Chrestotes o Agathosyne?

Una delle cose che più di tutte mi ha affascinato (se non del tutto folgorato) in questo mio percorso di studi intrapreso negli ultimi anni è il significato della parola agathosyne (ἀγαθωσύνη), trovata per la prima volta tra le righe dell'enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco.

Parole oltrepssate: [stu·pi·di·tà]

Stupidità s. f. [dal lat. stupidĭtas -atis, der. di stupĭdus «stupido»]. – 1. letter. Stato di torpore, insensibilità o sbalordimento, causato da condizioni fisiche o morali: [il succo del papavero] Lene serpendo per le membra, acqueti A te gli spirti, e ne la mente induca Lieta stupidità (Parini). 2. Lo stesso, e più com., che stupidaggine, per indicare scarsità o mancanza d’intelligenza: ha dato prova di grande s.; la s. degli altri mi affascina, ma preferisco la mia (Ennio Flaiano); la s. di un discorso; ma meno com. con sign. concreto, cioè detto, azione, comportamento non intelligente: dire, fare una s.; è stata una s. non accettare l’incarico. (Treccani.it)

Auto-Tune del pensiero. Apparire o essere?

Nel campo dell’audio professionale esiste un software chiamato Pro Tools, lo stesso ambiente digitale in cui nascono molte produzioni musicali contemporanee. È uno strumento che può servire tanto a modellare una voce quanto a filtrare il rumore, rendendo più chiare le frequenze di un suono. In ambito tecnico, viene impiegato anche per scopi di analisi acustica, come la pulizia e la separazione delle voci in registrazioni ambientali effettuate dalle Forze dell'Ordine. La differenza non sta nel programma, ma nell’intenzione di chi lo usa. Nel primo caso, la macchina serve a rivelare meglio la realtà; nel secondo, a coprirla con un effetto di perfezione. Pro Tools, usato bene, chiarisce ciò che il rumore nasconde. L’Auto-Tune, usato male, cancella ciò che la voce autentica potrebbe dire. È la stessa linea sottile che separa l’intelligenza artificiale come strumento di comprensione da quella usata come trucco cognitivo. Tutto dipende da come si sceglie di ruotare la manopola: verso la verità o verso l’effetto artificiale.

Siamo parole in carne e ossa

Quando, con le nostre voci o con il nostro silenzio parliamo,𝐜𝐢 𝐬𝐜𝐨𝐩𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐨𝐬𝐭𝐢 𝐝𝐢 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐬𝐢 𝐢𝐧𝐜𝐚𝐫𝐧𝐚𝐧𝐨 in ogni ruga che attraversa i nostri sguardi, in ogni arricciatura che le nostre labbra prendono e in ogni gesto che, partendo da un dentro turbolento e complesso, si dirige sempre verso un esterno dove quel disordine sembra rispecchiarsi, come causa o conseguenza.

[fu·tù·ro]

“futuro [dal lat. futurus] – Che sarà o verrà in seguito; ciò che, rispetto al presente, deve ancora avvenire. Il tempo che verrà o gli avvenimenti che in esso si succederanno: prevedere, indovinare, predire. In grammatica, tempo futuro, categoria del verbo che indica l’azione in quanto si deve svolgere nel futuro. Sotto l’aspetto morfologico, il futuro italiano proviene da una precedente forma perifrastica del latino volgare: darò da dare habeo; in varie lingue, invece, la perifrasi è ancora presente: così in tedesco, dove si ricorre all’ausiliare werden «divenire», o in inglese, dove si utilizza shall «dovere» e will «volere».” (Treccani.it)

[scàr·to]

scarto [der. di scartare] Di poco valore, di qualità scadente: roba, merce scarta. Lo scartare, cioè il rifiutare, l’eliminare qualcosa dopo una scelta. Cosa o insieme di cose di scarso valore, di qualità inferiore. Spostamento laterale brusco e improvviso, deviazione da un tracciato, da un percorso definito. Differenza, distacco esprimibile in valori numerici. (Treccani.it)

Don Ferrante non basta. Dal pensiero relazionale di Riccardo Manzotti a un uso responsabile dei modelli linguistici.

Cosa distingue davvero l’intelligenza artificiale dalla coscienza umana? Partendo dalla teoria della Mind–Object Identity di Riccardo Manzotti, questo articolo propone una lettura critica dei modelli linguistici generativi come strumenti potenti ma non autonomi. Gli LLM predicono, non comprendono. Non sono cervelli alternativi, ma interfacce statistiche che vanno integrate in infrastrutture cognitive responsabili. Oltre l’entusiasmo e il negazionismo, la vera sfida è progettare un uso consapevole e tracciabile dell’IA, distinguendo prestazione linguistica da comprensione situata. Una riflessione per chi vuole pensare il digitale con rigore e senza scorciatoie.

[cul·tù·ra]

Cultura rinvia alla forma di un participio futuro, come natura, creatura, ventura; la stessa parola latina futurus è participio futuro del verbo esse (così come presente è un participio presente – da præesse, essere di fronte – e passato è un participio passato – da passare). La matrice che genera la parola cultura è un verbo latino, còlere, che significa innanzitutto coltivare, anche nel senso figurato di avere cura, trattare con attenzione o con riguardo, quindi onorare; per estensione, perché la coltivazione implica la stanzialità, significa anche abitare. Da tutto questo prendono vita parole comuni e diffuse come: agricoltura, culto, colonia e colono, inquilino... oltre a coltivare, e cultura.

Ridare un senso alle parole

Un testo tratto dal mio ultimo libro 𝐍𝐎𝐒𝐓𝐑𝐎𝐕𝐄𝐑𝐒𝐎 -𝐏𝐫𝐚𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐮𝐦𝐚𝐧𝐢𝐬𝐭𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐫𝐞𝐬𝐢𝐬𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐚𝐥 𝐌𝐞𝐭𝐚𝐯𝐞𝐫𝐬𝐨. - Nella società delle piattaforme il linguaggio, semplificato e mummificato dentro concetti, memi e acronimi (spesso in lingua inglese), sembra servire principalmente a fare la cronaca delle nostre vite, istante dopo istante, a navigare la nostra epoca fatta di applicazioni social, di profili digitali parlanti, le cui identità poco rispecchiano il vissuto reale delle persone che li hanno creati. A parole tutti siamo alla ricerca di felicità e gratificazioni, nella realtà percepiamo di essere intrappolati negli automatismi di macchine, lineari nei loro funzionamenti, “equivoche” nelle loro intenzioni e nei loro obiettivi, alle quali abbiamo dato una delega di responsabilità in bianco. Per questo incapaci di soddisfare i reali bisogni che caratterizzano la vita reale, di noi che ancora siamo umani.

[ge·ne·ro·si·tà]

generosità [dal lat. genus - generis - generosĭtas -atis]. Una forza di libertà, una virtù non economica, un tratto dell’animo umano, ereditato alla nascita, che si manifesta in altruismo, disinteresse, capacità di perdono e disponibilità al sacrificio. Gesto dalle conseguenze imprevedibili, anche rischioso, perché tiene insieme bisogni propri e altrui, delle persone e del contesto familiare (la generosità si forma dentro casa). Compone la dotazione morale e spirituale del carattere. Genera riconoscenza e molti effetti positivi anche se non sempre misurabili o percepibili. (Treccani.it)

Carezzare le parole - Parole inflazionate, parole ricche di significati

Per comprendere il nostro modo di guardare alla realtà e a cosa ci stia succedendo, sempre che lo percepiamo, ne sentiamo la necessità e/o l’urgenza, dobbiamo partire da una riflessione attenta, ermeneutica, sulle forme, espressioni, contenuti e parole del nostro linguaggio. Intenti a abitare mondi diversi, molti dei quali virtuali, rischiamo di non comprendere fino in fondo quanto abitare una lingua, farne la propria dimora (dal latino demorari - indugiare, tardare, attendere, arrestarsi stabilmente in un luogo), sia fondamentale, per capire sé stessi, gli altri e la realtà esistenziale nella quale siamo tutti confinati.- 𝗨𝗻 𝘃𝗶𝗮𝗴𝗴𝗶𝗼 𝗶𝗻 𝗽𝗶ù 𝗽𝘂𝗻𝘁𝗮𝘁𝗲 𝗰𝗼𝗻 𝘁𝗲𝘀𝘁𝗶 𝘁𝗿𝗮𝘁𝘁𝗶 𝗱𝗮𝗹 𝗺𝗶𝗼 𝗹𝗶𝗯𝗿𝗼 𝗢𝗟𝗧𝗥𝗘𝗣𝗔𝗦𝗦𝗔𝗥𝗘 - 𝗜𝗻𝘁𝗿𝗲𝗰𝗰𝗶 𝗱𝗶 𝗽𝗮𝗿𝗼𝗹𝗲 𝘁𝗿𝗮 𝗲𝘁𝗶𝗰𝗮 𝗲 𝘁𝗲𝗰𝗻𝗼𝗹𝗼𝗴𝗶𝗮.

15 maggio. Il dovere di pesare le parole

Stamattina ho riaperto un libro digitale che avevo sfiorato giorni fa. Il titolo ancora mi parlava — Ipnocrazia. Un concetto affascinante, evocativo, carico di risonanze contemporanee. Rappresentava, in un certo senso, una sintesi delle mie inquietudini. L’avevo acquistato d’impulso, attratto dalla promessa di una riflessione sul potere ipnotico dell’informazione. In parte ci avevo creduto. In parte avevo voluto crederci. Mi sono accorto, però, che il problema non era il libro in sé, né il fatto che l’autore si sia rivelato una finzione, un’invenzione editoriale costruita tra intelligenze umane e artificiali. Il vero problema è che non mi ero fermato. Non avevo interrogato fino in fondo la fonte. Avevo lasciato che la plausibilità del testo, la sua coerenza stilistica, la sua forma accurata mi bastassero.