Ho in mano un saggio sincero, profondo, aperto, autoriflessivo, privo di fronzoli e ammiccamenti. Ermeneutica di Proust, 1987. (Una curiosità: è il primo libro pubblicato dalla casa editrice Guerini).
Allora Ferraris aveva trentun anni. Il pensiero del filosofo si snoda e si articola, sempre fluido. La Recherche di Proust, è il testo di cui si parla, ma in fondo sempre solo il pretesto per ogni ricerca, sul confine sfumato tra arte e filosofia.
Viene da chiedersi: come è possibile che l'autore di queste pagine si sia trasformato in tronfio e cinico apologista del telefonino, banale critico di Gesù Bambino, impenitente inventore di formule che ricicciano l'ovvio -dal nuovo realismo alla documentalità-, sempre in cerca di gerghi tesi ad annichilire i lettori, e a rinserrare le fila degli addetti ai lavori.
Sono la stessa persona, possiamo chiederci, il Ferraris che ha scritto quelle pagine e il Ferraris capace di trasformare l'ontologia sbandierata in ideologia al servizio della costruzione del filosofo-personaggio adatto a esibizioni televisive, a lenzuolate sui quotidiani, alla raccolta di finanziamenti per pomposi centri di ricerca... Fino al farsi strenuo sostenitore del Webfare...
Dobbiamo inferire che giovava al giovane filosofo la contiguità con Hans-Georg Gadamer più di quanto gli giovò invece poi la contiguità con Derrida?
Ci resta la libertà di buttar via, dopo ogni tentativo di riprendere la lettura, i suoi libri tanto spocchiosi quanto vuoti.
Ci restano queste pagine limpide, che ci invitano a scoprire in noi il filosofo e l'artista.
E a leggere Proust.
Basta aggiungere qui qualche minima citazione tratta dal saggio.
"La filosofia non è specchio e descrizione conforme di realtà esterne, ma autoriflessione, produzione di una realtà di tipo performativo che non esisteva prima dell'attività filosofica. La filosofia specula su se stessa, cioè sulla propria tradizione. (...)
Arte e filosofia divengono, da un punto di vista ermeneutico, solidali per il fatto che in entrambi i casi si ha a che fare con una esperienza della canonicità dei testi in cui la parola filosofica o letteraria, nella sua dimensione speculativa, fonda e apre un mondo che non esisteva prima di essa."
"Si tratta di restituire ai minimi segni il significato che l'abitudine gli aveva tolto."
"L'arte è creazione, ma creazione in un senso proprio e biologico. Da questo punto di vista, per Proust la grande arte, proprio in quanto è creazione, è sempre biografia e autobiografia in un senso fisiologico e etimologico."