Go down

C'è un tipo specifico di tempo – chiamatelo ritardo mentale o chiamatelo riflessione o chiamatelo come volete – che sembra sempre più difficile da abitare ora, e intendo ora nel senso che significa sia "questo momento storico" che "questo effettivo secondo di coscienza in cui vi trovate mentre leggete questo", e se questa confusione sembra già fuori luogo potrebbe essere perché l'adesso stesso è stato deformato, che è un po' il punto.


C'è un tempo, o una sorta di ritmo affettivo che sembra più difficile da individuare, invaso da una struttura temporale ambientale che non richiede l'uso di un chatbot o l'apertura di un prompt, perché sta già operando come il ritmo generalizzato di come appaiono le attività, o i blog appaiono nel tuo feed, e come il significato si presenta come già supposto che si sia verificato.

Questa preoccupazione non è nuova. Walter Benjamin, cercando di capire cosa stessero facendo il cinema, la riproduzione meccanica e la modernità urbana, notò come l'accelerazione tecnologica sostituisse qualcosa di più lento e disordinato e, in mancanza di una parola migliore, si sentisse. Ha descritto una condizione in cui il ritmo dell'esperienza moderna ha superato la nostra capacità di riflettere su di essa come esperienza – un'esperienza dell'esperienza come assenza di esperienza – in cui il campo sensoriale è arrivato troppo velocemente perché qualcosa di simile al significato si formasse in profondità. La distrazione, per Benjamin, era un sintomo storico di troppe cose che accadevano troppo in fretta per essere assorbite.

Il che mi porta a Henri Bergson, il filosofo francese che ha definito un'idea radicalmente diversa di tempo, che non misura secondi o minuti, ma tiene traccia di come il tempo viene vissuto. Ha chiamato questa durata, o la durée, l'allungamento, la compressione e la stratificazione del tempo così come è registrato dall'interno di una coscienza che non sperimenta il mondo come una linea temporale. Per Bergson, la durata è il dispiegarsi interno di un momento che non finisce mai di arrivare, non si esaurisce mai nella rappresentazione.

Nella visione di Bergson, il pensiero e l'esperienza sono duraturi: ricorsivi, strutturati affettivamente, pieni di ritardi e anticipazioni che non si basano su alcuna metrica esterna. Resiste alla previsione perché la previsione la appiattisce, la rende qualcosa di diverso da se stessa.

Ecco perché l'IA, con tutto il suo potere generativo, presenta uno strano paradosso: simula la cognizione rimuovendo la durata. Opera in un ritmo che sembra superficialmente senza soluzione di continuità, ma è fondamentalmente fuori luogo con ciò che si prova a pensare, a ricordare, a essere dentro un'idea prima che si risolva.

Ed è anche il motivo per cui ho resuscitato questo pezzo, linkato sotto, come una sorta di protesta. L'ho scritto anni fa, quando tenevo un corso di memorie, per modellare Bergson in forma narrativa. È un ricordo della mia giovinezza, dell'assenza e di come il tempo si piega quando ricordi qualcosa che una volta ti ha piegato.

Il mio saggio


Pubblicato il 03 ottobre 2025

Owen Matson, Ph.D.

Owen Matson, Ph.D. / Designing AI-Integrated EdTech Platforms at the Intersection of Teaching, Learning Science, and Systems Thinking

drmatsoned@gmail.com