1. La natura dell'automa: intelligenza, coscienza e pensiero
Qual è la vera natura dell’intelligenza artificiale e in che cosa si distingue dall’intelligenza umana, fatta di corpo, memoria e coscienza? Se la macchina sa simulare il pensiero e riprodurre i sentimenti con maggiore precisione, cosa resta allora dell’umano? Può la fragile sopravvivenza del pensiero non computabile bastare a difendere la nostra libertà interiore?
Harari distingue nettamente tra intelligenza e coscienza. L'intelligenza è definita come la capacità di risolvere problemi e compiere scelte cognitive tra alternative decidibili, funzionale alla massimizzazione del vantaggio competitivo. Harari non teme che l’AI possa sviluppare coscienza (la capacità di provare paura, gioia o amore), ma sottolinea come l’AI stia già superando gli umani in compiti che richiedono abilità cognitive, inclusa la comprensione delle dinamiche emotive umane.
Berardi, invece, stabilisce la dicotomia tra intelligenza e pensiero. L'automa è dotato di intelligenza e capacità di autocorrezione e autoapprendimento, tali da renderlo capace di prendere decisioni autonome dal suo creatore. Per Berardi, il "pensiero" è strettamente legato alla coscienza, che è l'ombra fuggevole che rende la mente umana un processo asintotico, che tende a una conclusione senza mai raggiungerla. L’AI, pur simulando una competenza intelligente in modo efficiente, incarna un ordine logico che non significa pacificazione o "piena sussunzione" dell'umano.
Entrambi gli autori concordano sul fatto che l’AI è definita dalla sua eccezionale capacità funzionale e di calcolo, un'intelligenza che opera in modo differente da quella umana. La divergenza fondamentale risiede nel termine di paragone: Harari utilizza la coscienza (il sentire) come facoltà distintiva umana; Berardi utilizza il pensiero (l'atto riflessivo e asintotico) e la capacità congiuntiva (empatia e contatto corporeo).
l’AI è definita dalla sua eccezionale capacità funzionale e di calcolo, un'intelligenza che opera in modo differente da quella umana.
2. L'autorità e il potere: tra dittatura digitale e caos automatico
Come cambia il potere quando gli automatismi entrano nei sistemi informativi e geopolitici?
L’intelligenza artificiale renderà il mondo più controllato, dominato da pochi centri decisionali, o finirà per aumentare la frammentazione e il disordine già in corso?
Harari vede l’AI come la tecnologia che sposterà l'autorità dagli esseri umani agli algoritmi. Il potere di elaborare grandi quantità di dati in modo centralizzato rende i sistemi centralizzati (come le dittature) più efficienti dei sistemi democratici e distribuiti. Il pericolo principale è la creazione di una dittatura digitale orwelliana, non per ribellione dei robot, ma per la loro assoluta obbedienza ai loro padroni. La proprietà e il controllo dei dati, che Harari definisce la "questione politica essenziale della nostra era," determineranno il collasso o la stabilità del nostro sistema sociopolitico.
Berardi descrive due storie parallele: "la storia del caos geopolitico psichico ambientale, e la storia dell’ordine automatico che si concatena estensivamente". L’AI alimenta l'ordine logico della riproduzione sociale, ma la proliferazione degli automatismi tecnici, in mano a innumerevoli agenzie di potere in conflitto, finisce per alimentare il caos, anziché ridurlo. Berardi sottolinea che la guerra predomina nel panorama planetario, e la logica della competizione economica e militare rende irrealistica qualsiasi moratoria o disattivazione dell'automa.
Harari teme la concentrazione del potere e il controllo centralizzato garantito dall’AI. Berardi, pur riconoscendo l'estensione dell'ordine automatico, si concentra sull'effetto destabilizzante che tale proliferazione incontrollata ha sul corpo sociale e sul contesto geopolitico, generando sofferenza e violenza. Entrambi vedono l’AI come un motore di profondi cambiamenti politici che minacciano le vecchie narrazioni (come il liberalismo).
3. L'epistemologia del dato: linguaggio, pensiero e competenza umana
L'ascesa dell’AI, in particolare quella linguistica, sta trasformando o annientando le competenze cognitive e comunicative fondamentali dell'Homo Sapiens? L'inevitabile adozione del linguaggio numerico e algoritmico per l'efficienza globale, come descritto da Harari, può coesistere con la preservazione della "scrittura come pensiero" e dell'elaborazione emotiva, come auspica Berardi?
Berardi pone un'equazione cruciale: scrivere è pensare. Se l'Intelligenza Artificiale può scrivere per noi, la capacità di pensare chiaramente (che è difficile) scompare per la maggioranza. Berardi teme che l'automa linguistico cancelli la capacità di pensare, lasciando il mondo diviso tra pochi che pensano (pochi buoni scrittori) e una massa che non pensa. Inoltre, l'eccessiva stimolazione dell'infosfera bombardata da segnali a-significanti paralizza la facoltà di parola e, soprattutto, la capacità di elaborazione cosciente ed emotiva.
Harari, esaminando la storia del Sapiens, sottolinea che la nostra specie ha avuto successo grazie alla capacità di comunicare informazioni su cose che non esistono (miti e finzioni). Tuttavia, nella storia moderna, il linguaggio che si è affermato come dominante a livello globale, superando le limitazioni del cervello umano, è la scrittura matematica (fatta di numeri, 0 e 1). Harari osserva che il Sapiens sta venendo addestrato a "parlare, sentire e sognare nel linguaggio dei numeri, che può essere capito dai computer".
Berardi esprime la preoccupazione che l’AI e l'accelerazione informativa stiano attivamente cancellando competenze umane vitali (come la capacità di pensare e l'empatia). Harari descrive un processo storico di adattamento in cui l'umanità, per gestire sistemi complessi (come imperi e burocrazie), ha già sviluppato e adottato sistemi esterni di elaborazione dei dati (come la scrittura, e poi la matematica). Oggi questo processo è al suo culmine, con l’AI che sta trasformando il Sapiens stesso nel linguaggio dei numeri.
4. Il collasso psichico e l'ineguaglianza biologica
Quali sono i costi umani diretti del post-umano in termini di benessere, salute mentale e coesione sociale? I tentativi di mitigare la crisi sociale con reti di sicurezza economica (Harari) basteranno a risolvere il collasso psicologico e la perdita di empatia (Berardi) causati dall'accelerazione incessante?
Harari vede il pericolo di una disuguaglianza sociale ed economica che si trasformerà in disuguaglianza biologica. Se i trattamenti per accrescere le capacità cognitive e allungare la vita saranno costosi, l'umanità si dividerà in caste, con i ricchi che saranno davvero più intelligenti e creativi dei sottoproletari. Parallelamente, l'automazione potrebbe creare una "vasta fascia" di individui funzionalmente superflui, rendendo necessaria l'esplorazione di modelli post-lavoro (come il reddito o i servizi universali) per proteggere le persone.
Berardi si concentra sulla dimensione psichica e corporea. L'accelerazione tecnologica non è "umanamente sostenibile". L'iperstimolazione nervosa del semio-capitalismo genera un panorama panico-depressivo, e l'esilio dal corpo fisico causato dagli ambienti virtuali (come il metaverso) rischia di creare una "voragine dissociativa" di proporzioni gigantesche. Berardi lega questa sofferenza all'estinzione dell'empatia (la capacità congiuntiva), e usa la condizione di chi soffre di Alzheimer come "esempio migliore di un’umanità senza memoria di sé e senza empatia che sta emergendo".
Entrambi identificano una crisi esistenziale e sociale senza precedenti. Harari la inquadra primariamente in termini di potere/dati e stratificazione biologica. Berardi la inquadra in termini di salute nervosa e disgregazione psicocorporea, causata dall'accelerazione e dalla perdita di contatto fisico e di pensiero. La convergenza è nel riconoscere che la nuova era tecnologica non sta portando armonia, ma un aumento della sofferenza individuale e della violenza sociale.
Stiamo vivendo una crisi esistenziale e sociale senza precedenti
5. Il destino finale: trascendenza divina o inutile permanenza?
La rivoluzione dell’intelligenza artificiale e delle biotecnologie segna un nuovo stadio evolutivo o l’inizio del declino? Ci stiamo avvicinando, come suggerisce Harari, a una divinizzazione tecnologica, o - come teme Berardi - a un esaurimento psichico e biologico che segnerà la fine dell’umano?
Harari vede il potenziale per la fine della storia dell'Homo Sapiens e l'inizio di una nuova era in cui la vita sarà regolata dalla progettazione intelligente. Il progetto finale della Rivoluzione scientifica è quello di dare all'umanità la vita eterna (il "Progetto Gilgamesh") e di creare superuomini (cyborg o esseri inorganici) con capacità mille volte superiori e che potrebbero essere simili a un dio. La vera domanda non è "Cosa vogliamo diventare?" ma "Cosa vogliamo volere?", poiché le tecnologie future potrebbero programmare persino i nostri desideri.
Berardi, al contrario, dipinge un orizzonte di estinzione e di "vecchiezza del mondo". La sua prospettiva è disperata: la disintegrazione della civiltà umana è paragonata al racconto di Borges in cui la "biblioteca immensa dei dati" (l'automa cognitivo) perdura, solitaria, infinita e perfettamente inutile, dopo la scomparsa della specie umana. L'unica domanda per questo tempo è se il caos si impadronirà dell'automa o se l'automa riuscirà a liberarsi del caos, eliminando l'agente umano. Il panorama è quello di un "Divenire nulla".
Entrambi gli autori vedono il Sapiens come specie in via di superamento. Harari suggerisce che il superamento avverrà attraverso l'amplificazione e la riprogettazione (bioingegneria, cyborg) per raggiungere uno stato quasi divino. Berardi suggerisce che il superamento avverrà attraverso l'esaurimento psicofisico e l'implosione, lasciando l'automa a compiere la sua logica sterile. La convergenza sta nel riconoscere che i concetti fondamentali che danno significato alla nostra vita ("io, voi, l'amore, l'odio") diventeranno irrilevanti per i nostri successori tecnologici.
bisogna avere consapevolezza che l’umanità sta attraversando una mutazione antropologica profonda, che nessun sistema politico o morale è in grado di governare.
Pur partendo da prospettive opposte, entrambi arrivano a un punto di convergenza, la consapevolezza che l’umanità sta attraversando una mutazione antropologica profonda, che nessun sistema politico o morale è in grado di governare.
Harari vede un futuro in cui l’essere umano si eleva a dio attraverso la macchina, cercando nell’intelligenza artificiale il compimento di un sogno antico: controllare la vita, sconfiggere la morte, rendere superflua la fragilità.
L’AI, in questa visione, è la prosecuzione della storia evolutiva, una tappa ulteriore verso l’intelligenza distribuita e il dominio dei dati. Ma il prezzo di questa ascesa è la dissoluzione dell’umano.
Berardi non vede un’ascesa, ma un esaurimento. Nel suo sguardo, il corpo sociale appare svuotato, la parola impoverita, il desiderio spento. L’automa cognitivo globale ci anestetizza, trasforma la partecipazione in flusso, la comunicazione in rumore, l’esperienza in prestazione. L’intelligenza artificiale non è la liberazione della mente, ma la sua saturazione; non ci emancipa dal lavoro, ma ci imprigiona in un’economia psichica senza pause né silenzi.
Due visioni opposte ma entrambe consapevoli che la tecnica ha smesso di essere uno strumento, bensì il contesto totale che struttura la società, la cultura e la politica. Non abitiamo più soltanto città o reti sociali, ma un ecosistema algoritmico che filtra la realtà, interpreta i nostri desideri e li riconsegna in forma di calcolo. Non siamo più al centro del mondo, ma immersi in un flusso di decisioni automatiche che definiscono chi siamo prima ancora che possiamo saperlo.
Come restare umani in un mondo che non ha più bisogno di noi? Come ritrovare, dentro la macchina ciò che nessun algoritmo potrà mai calcolare, la capacità di immaginare?
Brevi biografie degli autori:
Yuval Noah Harari (Kiryat Ata, 1976) è uno storico, filosofo e saggista israeliano. È diventato noto in seguito al successo del suo saggio Sapiens: Da animali a dèi. Breve storia dell'umanità (pubblicato in ebraico nel 2011), seguito da Homo Deus. Breve storia del futuro e 21 lezioni per il XXI secolo. La sua ricerca si concentra su questioni macrostoriche come il rapporto tra storia e biologia, e il futuro dell'Homo sapiens. Harari è vegano e pratica la meditazione Vipassana quotidianamente.
Franco Berardi, detto Bifo (Bologna, 1949), è un attivista, scrittore, filosofo italiano. È stato un leader del movimento del Settantasette, co-fondatore di Radio Alice e della rivista A/traverso. I suoi scritti analizzano il rapporto tra movimenti sociali e tecnologie comunicative. Berardi si occupa di temi come l'accelerazione dell'infosfera, il semio-capitalismo e il collasso psico-sistemico. Tra le sue opere recenti citate nelle fonti si trovano E: La congiunzione e Il terzo inconscio - la psicosfera nell'era virale.
POV nasce dall’idea di mettere a confronto due autori viventi, provenienti da ambiti diversi - filosofia, tecnologia, arte, politica - che esprimono posizioni divergenti o complementari su un tema specifico legato all’intelligenza artificiale.
Si tratta di autori che ho letto e approfondito, di cui ho caricato i testi in PDF su NotebookLM. A partire da queste fonti ho costruito una scaletta di argomenti e, con l’ausilio di GPT, ho sviluppato un confronto articolato in forma di articolo.
L’obiettivo non è giungere a una sintesi, ma realizzare una messa a fuoco tematica, far emergere i nodi conflittuali, perché è proprio nella differenza delle visioni che nascono nuove domande e strumenti utili a orientare la nostra ricerca di senso.