Con Legge 23 settembre 2025, n. 132, pubblicata in Gazzetta il 25 settembre u.s. denominata "Disposizioni e deleghe al Governo in materia di intelligenza artificiale" l'Italia ha di fatto promulgato e quindi reso noto il primo significativo intervento "made in Italy" sull'Intelligenza Artificiale (di seguito Ai).
Ad avviso dello scrivente è un ottimo testo. L'Italia si siede al tavolo degli adulti e individua alcune priorità essenziali guardando alla produttività e all'efficienza del mercato interno.
E' una Legge nettamente migliore di quanto si sia visto ad oggi in Inghilterra che pure aveva recitato la parte del leone nel voler essere apripista in questo complesso ambito. Una norma che in parte si coordina di più e meglio su alcune concettualità americane relative allo sviluppo dell'Ai. Naturalmente nell'inevitabile solco dell'Ai Act europeo testo che ahimè non è stato significativamente impattante e ha sollevato più perplessità burocratiche che stimoli creativi.
Esaminando brevemente il Capo I, principi e finalità meritano di essere posti in rilievo alcuni passaggi decisamente interessanti.
Venendo ad un primo esame della Legge Italiana anzitutto l'art. 3 "Principi generali": "La ricerca, la sperimentazione, lo sviluppo, l’adozione, l’applicazione e l’utilizzo di sistemi e di modelli di intelligenza artificiale per finalità generali avvengono nel rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà previste dalla Costituzione, del diritto dell’Unione europea e dei principi di trasparenza, proporzionalità, sicurezza, protezione dei dati personali, riservatezza, accuratezza, non discriminazione, parità dei sessi e sostenibilità".
Successivamente leggiamo che lo sviluppo di sistemi e modelli (vale la pena rammentare che saranno quelli di cui alle Definizioni, art. 2, comma 1°, lett. c) in quello che si potrebbe qualificare come il pacchetto della sicurezza e della supervisione avverrà: "secondo il principio di proporzionalità in relazione ai settori nei quali sono utilizzati". Già emerge un disegno saggio e oculato. Una scelta che denota l'ambizione organizzativa necessaria per garantire uno sviluppo in sicurezza di una tecnologia all'avanguardia. Utile per il benessere dell'umanità. Al successivo comma 5° una giusta precisazione: "La presente legge non produce nuovi obblighi rispetto a quelli previsti dal regolamento (UE) 2024/1689 per i sistemi di intelligenza artificiale e per i modelli di intelligenza artificiale per finalità generali".
Viene altresì fissata la precondizione essenziale, al fine di garantire tutti i principi espressi nell'art. 1 che sia assicurata anzitutto: "la cybersicurezza lungo tutto il ciclo di vita dei sistemi e dei modelli di intelligenza artificiale per finalità generali, secondo un approccio proporzionale e basato sul rischio". Ancora un interessante e più che condivisibile richiamo alla proporzionalità, non solo al rischio potenziale. Ragionevole impostazione cui peraltro fa seguito la previsione: "nonché l’adozione di specifici controlli di sicurezza, anche al fine di assicurarne la resilienza contro tentativi di alterarne l’utilizzo, il comportamento previsto, le prestazioni o le impostazioni di sicurezza".
L'art. 5 denominato: "Principi in materia di sviluppo economico" sembra accogliere le migliori e più condivisibili istanze della produttività e della competitività. Leggiamo infatti che lo Stato e le altre Autorità pubbliche: "a) promuovono lo sviluppo e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale come strumento per migliorare l’interazione uomo-macchina nei settori produttivi, la produttività in tutte le catene del valore e le funzioni organizzative, nonché quale strumento utile all’avvio di nuove attività economiche, al fine di accrescere la competitività del sistema economico nazionale e la sovranità tecnologica della Nazione nel quadro della strategia europea".
Pur ricordando che nel testo sono presenti delle apposite deleghe e vengono indicati e creati organismi tanto per lo sviluppo e la supervisione digitale in particolar modo nella cybersicurezza, "commuove" in positivo finalmente il coraggio di voler associare questa tecnologia a elementi come: "accrescere la competitività del sistema economico nazionale e la sovranità tecnologica della Nazione" il tutto peraltro accogliendo la versione transumanista dell'interazione uomo-macchina già filosoficamente riferibile all'internet of things.
Il testo nobilita un orgoglio nazionale che in questo ambito della ricerca non si registra da troppi anni.
Vorrei ricordare a tutti che i nostri ricercatori non sono secondi a nessuno. Che tutte le più grandi scoperte del secolo scorso sono state sempre anticipate e studiate da Italiani. Che il nostro contributo è stato essenziale e che non abbiamo bisogno di importare nessuna stampella o coperta di Linus perché possiamo, se vogliamo, essere competitivi.
Viaggiare con il freno a mano tirato nella nazione della Ferrari e della Lamborghini spiace ma non è il modo di concepire la nuova era che si sta aprendo davanti a noi. L'era dell'innovazione trasformativa. E il comma b) sempre dell'art. 5 ha cura di precisare: "favoriscono la creazione di un mercato dell’intelligenza artificiale innovativo, equo, aperto e concorrenziale e di ecosistemi innovativi".
Ben condivisibile e adeguato alle esigenze attuali il comma d) quanto indica che: "indirizzano le piattaforme di e-procurement delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in modo che, nella scelta dei fornitori di sistemi e di modelli di intelligenza artificiale, possano essere privilegiate quelle soluzioni che garantiscono la localizzazione e l’elaborazione dei dati strategici presso data center posti nel territorio nazionale, le cui procedure di disaster recovery e business continuity siano implementate in data center posti nel territorio nazionale, nonché modelli in grado di assicurare elevati standard in termini di sicurezza e trasparenza nelle modalità di addestramento e di sviluppo di applicazioni basate sull’intelligenza artificiale generativa, nel rispetto della normativa sulla concorrenza e dei principi di non discriminazione e proporzionalità". Il che apre tra l'altro ad una tecnologia Italiana su territorio Italiano. Sviluppata e supervisionata come un "campione nazionale". Una tecnologia che si coordina, grazie a interventi programmatici di implementazione, con la cybersicurezza e con lo sviluppo di una dorsale irrinunciabile di innovazione che guarda espressamente alla robotica e alla sanità, come pure alle biotecnologie e per effetto alla genetica. Tutti settori espressamente richiamati direttamente o indirettamente dalla Legge.
Non a caso l'art. 6 denominato "Disposizioni in materia di sicurezza e difesa nazionale" rafforza il coordinamento in favore delle attività svolte dall'agenzia per la cybersicurezza nazionale, per la difesa (sicurezza) dello spazio cibernetico e guarda alle attività di difesa delle Forze armate e di polizia che svolgono attività non solo direttamente finalizzate alla sicurezza della nazione ma anche alla prevenzione e quindi al contrasto di alcuni reati. Il tutto portato a compimento "nel rispetto dei diritti fondamentali e delle libertà previste dalla Costituzione e di quanto disposto dall’articolo 3, comma 4, della presente legge".
Pur se brevemente giova sul punto soffermarsi sui plurimi richiami alla cybersicurezza presenti nella Legge laddove non è sbagliato precisare che l'Italia ha numerosi problemi sul punto. Cominciati ad essere preoccupanti in termini di criticità nel 2023 e ad oggi siamo una delle nazioni più esposte su questo fronte. Pertanto è del tutto logico (e necessario) che il Governo intervenga giacché risulta altamente probabile che questo asset sia essenziale in ipotesi di conflitti noti o meno noti. Le guerre "cyber" sono spesso combattute senza il coinvolgimento della pubblica opinione.
Tutto ciò posto, già questa prima essenziale panoramica di alcuni dei temi valoriali che hanno ispirato la Legge rappresenta un gran bel passo avanti (e nella direzione più efficace) rispetto alle ingessature dell'Ai Act europeo che con la sua burocratizzazione esasperante vuole trasformare le attività produttive in un isterica serie di controlli stereotipati da una fobia irrazionale per la sicurezza. Un concetto di sicurezza informatica miope e vincolato ad un esasperazione esistenzialista del rischio Ai più in chiave Hollywood (per narrativa) invece che scientificamente orientata ad un diplomatico sviluppo di un settore che prima di tutto guarda all'eccellenza dei sistemi nazionali. Per garantire la competitività e il benessere. In grado di apportare quella innovazione essenziale e trasformativa che renderà la vita umana più sicura sviluppando protocolli per la ridefinizione delle grandi sfide generazionali.
Un approfondimento merita anche il richiamo al principio antropocentrico ispiratore della Legge come impresso dal Legislatore e sul cui contenuto si leggono alcune valutazioni ondivaghe.
La voluta menzione del Governo Italiano ci riporta all'uomo vitruviano. Epicentro di un idea umanista di perfezione dove l'uomo è espressione di un'architettura universale ed egli, in piedi e con le braccia aperte, entro un cerchio e un quadrato esprime la concezione rinascimentale della centralità del suo Io. Portatore di una verità numerologica quasi escatologica. La sua impronta è la sfida all'evoluzione. Rivendicando ciò che è stato e quello che sarà. In suo nome. Secondo Vitruvio, l’ombelico è il naturale centro del corpo umano, mentre è uguale la distanza tra piedi e sommità della testa e quella tra le punte delle dita delle due braccia. Estensioni che non appartengono all'Ai. Confinata nel limbo del digitale.
Pertanto il principio antropocentrico Italiano è quello dell'homo faber. Il cultore, artefice quanto artigiano della propria sorte. Egli incarna il motto "homo faber fortunae suae". E' colui che riflette, sceglie e controlla. Possiede e si esprime secondo una dignità che fa proprie le tradizioni filosofiche e religiose delle epoche. In questa visione la supremazia dell'uomo sulla macchina è legata al tempo e alla sua progettualità. Senza dimenticare il noto "cogito ergo sum" cui le macchine intelligenti potrebbero ambire ma andando oltre questo aspetto: guardando all'ontologia della realtà dove ciò che esiste è osservato anche dal punto di vista del modo in cui esiste.
Questa visione, non senza risvolti a volte drammatici, ha ispirato le grandi rivoluzioni industriali o agricole. E nell'era del consumo e del materialismo più finalizzato all'utilitarismo ci ha portato all'icona dell'uomo il cui agire ha fatto proprie le esplorazioni. Guardando oltre il cielo. Fino alle stelle. Come pure volgendo analogo sguardo all'indagine della fisica quantistica. L'immensamente grande tocca l'incredibilmente piccolo, microscopico. E' un orizzonte. Oltre che una frontiera. Il figlio dell'antropocentrismo moderno indaga, scopre. Sceglie di esplorare. Naturalmente con un bagaglio significativo di errori commessi nella costante promessa di non ripeterli. Spesso non evasa. Ma è anche un uomo che sceglie di non essere timoroso in balia degli Dei. Di credenze che lo vincolano e lo costringono al misticismo. In omaggio a quell'orizzonte, a quella frontiera egli rifugge le irritualità e le fantasie. Guardando con fiducia all'innovazione. Dove le macchine intelligenti gli daranno il potere di comprendere il nuovo mondo.
Questa Legge rivendica con un certo orgoglio ciò che possiamo fare. Che possiamo essere. E tutto quello che possiamo diventare.