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Una intervista per Stultuferanavis che è servita a dialogare con Loretta Napoleoni, economista dal profilo internazionale, analista politica e saggista, autrice del libro 𝐓𝐞𝐜𝐧𝐨𝐜𝐚𝐩𝐢𝐭𝐚𝐥𝐢𝐬𝐦𝐨. 𝐋’𝐚𝐬𝐜𝐞𝐬𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐢 𝐨𝐥𝐢𝐠𝐚𝐫𝐜𝐡𝐢 𝐞 𝐥𝐚 𝐥𝐨𝐭𝐭𝐚 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐛𝐞𝐧𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐞, cercando di esplorare le radici e le prospettive dei questo nuovo paradigma. L’autrice è una delle voci più lucide nello studio dei rapporti di potere che caratterizzano l’economia globale attuale. Dopo aver indagato le radici economiche del terrorismo, i flussi della globalizzazione e le contraddizioni del neoliberismo nel suo ultimo saggio, Napoleoni affronta un tema cruciale del nostro tempo: il dominio delle tecnologie digitali e spaziali nelle dinamiche del potere economico e politico contemporaneo. Un dominio che vede come protagonisti un ristretto numero di 𝐓𝐞𝐜𝐧𝐨𝐭𝐢𝐭𝐚𝐧𝐢 alla guida di aziende come Meta, Amazon, Meta, Space X, ecc. che hanno preso il controllo delle leve del potere ridefinendo i rapporti economici, lavorativi, sociali e anche democratici.


Viviamo tempi strani in un’epoca inedita e sconosciuta. Sono tempi “fuori asse”, dai contorni indiscernibili, tempi di policrisi, ma soprattutto di grandi cambiamenti epocali, imprevedibili nelle loro conseguenze sul futuro della democrazia e della società umana tutta. Nella sua fase attuale il capitalismo della globalizzazione, grazie alla volontà di potenza e alla forza di accelerazione della tecnologia, si è fatto tecnocapitalismo. Un sistema economico integrato e convergente di tecnologia e capitalismo, che ha consentito la concentrazione di potere e di ricchezza nelle mani di una ristretta schiera di tecnocrati (“tecnotitani” libertarian e anarcocapitalisti li chiama Loretta Napoleoni) interessati al profitto più che al bene comune, generando povertà disuguaglianza, precarietà, ma soprattutto mettendo a rischio la democrazia nel mondo Occidentale. La rivoluzione tecnologica ridisegna la nostra vita personale e tutto ciò che le sta intorno, genera disorientamento, sconcerto, incertezza, confusione, malessere psichico e ansia. L’innovazione tecnologica, potenzialmente in grado di contribuire al progresso dell’umanità e del bene comune, è stata sequestrata da una oligarchia di “egoisti” super-ricchi, che con i loro monopoli stanno dettando l’agenda economica e politica del tempo presente senza futuro (presentismo), dando forma a una nuova fase del capitalismo definibile come Tecnocapitalismo.

“Ognuno dentro di sé attende con ansia l’arrivo della fine del mondo” (Haruki Murakami, 1Q84)

Di tutto questo ho dialogato con Loretta Napoleoni, economista dal profilo internazionale, analista politica e saggista, autrice del libro Tecnocapitalismo. L’ascesa dei nuovi oligarchi e la lotta per il bene comune (edito da Meltemi 2025) cercando di esplorare le radici e le prospettive dei questo nuovo paradigma. L’autrice è una delle voci più lucide nello studio dei rapporti di potere che caratterizzano l’economia globale (suo il libro Economia Canaglia) attuale. Dopo aver indagato le radici economiche del terrorismo, i flussi della globalizzazione e le contraddizioni del neoliberismo nel suo ultimo saggio, Napoleoni affronta un tema cruciale del nostro tempo: il dominio delle tecnologie digitali e spaziali nelle dinamiche del potere economico e politico contemporaneo. Un dominio che vede come protagonisti un ristretto numero di Tecnotitani alla guida di aziende come Meta, Amazon, Meta, Space X, ecc. che hanno preso il controllo delle leve del potere ridefinendo i rapporti economici, lavorativi, sociali e anche democratici.


Da sempre interessato al tema della tecnoconsapevolezza (mio neologismo), le chiedo quale sia stata la molla che l’ha spinta a scrivere il suo libro proprio ora e perché sembra essere venato da un senso di urgenza analitica che sa di esistenziale, oltre che di economico, sociale e politico. Il suo libro parte dalla constatazione che nella fase attuale del capitalismo un ristretto gruppo di Signori del silicio, da lei definiti “tecnotitani”, imprenditori delle principali aziende tecnologiche mondiali come Elon Musk, Jeff Bezos o Mark Zuckerberg, abbia superato per influenza molti Stati sovrani, costruendo un sistema in cui il capitale tecnologico determina l’accesso alle risorse, all’informazione e perfino alla sfera della democrazia. Lei definisce il capitalismo nella sua fase presente come Tecnocapitalismo, una nuova forma di “realismo capitalistico” (Mark Fischer) che vede l’affermarsi di un potere economico siliconizzato sempre più centrato sulla finanza, sulla conoscenza e sulla tecnologia. In che modo definirebbe il Tecnocapitalismo e perché ha usato il mito dei Titani (la tecnologia come nuovo Olimpo da conquistare?) per indicare la nuova élite globale che lo caratterizza? In cosa si distingue dal capitalismo tradizionale e quali sono le implicazioni più profonde di questa nuova fase del capitalismo? Mi riferisco anche agli effetti determinati sulle nostre democrazie occidentali, alla sparizione del bene comune, all’(iper) consumismo (Gilles Lipovetsky) dilagante, alla percepita impossibilità di poter resistere agli oligopoli e al “tecnofascimo” (Donatella Di Cesare) delle piattaforme, e non solo.

Ho scritto questo libro per spiegare ai miei lettori come l’evoluzione dell’economia canaglia, processo iniziato con il crollo del Muro di Berlino, abbia alterato la natura del capitalismo.

L’equazione lavoro/capitale sta cambiando, il lavoro serve sempre meno e le macchine possono ormai sostituire gran parte dell’attività umana. Quindi il Tecnocapitalismo e’ una degenerazione del modello di capitalismo classico.

Al suo interno l’individuo diventa merce e consumatore e perde il controllo dei mezzi di produzione perché il suo apporto alla produzione diventa sempre meno rilevante


Le innovazioni tecnologiche hanno nutrito dai primi anni 2000 nuove opportunità di business attraendo investitori e società finanziarie che hanno contribuito a forgiare l’etica del settore High Tech fondandola su un unico principio fondamentale, il denaro. Ne è derivata una iniqua distribuzione della ricchezza e un aggravamento delle disuguaglianze. La disuguaglianza, insieme al potere e alla tecnologia, è uno dei temi centrali del suo libro. In che modo la rapidità dell’innovazione tecnologica accelera la concentrazione di ricchezza e di potere nelle mani di pochi? Il falso mito della sharing economy, frutto della narrazione tech che ha cambiato la percezione della realtà (reale è ciò che causa effetti) ha dato forma alla Gig Economy, un modello lavorativo che ha avuto conseguenze negative sul mercato del lavoro e aumentato precarietà, povertà e disuguaglianze.  Lei sostiene che la tecnologia, invece di liberare, può trasformarci in lavoratori “precari”, in semplice “merce”, in complici inconsapevoli del proprio sfruttamento. Il mercato del settore tecnologico poi si è andato caratterizzando sempre più come oligopolistico (“cane mangia cane”, “pesce grande mangia pesce piccolo”). Quali sono i meccanismi, economici o psicologici, che rendono questo processo così pervasivo? Che ruolo gioca la (tecno)finanza in questa nuova economia digitale? Pensa che fenomeni come le criptovalute, l’intelligenza artificiale o la finanza algoritmica siano espressioni del tecnocapitalismo o sue degenerazioni?

Il problema delle diseguaglianze non nasce con il Tecnocapitalismo ma con la fine della guerra fredda e lo sfruttamento della manodopera a buon mercato nell’Est Europeo ed in Cina. 

Questo modello eticamente sbagliato per società democratiche ha attecchito in Occidente dagli anni Novanta. E’ anche questo la conseguenza dell’economia canaglia. Le democrazie occidentali dovevano fermarlo ma non l’hanno fatto.

Il Tecnocapitalismo e’ figlio di questa madre. 

La tecnologia non e’ il problema, la tecnologia e’ frutto dell’abilità ed intelligenza umana e quindi se messa al nostro serviIo potrebbe migliorare la nostra vita ma e’ successo il contrario. Chi la controlla l’ha usata per sfruttarci e dunque tutto ciò ha peggiorato la nostra vita.

Nella misura in cui l’innovazione tecnologica non viene messa al servizio del bene comune ma e’ funzionale al profitto dei tecnotitani questa diventa una degenerazione della modernità. 

“Lungi dal democratizzare il mondo a rivoluzione tecnologica ha dato vita a un nuovo sistema capitalistico estremamente lucrativo che ha assunto la forma di un oligopolio globale. (Loretta Napoleoni, Tecnocapitalismo, pag. 140)

 

Viviamo dentro un presentismo (Presente Futuro) che si manifesta sempre più nella sua crescente instabilità, ingiustizia e disumanità. Gli stati Nazione si sono dimostrati incapaci a regolamentare la rivoluzione tecnologica e i suoi attori. Non hanno neppure compreso il potenziale positivo della tecnologia dimostrandosi inadatti ad abbracciare e a controllare le tante mutazioni epocali emerse e in continua emersione/formazione. Tutto ciò ha determinato una delega grande, malata, colpevole, dell’innovazione tecnologica, nelle mani di un ristretto gruppo di “spregiudicati” individui privi di scrupoli e drogati dal guadagno e dal profitto come i Tecnottitani. Ne è derivato un pericolo grande per la verità, la libertà e la democrazia. Nel libro lei afferma che la democrazia è messa in crisi dalla velocità dell’innovazione tecnologica e dalla concentrazione del potere. Quali sono, secondo lei, i tre fattori più urgenti da regolare per evitare un collasso della partecipazione democratica? Lei parla anche della tecnologia come “bene comune”. Qual è, in questa prospettiva, il ruolo dello Stato? E quali limiti intravede alla capacità dei governi di agire in un contesto dominato da colossi privati globali? Come possono i cittadini (ci sono ancora? Quanti praticano la cittadinanza attiva?), e non solo le élite, riappropriarsi della tecnologia? È possibile un uso collettivo, etico e consapevole delle piattaforme digitali?

Sicuramente la tecnologia deve essere messa al servizio del bene comune e quindi gli oligopoli tecnologici devono essere smembrati. Questa e’ la prima priorità ma non e’ facile raggiungerla perché la natura globalista di questi oligopoli riduce il controllo dello stato. Pensi solo alla scelta di dove pagare le tasse per Apple or Google.

Seconda priorità e’ la conoscenza, bisogna educare la popolazione a come gestire la tecnologia ed anche a controllarla, e questo non e’ facile perché ormai anche lo stato e’ indietro rispetto ai tecnotitani.

Terza priorità la regolamentazione, l’Europa e’ all’avanguardia ma e’ stata penalizzata. Data la situazione di oligopolio i tecnotitani possono semplicemente non immettere sul mercato europeo alcuno prodotti, vedi and esempio alcune applicazioni di AI.

E’ necessario un riassetto complessivo del settore tecnologico a livello globale ma questo penso sia difficilissimo. In alternativa il modello cinese e’ forse quello che funziona meglio, dove lo stato controlla il settore.

Nel libro lei dedica molto spazio alla “space economy” (Astrotopia) e ai nuovi baroni che si sono impegnati a colonizzarlo applicando ad esso il modello economico della crescita infinita, un modello figlio del tecno-liberismo e della sua filosofia del progresso continuo. La velocità con cui questa narrata (lo storytelling marketing costruisce la realtà) colonizzazione avviene è così accelerata da rendere impossibile alle moltitudini di accumulare conoscenze e di comprendere ciò che avviene e quali saranno le potenziali conseguenze. Quali implicazioni politiche e simboliche ha il fatto che la conquista dello spazio (oggi sempre più militarizzato) sia oggi guidata da attori privati e non da istituzioni pubbliche? Guardando al futuro, quale scenario ritiene più probabile: un rafforzamento del tecnocapitalismo attuale, una regolamentazione che lo incanali verso il bene comune, oppure un declino del modello stesso? Se dovesse scegliere tre parole chiave per descrivere il mondo del 2040, quali userebbe nel caso in cui le sue analisi/proposte venissero ascoltate, e quali se invece venissero ignorate?

Il problema dello spazio e della privatizzazione dell’orbita terrestre bassa e’ potenzialmente molto serio. Rappresenta un’ulteriore perdita di controllo da parte dello stato.

Non penso che nel futuro vedremo un declino del modello di Tecnocapitalismo, al contrario credo che la frontiera dell’orbita della terra bassa verrà conquistata dai tecnotitani e le conseguenze potrebbero essere devastanti, e.g. detriti che impediranno l’uscita senza incidenti dalla terra.

Se non ci saranno cambiamenti e se lo stato non riprende le redini dello sfruttamento dell’orbita terrestre bassa potremmo andare incontro ad un mondo distopico ed all’implosione della democrazia.

E temo che questo scenario sia al momento quello più probabile.

Il suo sguardo è globale, ma quali sono le specificità italiane di questo fenomeno? In che modo l’Italia, o l’Europa, può reagire alla pressione dei giganti tecnologici? Quali politiche pubbliche ritiene prioritarie per tutelare l’innovazione senza sacrificare la giustizia sociale e il lavoro? Che consigli darebbe ai giovani studiosi e professionisti che si confrontano con questi temi? Quali competenze e sensibilità dovrebbero sviluppare per essere cittadini consapevoli nell’era del tecnocapitalismo? Le chiedo questo perché il dibattito intorno alla tecnologia in Italia, ma forse anche in Europa (con l’esclusione forse della Francia con Benasayg, Stiegler e Sadin, dell’Olanda con Geert Lovink) sembra essere molto omologato e conformistico. Scienziati, filosofi (sempre più nella veste di tecnoguardiani)  e studiosi sembrano fare a gara a confermare le narrazioni dominanti che hanno siliconizzato il mondo e generato l’impressione che “there aren’t any alternatives”. Io credo che al contrario le alternative ci siano e passino dall’aumento di conoscenza, (tecno)consapevolezza e responsabilità, facendosi guidare dal principio speranza. Lei cosa ne pensa?

Sia l’Italia che  l’Europa possono fare molto poco, sono fuori della corsa tecnologica. Ed e’ tardi per rimettersi in corsa, purtroppo siamo destinati a rimanere ai margini.

Infine, se ha tempo per un’altra domanda, mi piacerebbe che lei potesse condividere con i naviganti della STULTIFERANAVIS una sua prima impressione sul progetto. Stanchi delle piattaforme, nostalgici del WEB dei suoi inizi, convinti del disincanto crescente verso la tecnologia (e non solo), noi siamo convinti che la soluzione sia nell’investire sulla lettura e sulla scrittura, sulla conoscenza (basta con la semplice informazione!), sulla (tecno)consapevolezza e sulla responsabilità, senza visioni apocalittiche ma puntando sul principio speranza (Hans Jonas). Per noi un modo per contrastare l’individualismo e l’egoismo imperanti sta nel riscoprire, non la Grecia ma la comunità, la cooperazione e la solidarietà. A oggi la nave contiene già mille contributi. Se della nave ha una buona percezione, la invito a salire a bordo. Grazie per questa opportunità offertami per questa intervista. 

La soluzione deve venire da noi, bisogna dire no ai condizionamenti ma questo richiede una maturità che non abbiamo, specialmente in Occidente la gente e’ convinta che l’accesso costante alla rete sia un beneficio mentre in realtà’ crea condizionamento e ci spoglia a mano a mano sei misteri diritti di cittadini.


Conclusione

Grazie, professoressa Napoleoni per la sua non comune e generosa disponibilità e per questo dialogo stimolante. Il suo libro obbliga chi lo legge (oggi non legge più nessuno) a riflettere su come l’economia digitale, i dati, l’intelligenza artificiale e la corsa allo spazio non siano semplici strumenti neutri, ma snodi fondamentali nella ridefinizione dei rapporti di potere e della convivenza sociale. È responsabilità di tutti, come singoli, come comunità, come paese, comprendere queste dinamiche e partecipare al dibattito perché la tecnologia resti al servizio dell’umanità e del bene comune. Speriamo che questa intervista stimoli ulteriori riflessioni e impegni, all’interno del progetto stultiferanavis.it, verso una società più giusta, (tecno)consapevole, tecnologicamente matura e responsabile.

“Stiamo camminando come sonnambuli verso la distopia, a meno che, qualcuno o qualcosa non riesca a svegliarci in tempo” (Loretta Napoleoni, Tecnocapitalismo, pag. 254)

Nota redazionale

Intervista realizzata per Stultifera Navis da Carlo Mazzucchelli (ottobre 2025)



 

StultiferaBiblio

Pubblicato il 05 novembre 2025

Carlo Mazzucchelli

Carlo Mazzucchelli / ⛵⛵ Leggo, scrivo, viaggio, dialogo e mi ritengo fortunato nel poterlo fare – Co-fondatore di STULTIFERANAVIS

c.mazzucchelli@libero.it http://www.stultiferanavis.it