Come prevedibile, dopo le elezioni americane la Rete e le piattaforme dei social si sono andate popolando di commenti e post. Molti, forse troppi, tutti intenti a sottolineare che lo avevano previsto, pochi a riflettere sugli effetti. Uno di questi, che interesserà molte persone, è la tristezza.
Contro le passioni tristi in tempi caotici e incomprensibili serve una forte resistenza
Viviamo da tempo una realtà fatta di passioni tristi, di insicurezza e incertezza che si trasformano in tristezza. Una tristezza per molti insopportabile che genera sofferenza, malessere psichico, angoscia e incapacità di ritrovare (la luce) la speranza.
Di passioni tristi parlava Spinoza. Ne ha parlato con un bellissimo libro il filosofo, Miguel Benasayag. Un libro pieno di spunti interessanti su come fare a evitare pessimismo e facili ottimismi, impegnandosi a ricercare ciò che serve per resistere, in un mondo sempre più percepito come abitato da bruti, al fatalismo e all’impotenza.
La tristezza di molti nasce dal non riconoscersi più nelle cose del mondo, dalla mancanza di senso, dal vuoto che si è impossessato di loro. In un’epoca ipertecnologica, che ci racconta viaggi su Marte e macchine con intelligenze artificiali capaci di trasformarci in cyborg, la percezione è di stare precipitando, in un baratro da cui pochi si salveranno.
Mentre si celebra l’era prometeica per eccellenza, che rafforza l’idea dell’onnipotenza umana, molti sentono di vivere un’era oscura, l’era dell’impotenza. Per questo stanno perdendo, con disagio e paranoica angoscia, ogni speranza nel futuro. Altro che felicità da perseguire ad ogni costo. E' l’infelicità l'habitat della vita di molti, dentro vite caratterizzate da incertezza, precarietà, povertà, disuguaglianze, perdita di legami relazionali, autismo da social, estraniazione e virtualizzazione delle loro vite.
Le passioni tristi, la tristezza, incidono nell’esistenza di molti, bloccano ogni spinta al cambiamento, creano disorientamento, rendono illusorie tante promesse, alimentano minacce e crisi profonde, impediscono di pensare, di riflettere e programmare.
Di fronte agli eventi e alle emergenze che si susseguono, molti coltivano la voglia di scappare, di rintanarsi, di rimuovere, come se quello che vivono non sia colpa o responsabilità loro. Come spiegano gli psicanalisti però il rimosso ritorna sempre e non fa che aumentare tristezza e diffondere passioni tristi.
Tornare a costruire ideali e mondi futuri, nuove utopie
Bisognerebbe tornare a costruire ideali e mondi futuri, nuove utopie, lasciare spazio ai desideri e alla voglia (diversa dalle voglie) di vivere, di esistere, di esserci.
Come dimostrato anche dalle elezioni americane del 5 di novembre, viviamo tempi nei quali, nell’impossibilità di soddisfare bisogni e desideri, si finisce per accontentarsi di quello che offre il convento, di quello che si trova. Ma accontentarsi, senza agire con conoscenza, consapevolezza e responsabilità, non serve per allontanare tristezza e passioni tristi, incubi e distopie varie.
Che fare allora?
Bibliografia
- M. BENASAYAG – G. SCHMIT, L’epoca delle passioni tristi, Feltrinelli, 2004, pp. 129