L’entusiasmo quando c’è dura comunque poco, il disincanto prende forma lentamente ma poi accelera e permane a lungo, perché il reincantamento è cosa complicata, richiede tempo, non è neppure detto che accada.
Che l’entusiasmo sia di breve durata lo dimostra in questi anni tecnologici quanto poco sia durato per ogni novità o innovazione tecnologica. La sua breve durata è stata determinata anche dall’emergere di comportamenti conformistici che si sono fatti passivi, subiti, ridotti al semplice funzionare e al trarne benefici (risultati) utilitaristici. E con questo tipo di comportamenti di entusiasmo se ne sperimenta poco.
Il disincanto di cui parlo da tempo è quello tecnologico, non si vede, forse non si percepisce neppure, non nasce dal rifiuto della tecnologia, del progresso tecnico e scientifico, ma da una riflessione critica che porta alla consapevolezza di quanto poco intelligentemente usiamo le tecnologie a scopo emancipatorio e liberatorio, vittime come siamo di scelte, utilizzi e comportamenti suggeriti da chi le piattaforme possiede e dal modo con cui sono raccontate.
Nei tempi della proliferazione entusiasta delle IA di entusiasmo ce n’è sempre meno. Come si fa infatti a essere entusiasti mentre siamo costantemente attaccati a uno schermo, mentre le IA si divertono da matte a sperimentare la loro creatività, a comporre immagini, a disegnare e a raccontarci passato, presente e futuro.
Il disincanto nasce dalla perdita di magia della tecnologia, dal suo stesso successo e diffusione che hanno generato conformismo e tanta passività (quando non si sa qualcosa la si chiede a Google Search, oggi a ChatGPT). Non ci si meraviglia più di nulla, in linea di principio non sembrano più esserci cose inconoscibili
On tutto questo però c’è forse la soluzione, un nuovo principio, la possibilità di un nuovo reincantamento, forse per cose diverse dalle quali siamo stati incantati, stregati negli ultimi 15 anni. Il principio sta, forse, nella ricerca di conoscenza e nuove conoscenze, nel comprendere l’assurdità e la perversione di piegare le nostre attività a finalità puramente utilitariste, economiche, funzionali e produttivistiche, dimenticandoci di noi come esseri umani, del sociale nel quale siamo immersi, dell’etica e della Politica.
Ma la conoscenza e la sua coscienza forse non bastano, tanto siamo, tutti ma soprattutto le nuove generazioni, così coinvolti, così plagiati, dal non capire che senza una nuova attenzione alla componente umanistica dell’uomo, ad aspetti quali la sacralità, la spiritualità, la consapevolezza che non tutto è economia, non si va da nessuna parte.
E il disincanto non farà che aumentare!