Come i pesci di David Foster Wallace, che non s’interrogano sull’acqua in cui nuotano, anche un nostro antico progenitore non avrebbe compreso la parola “lavoro”, perché tale attività coincideva con il tempo della vita, non vi era alcuna distinzione. Bisognerà attendere il XII secolo per ritrovare nel francese labeur e nell’inglese labour, termini capaci di descrivere, anche se limitatamente all’attività agricola, un’idea del lavoro assimilabile in qualche modo a quella moderna. Ma il concetto di lavoro, così come lo intendiamo noi, è di fatto figlio della rivoluzione industriale. Oggi, come abbiamo visto, i pilastri che sorreggevano quell’edificio sono crollati, uno dopo l’altro. Così quella distinzione che, nella concretezza dei gesti, non esisteva per quel nostro progenitore lontano, oggi, per molti di noi, non esiste più nel nostro “spazio mentale”....