Introduzione
Il saggio "The Art of Misuse" di Jon Ippolito, pubblicato nel 2002 come contributo al catalogo elettronico della mostra Telematic Connections: The Virtual Embrace (2001-2002), curata da Steve Dietz per Independent Curators International, rappresenta un contributo seminale alla teorizzazione della pratica artistica nell'era dei nuovi media. L'argomento centrale del testo si articola intorno a una tesi provocatoria quanto lucida: la creatività autentica nell'uso artistico della tecnologia non risiede nella padronanza strumentale dei dispositivi secondo le loro funzioni progettate, ma nella loro deliberata e intelligente misuse – un termine che potremmo tradurre come "uso improprio", "sovvertimento" o "riappropriazione critica".
Il contesto della pubblicazione è significativo. La mostra Telematic Connections, che ha viaggiato attraverso varie istituzioni statunitensi tra il 2001 e il 2002, esplorava le modalità con cui gli artisti utilizzavano Internet e le nuove tecnologie per indagare sia le aspirazioni utopiche di una coscienza globale espansa, sia le conseguenze distopiche della mediazione tecnologica nelle comunicazioni umane. Il saggio di Ippolito fornisce una cornice teorica essenziale per comprendere non solo le opere esposte, ma l'intera genealogia dell'arte tecnologica dalla metà del XX secolo.
La Genealogia del Concetto: Nam June Paik e il Paradigma della Misuse
Ippolito costruisce la sua argomentazione a partire dall'esempio paradigmatico di Nam June Paik e della sua opera Magnet TV (1965), in cui l'artista coreano posizionò un potente magnete sopra un televisore, distorcendo le immagini trasmesse in pattern geometrici astratti. Questa operazione apparentemente semplice viene interpretata da Ippolito come un gesto carico di implicazioni teoriche e politiche: violando non solo le istruzioni d'uso del dispositivo ma anche le assunzioni ideologiche sottese al suo utilizzo massificato, Paik avrebbe "sfruttato il potenziale nascosto della tecnologia in modo intelligente e rivelatorio".
L'autore prosegue tracciando una genealogia della misuse artistica che risale almeno agli anni Sessanta, includendo opere come One for Violin Solo (1961), sempre di Paik, in cui l'artista sollevò lentamente un violino sopra la testa per poi frantumarlo su un tavolo, e Random Access (1963), installazione che esponeva le meccaniche interne di un registratore a nastro permettendo agli spettatori di manipolare direttamente la testina di lettura.
La scelta di Paik come figura centrale non è casuale. Come ex curatore del Guggenheim Museum e organizzatore della retrospettiva su Paik del 2000, Ippolito possedeva una conoscenza approfondita dell'opera dell'artista coreano. Inoltre, Paik stesso aveva articolato il suo approccio alla tecnologia in termini che risuonano fortemente con la tesi di Ippolito: "La televisione ci ha attaccato per una vita intera – ora noi contrattacchiamo" e la celebre affermazione "Uso la tecnologia per poterla odiare propriamente".
Modalità di relazione con la tecnologia
Una delle intuizioni più rilevanti del saggio risiede nella distinzione tripartita che Ippolito opera tra diverse modalità di relazione con la tecnologia:
- Management Tecnologico
Il primo mito che Ippolito intende sfatare è quello secondo cui la creatività consisterebbe nell'applicare lo strumento giusto al compito giusto. Questa concezione, incarnata dalla figura del "creativo" impiegato in agenzie pubblicitarie e redazioni, rappresenterebbe semplicemente l'esecuzione fedele dell'agenda progettuale dei designer tecnologici. L'esempio fornito è eloquente: un compositore che usa l'automobile per recarsi in sala da concerto sta "gestendo" la tecnologia, mentre Laurie Anderson che compose un concerto drive-in con automobilisti che suonavano i clacson stava agendo creativamente (ne parla anche Valentina Tanni nel suo ultimo libro Antimacchine (2025).
- Mismanagement
Ippolito chiarisce che la misuse non equivale affatto a un uso maldestro o accidentalmente errato della tecnologia. La misuse è sempre deliberata e intenzionale. Non c'è nulla di creativo nei "link rotti o download glaciali". Quando Paik realizzò un'opera per violino, non si limitò a suonarlo male: lo distrusse metodicamente. Il mismanagement può essere trascurato; la misuse è inequivocabile.
- Mistificazione
Infine, Ippolito distingue la misuse dalla mistificazione tecnologica. Molte opere video e computerizzate nascondono i loro meccanismi dietro le pareti della galleria, creando una "scatola nera" che induce negli spettatori l'impressione di una magia tecnologica inaccessibile. Al contrario, in Random Access, Paik espose completamente il funzionamento del registratore, permettendo una comprensione tattile e diretta del meccanismo. "A volte", scrive Ippolito, "la creatività non sta nel pensare “out of the box”, ma nello scassinare la scatola e rovesciarne le viscere".
Dalla Net Art all'AI
Sebbene il saggio si concentri principalmente su esempi degli anni Sessanta, Ippolito estende la sua analisi agli sviluppi della net art degli anni Novanta. Vengono menzionati artisti e collettivi come Jeffrey Kurland (The Dotted Line), Group Z, jodi.org e Mark Napier (Shredder). Quest'ultimo caso è particolarmente illuminante: Napier utilizzò i Cascading Style Sheets per sovvertire completamente la metafora della pagina web, scambiando la posizione di script e immagini per rivelare ciò che i designer avevano deliberatamente occultato.
La rilevanza del framework teorico proposto da Ippolito si è dimostrata duratura. Ricerche più recenti, come quelle dell'Algorithmic Resistance Research Group (ARRG!), hanno applicato il concetto di creative misuse alle tecnologie di intelligenza artificiale generativa, dimostrando come artisti contemporanei continuino a "sbucciare l'involucro ideologico" degli strumenti tecnologici per esplorarne le potenzialità critiche e le debolezze sistemiche.
Implicazioni Teoriche e Critiche
La Dimensione Politica della Misuse
Uno degli aspetti più significativi, forse non sufficientemente sviluppati, del saggio di Ippolito risiede nella dimensione intrinsecamente politica della misuse. Quando l'autore afferma che Paik, posizionando il magnete sul televisore, violò "non solo le istruzioni stampate fornite con l'apparecchio ma anche le assunzioni politiche sottostanti al suo uso diffuso", sta articolando un'intuizione fondamentale: ogni tecnologia incorpora e naturalizza specifiche relazioni di potere, modelli di controllo e concezioni dell'agency umana.
La televisione degli anni Sessanta rappresentava un modello di comunicazione unidirezionale in cui le immagini venivano "trasmesse da lontano, fuori dal controllo dell'utente finale". La misuse di Paik costituiva quindi un atto di rivendicazione del controllo, una forma di resistenza alla passività imposta dal dispositivo. Questo aspetto politico meriterebbe un'elaborazione più estesa: la misuse artistica può essere intesa come una forma di détournement (diversione) tecnologico, una pratica che anticipa e prefigura modalità più ampie di riappropriazione critica degli strumenti di comunicazione di massa.
Creatività, Intenzionalità e Scoperta
Il saggio solleva anche questioni epistemologiche interessanti riguardo alla natura della creatività. Ippolito stabilisce una netta distinzione tra misuse deliberata e mismanagement accidentale, ma questa distinzione potrebbe essere meno netta di quanto appaia. Molte scoperte artistiche e scientifiche nascono da "errori felici" o da esplorazioni non completamente intenzionali. La serendipità gioca un ruolo cruciale nei processi creativi. Una teorizzazione più articolata della misuse potrebbe contemplare uno spettro di intenzionalità piuttosto che una dicotomia rigida.
Il Problema del Recupero e dell'Istituzionalizzazione
Un'altra questione critica, non affrontata da Ippolito, riguarda il destino della misuse quando viene riconosciuta e istituzionalizzata. L'autore nota che "a volte la misuse diventa la norma", citando l'esempio del termine "electronic superhighway" coniato da Paik nel 1976. Questo solleva interrogativi sulla capacità della misuse di mantenere il suo potenziale sovversivo una volta che viene assimilata dal sistema culturale ed economico. La video arte, nata come pratica marginale e radicale, è oggi pienamente integrata nel circuito museale e nel mercato dell'arte.
Tecnologia, Arte e Progresso
Infine, il saggio articola implicitamente una concezione della relazione tra arte e tecnologia che merita riflessione. Ippolito scrive: "Più spesso, tuttavia, la misuse non ha alcun valore pratico diretto, ma fa ciò che l'arte dovrebbe fare: estende le nostre menti per accomodare non solo la scatola, ma anche ciò che sta al di fuori di essa". Questa affermazione contiene una filosofia dell'arte tecnologica che rifiuta sia l'utilitarismo sia il formalismo puro, posizionando l'arte come pratica cognitiva espansiva. L'arte non migliora necessariamente la tecnologia in senso funzionale, né si limita a produrre oggetti estetici; piuttosto, trasforma la nostra comprensione delle possibilità tecnologiche e, per estensione, delle configurazioni sociali e politiche che esse sottendono.
Rilevanza Contemporanea e Eredità Teorica
A oltre vent'anni dalla sua pubblicazione, "The Art of Misuse" mantiene una straordinaria rilevanza. Il concetto di creative misuse è stato citato e sviluppato in numerosi contesti:
- Studi sull'AI e Machine Learning: Come dimostrato dal lavoro di ARRG! e altri, il framework della misuse è stato applicato all'arte generativa basata su AI, dove artisti "addestrano male" i modelli o li forzano a rivelare i loro bias e le loro limitazioni.
- Media Archaeology: Il saggio ha contribuito all'emergere di approcci archeologici ai media che enfatizzano le strade non prese, gli usi alternativi e le possibilità tecnologiche abbandonate.
- Critical Making e Tactical Media: Il concetto di misuse ha influenzato pratiche di critical making e tactical media che utilizzano la produzione materiale come forma di indagine critica.
- Platform Studies e Software Studies: La nozione di "peel off the ideological shell" della tecnologia ha informato approcci critici allo studio delle piattaforme digitali e del software.
Conclusioni
"The Art of Misuse" di Jon Ippolito rappresenta un contributo teorico fondamentale alla comprensione dell'arte tecnologica. La sua forza risiede nella capacità di articolare un principio operativo, la misuse deliberata e intelligente, che attraversa decenni di pratica artistica e che continua a essere rilevante nell'era dell'intelligenza artificiale e delle piattaforme digitali.
Il saggio offre una lente critica per distinguere tra diverse modalità di relazione con la tecnologia (management, mismanagement, mistificazione, misuse) e sottolinea la dimensione intrinsecamente politica dell'intervento artistico sui dispositivi tecnici. La tecnologia, nel pensiero e nelle pratiche artistiche di Ippolito, non è mai neutrale: incorpora sempre specifiche visioni del mondo, relazioni di potere e concezioni dell'agency umana.
Il testo tuttavia lascia aperte alcune questioni cruciali, che meriterebbero ulteriore elaborazione: la dialettica tra intenzionalità e serendipità nei processi creativi, il problema dell'istituzionalizzazione e del recupero della misuse, le dimensioni etiche del sovvertimento tecnologico, e le questioni di accesso e legittimazione culturale.
Nonostante queste limitazioni, il saggio mantiene una capacità generativa notevole. In un'epoca in cui le tecnologie digitali permeano ogni aspetto dell'esistenza umana, il concetto di creative misuse offre un modello per l'azione critica che va oltre la mera critica teorica: suggerisce che comprendere veramente una tecnologia significa esplorare cosa può fare oltre ciò per cui è stata progettata, sovvertendo le sue logiche interne per rivelare possibilità alternative.
Come Ippolito conclude: "Più spesso, tuttavia, la misuse non ha alcun valore pratico diretto, ma fa ciò che l'arte dovrebbe fare: estende le nostre menti per accomodare non solo la scatola, ma anche ciò che sta al di fuori di essa". In questa affermazione risiede forse l'eredità più duratura del saggio: una concezione dell'arte tecnologica non come ornamento estetico della razionalità strumentale, ma come pratica cognitiva ed epistemica che espande i confini del pensabile e del possibile.
Bibliografia Selezionata
Ippolito, J. (2002). "The Art of Misuse". In Telematic Connections: The Virtual Embrace. Exhibition catalogue. Independent Curators International/Walker Art Center.
Ippolito, J. (2002), Ten Myths of Internet Art, Leonardo, 35(5), 485-498
Ippolito, J., & Blais, J. (2006), At the Edge of Art, Thames & Hudson
Rinehart, R., & Ippolito, J. (2014), Re-collection: Art, New Media, and Social Memory, MIT Pres.
Salvaggio, E., Sinders, C., & Swanson, S.M. (2025). "Cultural Red Teaming: ARRG! and Creative Misuse of AI Systems". Critical AI, 2(1)
Dietz, S. (2001), Telematic Connections: The Virtual Embrace [Exhibition], Independent Curators International.
Tanni V. (2025) Antimacchine, Einaudi