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La presente riflessione si colloca all’intersezione tra la filosofia del tempo, le neuroscienze cognitive applicate e la teoria sistemica della complessità. Intende proporre una lettura integrata del concetto di “tempo” come risorsa cognitiva, affettiva e organizzativa, capace di informare tanto la gestione strategica dei progetti quanto le pratiche individuali di autoregolazione. Il quadro teorico di riferimento attinge da tre tradizioni: la fenomenologia del tempo vissuto (Husserl, Merleau-Ponty), il costruttivismo sistemico (Luhmann, von Foerster), e le neuroscienze affettive orientate alla regolazione emotiva e alla tolleranza della frustrazione (Damasio, Mischel, Panksepp).

La pazienza non è lentezza. È regia temporale. 

La pazienza come funzione cognitiva

Nell’attuale ecosistema cognitivo-sociale, caratterizzato da una sovraesposizione agli stimoli e da una continua pressione alla reattività, la pazienza non può più essere intesa come mera virtù morale o attitudine passiva. Essa si configura piuttosto come una funzione cognitiva complessa, integrata nei meccanismi di previsione, valutazione del rischio e controllo esecutivo. Gli studi di Walter Mischel sul delayed gratification e di Antonio Damasio sulle emozioni come vettori decisionali confermano che la capacità di differire la risposta immediata è una competenza di autoregolazione che coinvolge aree corticali prefrontali, in interazione con strutture limbiche.

La pazienza, quindi, non è lentezza. È regia temporale. Significa saper sostare nell’ambiguità, attraversare la fase di latenza di un processo senza sabotararlo. È ciò che distingue l’impulso reattivo dalla decisione consapevole.

La gestione dei progetti come esercizio di temporalità distribuita

Questo stesso principio trova una corrispondenza operativa nel Project Portfolio Management (PPM), particolarmente nel settore IT, dove l’incertezza non è eccezione ma norma. Il PPM non è mera allocazione tecnica di risorse: è un’architettura di scelte distribuite nel tempo. Esso richiede una capacità di discernimento tra l’urgenza contingente e la rilevanza sistemica, tra ciò che promette valore sostenibile e ciò che consuma energia organizzativa.

Il portfolio manager, in questa prospettiva, diventa un agente cognitivo collettivo: esercita una forma di situational awareness, orientando la progettualità collettiva in funzione non solo dell’efficienza, ma della coerenza tra scopo, vincoli e visione. Tale ruolo implica non solo pianificazione e adattamento, ma anche gestione del conflitto.

Controlled Conflict Management: il conflitto come dispositivo cognitivo

La gestione consapevole del conflitto — o controlled conflict management — rappresenta un aspetto spesso sottovalutato del funzionamento sistemico. Lungi dall’essere un’anomalia, il conflitto è la manifestazione di una divergenza interna di aspettative, risorse o interpretazioni. Gestirlo non significa reprimerlo, ma strutturarlo in modo da generare apprendimento.

Sul piano neurocognitivo, questo implica la capacità di mantenere attiva la co-regolazione affettiva all’interno di un contesto decisionale ad alta complessità. Da questo punto di vista, il conflitto non è un fallimento della comunicazione, ma una sua intensificazione critica. Pianificare checkpoint regolari, distribuire la responsabilità interpretativa, integrare strumenti di monitoraggio condiviso (Jira, Asana) sono dispositivi non tecnici, ma cognitivi: facilitano la distribuzione temporale della consapevolezza.

Proposta teorica

Alla luce di quanto emerso, si propone di considerare la “regia del tempo” non come metafora, ma come concetto operativo. Essa può essere definita come la capacità, individuale e collettiva, di modulare intenzionalmente la densità, la direzionalità e la tolleranza del tempo nei processi cognitivi e decisionali. In questa prospettiva, la pazienza non è passività, ma competenza neurofenomenologica. Il conflitto non è disfunzione, ma risorsa epistemica. E il progetto non è mai solo una sequenza di azioni, ma una coreografia di temporalità in tensione.


Note

  1. Walter Mischel, Ebbe B. Ebbesen, Antonette R. Zeiss, “Cognitive and Attentional Mechanisms in Delay of Gratification,” Journal of Personality and Social Psychology, vol. 21, no. 2, 1972, pp. 204–218. Disponibile su PubMed

  2. Antonio R. Damasio, Descartes' Error: Emotion, Reason, and the Human Brain, New York: Putnam, 1994. ISBN: 978-0-399-13894-2. Disponibile su Amazon

  3. Mica R. Endsley, “Toward a Theory of Situation Awareness in Dynamic Systems,” Human Factors, vol. 37, no. 1, 1995, pp. 32–64. DOI: 10.1518/001872095779049543. Disponibile su ResearchGate

Pubblicato il 27 maggio 2025

Calogero (Kàlos) Bonasia

Calogero (Kàlos) Bonasia / omnia mea mecum porto