Go down

Sto leggendo L’idiota di Dostoevskij.


Il principe Myškin è uno di quei personaggi che, se lo incontrassi in ufficio, probabilmente finirebbe subito etichettato come “strano”: dice quello che pensa, non fa calcoli, non trama piani, non ha filtri strategici. In altre parole, non ha ancora frequentato nessun corso di comunicazione efficace.

Eppure, è proprio questa sua “ingenuità” a renderlo sconcertante. Non sai mai se sentirti ammirato o a disagio. Perché quando qualcuno è totalmente coerente tra ciò che pensa e ciò che dice, il problema, spesso, non è lui.

In azienda un “Myškin” può diventare l’elemento fuori sincrono: quello che fa saltare la riunione con una frase semplice, ma devastante. Lo lasci parlare? Lo promuovi? O lo mandi a fare team building sperando che impari a “mediare”?

La verità è che questi incontri sono crash test per il nostro pensiero. Possiamo liquidarli come anomalie, oppure riconoscerli come occasioni di apprendimento radicale. La scelta racconta molto di più su di noi che su di loro: la sua trasparenza mette a nudo la nostra opacità. E questo, ammettiamolo, infastidisce.

Ogni volta che incontriamo qualcuno così, possiamo liquidarlo come inadatto oppure usarlo come specchio. Ma guardarsi dentro, quando lo specchio è così impietoso, è un esercizio che pochi hanno il coraggio di fare.


Pubblicato il 15 agosto 2025