- Parole in forma di carezze [leggi qui]
- Il volto e le facce [leggi qui]
- Sempre connessi mai congiunti [leggi qui]
- Persi dentro schermi magnetici e luccicanti [leggi qui]
- Ambienti digitali e forza delle parole [leggi qui]
- La ricchezza delle parole [leggi qui]
- Parole inflazionate, parole ricche di significati [leggi qui]
- Le parole dell’etica [leggi qui]
- Una riflessione necessaria [leggi qui]
- Oltrepassare come azione etica [leggi qui]
- Serve uno sguardo diverso [leggi qui]
- Alla fine del viaggio dentro le parole [leggi qui]
- Siate cauti con le parole [leggi qui]
“Ci sono parole importanti, di uso quotidiano, il cui significato nel tempo si è dilatato fino a diventare incerto, fino a renderle vaghe e prive di contorno, così che oggi, come i liquidi prendono la forma dei recipienti che li contengono, possono essere adatte a contesti diversi senza però significare più nulla di sicuro.” – Massimo Angelini, Ecologia della parola
“Sì, pensare non basta. Le parole non pronunciate diventano briciole, ci saziano per un istante ma si dimenticano altrettanto in fretta. Solo quando escono dalla bocca rivelano il loro valore… Però possiamo scriverle. Sì, ma allora occorre qualcuno che sappia leggerle […]”– Cucinare un orso, Mikael Niemi
“Lasciaci oltrepassare la gioia e il dolore - Lasciaci oltrepassare l’astio e l’affetto - Lasciaci oltrepassare le parole dure e quelle vane, le parole vuote dell’amoreLasciaci oltrepassare.” -- Abbas Kiarostami
“Non voglio parole che mi spieghino e nemmeno che sgroviglino né chiariscano. Non voglio parole che mi riempiano e nemmeno che mi facciano sentire sciocca e con poca scuola alle spalle. Non voglio parole che complichino senza un cuore al centro. Non voglio parole che si diano arie. Ho bisogno di parole leggere eppure capaci di sfamare e dissetare, parole che mi domandino tanto, tutta la testa da mozzare e un cuore ingenuo da allenare al passo delle bestie nella foresta, vigile e sempre a casa, eppure sempre in pericolo. Voglio parole disobbedienti ma anche candide. Parole capriole e parole solletico, parole lampi, fulmini e tuoni, parole aghi che cuciono e parole che strappano la stoffa del discorso.” Chandra Livia Candiani - Salutare le parole - articolo della rivista Doppiozero
Oltrepassare come azione etica
Il richiamo dell’etica è oggi tanto più impellente quanto più diffuso è il dominio della tecnica e virali online sono diventate le parole. Miliardi di dati disponibili permettono di rappresentare una infinità di oggetti, anche digitali, dai quali algoritmi intelligenti possono evidenziare e estrapolare le loro molteplici relazioni e interconnessioni. Il rischio di contagio a esse collegato si somma, forse è anche condizionato da come quegli algoritmi sono stati pensati e implementati. In termini di pregiudizi, discriminazioni, processi logici, scelte etiche, decisioni, trasparenza, responsabilità, gestione degli errori e di risultati sbagliati, ecc. Il rischio di contagio aumenta anche per come sono utilizzati gli strumenti tecnologici, in termini di disinformazione, linguaggio, pratiche online e uso delle parole. Un mondo interconnesso favorisce la viralità di ogni tipo di virus. Ne è testimone evidente la viralità di un Coronavirus che ha causato l’attuale (2020/2021) pandemia e correlata infodemia.
Il virus biologico ha finito per trasmigrare, pervadere l’informazione e il sistema mediale, producendo una pandemia psichica di cui si continuano a trovare tracce nelle manifestazioni dei No-Vax di inizio autunno 2021. L’infodemia, la viralità delle parole che l’hanno caratterizzata, sono state alimentate da un sistema mediale malato (solo in Italia il virus ha colonizzato in pianta stabile tutti i palinsesti televisivi), che ha catturato l’attenzione pubblica paralizzandola, determinando un collasso interpretativo, analitico e psichico che ha impedito una elaborazione approfondita e una riflessione critica su quanto ci sta succedendo. Frenato è stato anche il ricorso all’immaginazione, nel suo essere strumento per costruire scenari futuri possibili a partire dalla ricombinazione di quelli presenti. Finiti i tempi delle utopie, per non rassegnarci alle distopie e alle retrotopie[90], non possiamo rinunciare anche all’immaginazione, abbiamo come non mai bisogno di eterotopie[91]. Ma in realtà ci siamo semplicemente accucciati sui divani di casa!
Il Covid-19, un coronavirus diventato virale per la globalizzazione, ha (dis)connesso il mondo intero. Connesso e disconnesso insieme. Connesso perché la tecnologia ha cancellato le distanze, trasformato il tempo in tempo presente e reale, rendendo possibile il rimanere collegati in DAD e smartworking. Disconnesso perché nella realtà il virus ha determinato una paralisi relazionale che ha colpito tutti, non solo gli individui ma anche gli organismi collettivi che sulla relazione sono costruiti, generando quello che Berardi Bifo in Fenomenologia della fine, definisce una forma di autismo nella forma di “paralisi dell’immaginazione dell’altro […] incapacità a immaginare l’altro come possibile oggetto di comunicazione e di desiderio”, un autismo fatto di tanti amici virtuali, infinite reti di contatti, nessuna o scarsa amicizia e solidarietà.
Durante la pandemia, la parola come un virus, ha dimostrato la sua viralità declinata in infodemia, in narrazioni non sempre veritiere e fattuali, spesso manipolatrici e mistificatorie, anche se basate sulla disponibilità di una mole di dati non paragonabile con nessuna di quelle del passato. La parola come il virus del coronavirus sfugge al nostro controllo, si è dimostrata entità ignota, dagli effetti difficilmente valutabili e prevenibili. Il coronavirus, cagionando forme di ritiro sociale caratterizzate da (auto)reclusione psichica alla Hikikomori, ma anche da talk show e binge watching[92] di serie televisive distopiche, ha paralizzato le relazioni fatte di baci, carezze (anche delle parole) e abbracci.
Il virus della parola ha finito per alimentare confusione, intensificare l’incapacità nel cogliere e comprendere la singolarità e l’universalità della crisi. Che non è quella sanitaria, forse da noi stessi generata con le nostre male-pratiche, stupidità e comportamenti, ma la crisi di un sistema non più sostenibile, in (andro)menopausa, e non solo per l’innalzamento della temperatura, proprio nel momento in cui lo si definisce sempre più come tale (ora anche nelle tante pubblicità greenwashing[93] che hanno invaso tutti i canali televisivi).
La comunicazione, per sua natura diafanica[94] (trasparente, dal greco passare attraverso), si è offuscata, ha reso opaco il messaggio, è diventata semplice strumento di scambio di parole vuote rinunciando al suo ruolo trasformativo e propositivo, pragmatico.
Siamo finiti tutti dentro un Truman reality show della parola, sommersi da una cataratta di chiacchiere che ha steso una coltre fumosa generata dallo storytelling continuo, una cortina fumogena che ha impedito ogni forma di risonanza semantica e di silenzio. Compreso quello interiore, necessario al distacco riflessivo e alla ricerca significante, strumento potente per la lettura dei flussi e dei processi nei quali ci siamo trovati coinvolti. Utile per saper leggere il presente e il passato da cui è stato originato, in modo da provare a sentire, vedere, anticipare, quello che da entrambi è nel tempo già emerso o in formazione.
Riflettere sulle parole è un’esperienza individuale etica legata alla cura del sé, alla sua realizzazione, un modo per soddisfare il desiderio di vivere bene. Oltrepassare è la prassi che qui proponiamo per fare questo tipo di esperienza, non solo per scopi personali ma per l’Altro, per l’umanità planetaria intera. È una pratica di tipo etico che richiede a ogni persona di rallentare la propria vita, accelerata dalle tecnologie, in modo da trovare il tempo necessario a ritagliarsi un momento riflessivo per valutare il proprio agire, anche online, verificandolo sulla base di criteri etici, comportamentali.
L’attenzione non va rivolta solo a sé stessi ma ampliata fino ad abbracciare le varie umanità che ci circondano, l’alterità dell’Altro incorporata nella nostra identità personale. Oltrepassando anche i limiti linguistici dello stesso termine a cui l’identità è associata nella convinzione che, come scriveva Paul Ricoeur nel suo libro Soi-même comme un autre (Sé come un altro nella versione italiana), nessun individuo esiste in modo autonomo ma sempre dentro relazioni che lo costituiscono. Questa identità non è ciò che rimane consistente, medesima nel tempo, ma il risultato dell’incontro e della prossimità con l’Altro, compreso nella sua diversità, alterità e specificità. Nell’atto di interpretarci e interrogarci noi non siamo autosufficienti, abbiamo bisogno dell’Altro, di aprirci all’Altro che incontriamo nel cammino della nostra esistenza come elemento costitutivo di ciò che noi siamo[95]. Dentro un percorso esistenziale nel quale l’identità non è mai entità chiusa e già formata ma sempre il risultato di processi dinamicamente in corso e della dialettica costante in essere tra le sue stesse espressioni che per Ricoeur si identificano nella medesimezza (il lato statico, sempre identico, immutabile dell’identità come il carattere) e nella ipseità (il lato dinamico che nel processo di identificazione è legato all’incontro con l‘Altro). L’altro, il diverso, l’opposto sono presenti anche nella riflessione sul tema dell’identità nelle filosofie orientali come il Taoismo e il Buddhismo. Il Taoismo vede l’identità come una correlazione tra opposti, uno yin e uno yang che nella loro complementarietà danno forma alla realtà. Il Buddhismo vede ogni realtà come relativa ad altre realtà perchè qualsiasi forma è vuota e per esistere deve sempre essere in rapporto con qualcosa di diverso da sè stessa e in funzione di realtà diverse.
Avere cura di sé comporta l’avere cura dell’Altro da sé, averne compassione, avere sollecitudine verso gli altri cercando di cogliere in cosa consista la loro alterità nel modo in cui scelgono, decidono e agiscono. La sollecitudine favorisce il dialogo, genera il rispetto e facilita la ricerca del bene così come di tutte quelle pratiche di consapevolezza, responsabilità e gentilezza che permettono di realizzarlo. Queste pratiche sono oggi oscurate da comportamenti poco rispettosi e attenti all’Altro, di conseguenza alla cura del sé. È come se stessimo rivivendo epoche storiche già oggetto di riflessione da parte della filosofa Hannah Arendt. Epoche caratterizzate dal crollo improvviso della morale, la cui sparizione coinvolse non solo alcune menti criminali o persone di potere ma la gente ordinaria, moltitudini di persone normali. La sparizione dell’etica si rivela oggi prevalentemente online ma si riflette poi anche nella vita reale con scelte, opinioni e azioni che si esprimono in atti, anche politici e spesso agiti da personaggi politici, non propriamente etici come quelli di razzismo, omofobia, misoginia, ecc. L’insensibilità per un’etica comportamentale umana non è solo quella manifestata in tanti interventi pubblici dei politici del momento, ma un fenomeno che interessa percentuali elevate della popolazione, non solo quella meno istruita, più povera o in sofferenza a causa della crisi.
In questo tipo di situazioni, come suggeriva la Arendt, non si tratta tanto di scegliere tra ciò che si deve o non si deve fare ma di assumersi la responsabilità di dire “questo non posso farlo”, “questo non posso dirlo”, “questo è meglio che non lo condivida””. Il richiamo va al pensiero di Socrate e alla sua idea che sia meglio subire ingiustizia che farla perché noi non siamo mai soli ma sempre in compagnia con il nostro sé che ci ricorderebbe sempre l’ingiustizia compiuta. Se non ci si vuole incamminare verso l’insensibilità etica e morale bisogna attivarsi in un dialogo interiore continuo, possibile solo se si vuole avere cura di sé. Condurre questo dialogo, che favorisce una riflessione personale, è un antidoto al conformismo prevalente dell’oggi che impedisce di esprimersi apertamente contro opinioni, informazioni e narrazioni palesemente ingiuste e lontane dalla realtà. Essere anticonformisti non è un atteggiamento elitario o di snobismo intellettuale ma una necessità, esprime la volontà di ribellione (vedi la già citata indicazione di B. Russell) contro l’appiattimento del senso comune di un’opinione pubblica che sembra avere perso ogni semplice buon senso, dominato dal conformismo, anche politico, che sta addormentando le menti, preparandole a nuovi e più gravi soggiogamenti futuri.
La realtà e come la percepiamo è un tassello importante della pratica dell’Oltrepassare in senso etico in un contesto tecnologizzato. Oltrepassare è possibile solo se si ha una conoscenza adeguata del reale. Solo a partire da questa conoscenza individuale, dal modo con cui guardiamo alla realtà, alle cose con cui interagiamo e alle persone che incontriamo, possiamo fare delle scelte etiche[96]. Guardare significa prestare attenzione alla infinita varietà del reale, affinando lo sguardo ed “esercitando una capacità di discernimento, frutto di una disciplina morale”. Dal nostro sguardo dipende quindi il nostro decidere e di trattare l’Altro, anche quando esso è straniero, diverso.
Il guardare con attenzione e in lentezza, disponibilità d’animo e capacità di ascolto, l’impegno a conoscere la realtà ci obbligano a prendere consapevolezza dei nostri pregiudizi in modo da poter acquisire una conoscenza sempre più approfondita delle situazioni, degli eventi e dei fatti destinati a orientare le nostre scelte e decisioni. Mettersi su questa strada comporta agire su sé stessi per un cambiamento che permetta di partecipare in modo diverso all’esperienza del reale, oggi anche nella sua versione virtuale e digitale.
Il guardare diverso, la riflessione soggettiva, la cura del sé, la facoltà dell’immaginare suggerisce anche una riflessione diversa sul linguaggio che usiamo e sulle parole con cui gli diamo forma. La riflessione deve partire dalla pluralità di usi e di significati del linguaggio in contesti diversi, collegati a modi differenti di vedere la realtà e a modi di vedere la vita alternativi. Prendere atto che le parole non nascono per caso, non sono semplici strumenti a disposizione e in attesa di essere usate, da prendersi e lasciare a piacimento, permette di comprendere quanto sia importante attivare nel nostro sé una riflessione interiore utile a modificare il nostro sguardo sulla realtà sperimentata.
Questo lavorio interiore, meditativo, porta a lavorare dentro la propria sfera privata su concetti e loro categorizzazioni tratti dall’esperienza individuale della realtà per poi provare, con competenza riflessiva e capacità di immaginazione, a dare loro significati diversi. Significati che possono poi trovare espressione in parole di uso comune ma dai significati cambiati, più profondi perché collegati alle loro origini.
Ridare senso alle parole diventa quindi un modo etico di essere e di guardare il mondo, di elaborare una propria valutazione sui fatti della realtà, siano essi semplici eventi o relazioni, e soprattutto di cogliere la differenza tra significati spregevoli o nobili, disprezzabili o encomiabili, impregnati di gentilezza o di inumanità. Oltrepassare come azione etica è rivoluzione delle mentalità: tornare a pensare per essere ed agire, pensare rifacendosi al sapere di non sapere, ma soprattutto sapendo di sperimentare e percepire, pensando, l’estraneo, l’Altro da sé ma anche dentro di sé.
Note
[1] Parola deriva dal termine latino paraula, dalla fusione del dittongo au in ‘o’. Paraula a sua volta è un’evoluzione di parabola, dal greco para+ballo. Para è un prefisso che indica vicinanza, ciò che sta accanto, mentre il verbo ballein significa gettare, porre.
[2] Chandra Livia Candiani
[3] Anna Maria Palma e Lorenzo Canuti, Vuoi parlare con me? Dialogare nell’esistenza, Edizioni Tassinari
[4] Kornei Chukovsky ha coniato il concetto di genialità linguistica per raccontare il passaggio dalla lingua parlata alla lingua scritta, uno sviluppo della comprensione delle parole e dei loro molteplici impieghi da parte del bambino, prima nel discorso e poi nella scrittura.
[5] Dante, Paradiso, canto XVII, versetto 58-60
[6] Il concetto di infosfera senza aggettivi a cui si fa riferimento è quello usato da Berardi Bifo che correttamente usa il concetto sia per descrivere l’epoca alfabetica (infosfera alfabetica) sia quella digitale (infosfera digitale)
[7] Umberto Galimberti “Se le nuove tecnologie rendono inutile comunicare”, pubblicato nel libro Il primato delle tecnologia -Guida per una nuova iperumanità
[8] Berardi Bifo: La sollevazione – Collasso europeo e prospettive del movimento, Edizioni Manni, 2011 Pag. 104
[9] Il motion capture (conosciuto con l'abbreviazione mocap, in italiano, "cattura del movimento"), è la registrazione del movimento del corpo umano (o di altri movimenti) per l'analisi immediata o differita grazie alla riproduzione. È principalmente utilizzato nel campo dell'intrattenimento, militare, sportivo o medico. (Wikipedia)
[10] La performance capture è una tecnologia cinematografica utilizzata per catturare movimenti ed espressioni facciali di un soggetto/attore reale per poi applicarli a un personaggio virtuale. La tecnica è stata usata in numerosi film ma per la prima volta da Robert Zemeckis nel film 'Polar Express'. Il film più famoso costruito sul perfezionamento della performance capture è stato sicuramente Avatar di James Cameron.
[11] “Dietro l’immagine non c’è nulla se non l’immagine stessa […]: essa si moltiplica sempre in modo identico” – Marc Augé
[12] Wilhelm Reich, il padre della psicoterapia corporea moderna.
[13] Miguel Benasayag Funzionare o esistere, Vita e Pensiero, 2019
[14] Intesa come lo spazio nel quale esercitiamo la nostra esperienza esistenziale della vita nel mondo, dalla semplice osservazione e contemplazione, all’attività tarsformativa, sempre in bilico tra esistenza ed essenza.
[15] Totalità e Infinito, Saggio sull'esteriorità, Edizioni Jaca Book, dodicesima ristampa 2021
[16] Edgar Morin, Lezioni da un secolo di vita, Mimesis, 2021. Pag 55
[17] Emmanuel Lévinas (1906-1995), Epifania del volto
[18] Definizione dello scrittore tedesco Thomas Macho
[19] Uno spunto tratto da un articolo di Umberto Galimberti
[20] Un giorno credi di Edoardo Bennato: “metti tutta la forza che hai nei tuoi fragili nervi/Quando ti alzi e ti senti distrutto fatti forza e vai incontro al tuo giorno”
[21] Termine usato da Pier Aldo Rovatti per un suo libro pubblicato nel 2019 da Elèuthera
[22] Ernst Bloch, Il principio speranza
[23] C'è una breccia in ogni cosa ed è da lì che entra la luce
[24] La setta degli uomini senza volto conservano i volti di coloro muoiono nel loro santuario. Li appendono alle pareti come maschere macabre da usare durante le loro attività criminali. Le maschere tuttavia sono molto più di semplici maschere, chi le indossa, assume l'aspetto della persona a cui il volto apparteneva.
[25] Emmanuel Lévinas: Totalità e infinito, Edizioni Jaka Book
[26] Il termine è stato coniato da Wilhem Reich per descrivere l’energia vitale, o energia pre-atomica, di cui sarebbe pervaso l'universo e che nell'uomo si manifesterebbe come energia sessuale e libido.
[27] Termine coniato da Carlo Mazzucchelli nel suo libro I pesci siamo noi - Prede, pescatori e predatori nell'acquario digitale della tecnologia, pubblicato da Delos Digital
[28] Marc Augé, Cuori alle schermo – Vincere la solitudine dell’uomo digitale. Pag. 114
[29] Francesca Rigotti, L’era del singolo, Einaudi Editore, 2021, Pag. 4
[30] “Un fatto è ora limpido e chiaro: né futuro né passato esistono. È inesatto dire che i tempi sono tre: passato, presente e futuro. Forse sarebbe esatto dire che i tempi sono tre: presente del passato, presente del presente, presente del futuro. Queste tre specie di tempi esistono in qualche modo nell'animo e non le vedo altrove: il presente del passato è la memoria, il presente del presente la visione, il presente del futuro l'attesa.”
[31] Andrea Colamedici e Maura Gancitano, L’alba dei nuovi dei. Da Platone ai Big Data - 2021, Pag 42
[32] Da un articolo di Walter Siti sul quotidiano Domani: Nella società dello spettacolo diventiamo attori di noi stessi
[33] Umberto Galimberti: Il libro delle emozioni, Feltrinelli Editore, 2021
[34] Martin Buber, Il cammino dell’uomo, Edizioni Qiqajon Comunità di Bose, Pag 44
[35] Il termine persona è scelto intenzionalmente per marcare la differenza con la parola individuo. A considerare individui i propri membri è la società moderna. Una società nella quale, come ha ben raccontato nei suoi libri sulla liquidità moderna Zygmunt Bauman, è sempre l’individuo che decide cosa sia buono o cattivo, lecito o illecito. Una società individualista nella quale è l’individuo ad attribuire valore alle cose.
[36] Jean Baudrillard: Il delitto perfetto – La televisione ha ucciso la realtà?
[37] Emmanuel Lévinas, Totalità e infinito - Saggio sulla esteriorità, Jaka Book, prima edizione 1971, ristampa 2021, Pag 211
[38] Franco <<Bifo>> Berardi, La Congiunzione, NERO Edizioni, 2021
[39] Vanni Codeluppi, La vetrinizzazione della vita sociale. Il processo di spettacolarizzazione degli individui e della società, Bollati Boringhieri, 2007
[40] Anagramma di One, eletto
[41] Ugo Foscolo, Sonetti
[42] Federico Campana, Magia e tecnica - La ristrutturazione della realtà - Edizioni Tlon, 2021,Pag. 161
[43] Autore del libro Oralità e scrittura - Le tecnologie della parola
[44] Silvia Ferrara, Il Salto. Segni, figure, parole: viaggio all’origine dell’immaginazione - Feltrinelli Editore, 2021, Pag. 192
[45] Da un articolo su NOVA di Piero Dominici
[46] Cosimo Accoto, Il mondo dato, cinque brevi lezioni di filosofia digitale, EGEA, 2017, Pag. 113
[47] L’uomo è antiquato (Die Antiquiertheit des Menschen), Primo volume pubblicato nel 1956, il secondo nel 1980
[48] “Il linguaggio è la dimora dell’Essere”. Gadamer, Verità e metodo, Pag. 524
[49] Donatella Di Cesare, Utopia del comprendere, da Babele ad Auschwitz, Edizioni Bollati Boringhieri, 2021, Pag. 40
[50] Montaigne: Saggi, Edizioni Giunti/Bompiani, 2019, Pag. 863
[51] Ibid Pag 863
[52] “Le manifestazioni No Vax sono organizzate da persone che parlano di libertà, ma si rendono schiave delle proprie idee non mettendole in discussione. Gli antivaccinisti non scendono in piazza per manifestare un’opinione diversa, ma corrono il rischio di diffondere il virus diventando un pericolo per gli altri: i dati dei contagi del Friuli Venezia Giulia lo dimostrano. È un fenomeno che deriva ancora una volta dal collasso della nostra cultura e della nostra scuola, non più in grado di formare menti critiche. È il prodotto della mancanza di buona educazione e di dialogo: elementi in assenza dei quali si resta bulli che si nutrono di informazioni infondate”. Umberto Galimberti
[53] Il riferimento è al capolavoro di Elias Canetti Massa e potere
[54] Edgar Morin, La testa ben fatta
[55] “[…] la parola significato si può definire così: il significato di una parola è il suo uso nel linguaggio” Ludwig Wittgenstein
[56] Il riferimento è al team di social media manager che affiancano il leader della Lega, Salvini, nelle sue attività di comunicazione social
[57] Leonardo Sciascia, Processo per violenza in Il mare color del vino
[58] Douglas Hofstadter e Emmanuel Sander: Superfici ed essenza. L’analogia come cuore pulsante del pensiero
[59] “L’autocoscienza è in sé e per sé in quanto e perchè è in sé e per sé per un’altra: ossia essa è soltanto come qualcosa di riconosciuto” - Hegel, Fenomenologia dello spirito, traduzione di E,de Negri, 1963, Pag. 153 vol.1
[60] E. Lévinas, Altrimenti che essere o al di là dell'essenza
[61] Ornella Castellani Pollidori: La lingua di plastica
[62] Ivano Dionigi: Parole che allungano la vita. Pensieri per il nostro tempo. Edizioni Cortina, 2020
[63] Vittorio Coletti, accademico della Crusca. La frase è contenuta in un suo articolo sull’Italiano della politica pubblicato sul sito dell’Accademia della Crusca
[64] Marc Augé: Cuori allo schermo, vincere la solitudine dell’uomo digitale
[65] Ludwig Wittgenstein
[66] Quando si parla di anglicismi tutti dovrebbero riflettere sulla quantità di parole che rientrano in questa categoria e delle quali non si ha più alcuna percezione della loro provenienza straniera. Ne è un esempio la parola sport (da cui sportivo, sportivamente). Ma l’elenco è lungo: marketing, hobby, party, bar, film, baby, e-mail, manager, partner, convention, wi-fi, backstage, auditing, endorsement, fake news, leggings, sexting, cyborg, ecc.
[67] L’esempio è stato fatto dallo psicologo Luciano De Gregorio
[68] Cory Doctorow
[69] Edgar Morin, Per un'educazione al pensiero complesso
[70] Edoardo Bennato, L’isola che non c’è
[71] Lo slogan di Vittorio (Vik) Arrigoni, attivista rapito e ucciso in Palestina
[72] Edgar Morin: “La benevolenza permette di considerare gli altri non solo per i loro difetti e le loro mancanze, ma anche per le loro qualità, nello stesso tempo nelle loro intenzioni e nelle loro azioni”.
[73] Il riferimento è alla concezione dell’etica di Paul Ricoeur
[74] Duccio Demetrio, All’antica- Una maniera di esistere, Raffaello Cortina Editore, 2021, Pag. 23
[75] Edgar Morin, Il Metodo 6 Etica, edizioni Cortina, 2005, Pag. 111
[76] Definizione usata da Francesco Varanini nel suo libro: Le cinque leggi bronzee dell’era digitale. E perché bisogna trasgredirle.
[77] Metaverso (Metaverse) è un termine coniato da Neal Stephenson in Snow Crash (1992), libro di fantascienza cyberpunk, descritto come una sorta di realtà virtuale condivisa tramite internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar. Quella di Stephenson è una visione futuristica dell'internet moderna, frequentata dalle fasce della popolazione medio alte ove la differenza tra le classi sociali è rappresentata dalla risoluzione del proprio avatar, e dalla possibilità di accesso a luoghi esclusivi. Esempi di metaverso sono considerati i MMORPG e le chat in tre dimensioni come Second life o Active Worlds.
[78] Francesco Varanini
[79] Jón Kalman Stefánsson: "Paradiso e Inferno", Pag 11
[80] Ode su un'urna greca di John Keats, pubblicata nel 1819
[81] Eugenio Borgna: Le parole che ci salvano
[82] Riferimento all’opera di Søren Kierkegaard Timore e Tremore pubblicata nel 1843 con lo pseudonimo di Johannes de Silentio
[83] La gentilezza che cambia le relazioni digitali - La gentilezza per le relazioni nell’era digitale, per recuperare lentezza, attenzione verso sé stessi e gli altri, la buona educazione e le buone maniere., Delos Digital, 2018
[84] Daniel Gamper: Le parole migliori, Treccani Editore, 2021, Pag. 134
[85] LEdgar Morin L’homme e la mort - Seuil, Paris 1970, trad. ital., Newton Compton, Roma 1980
[86] Un concetto espresso dal filosofo del linguaggio Lev S. Vygotskij
[87] Diffusione intenzionale di notizie o informazioni inesatte o distorte allo scopo di influenzare le azioni e le scelte di qualcuno (per es., dei propri avversari politici, dei propri nemici in un conflitto bellico, e sim.).
[88] Gianrico Carofiglio La nuova manomissione delle parole, Feltrinelli, 2021, Pag. 57
[89] Il libro di Carlo Mazzucchelli “Tecnoconsapevolezza e libertà di scelta. Alla ricerca di senso nell’era tecnologica e digitale” è pubblicato in formato digitale e cartaceo da Delos Digital
[90] Il fenomeno della «retrotopia» deriva dalla negazione della negazione dell’utopia, che con il lascito di Tommaso Moro ha in comune il riferimento a un topos di sovranità territoriale: l’idea saldamente radicata di offrire, e possibilmente garantire, un minimo accettabile di stabilità, e quindi un grado soddisfacente di fiducia in sé stessi. (Zygmunt Bauman, trad. di Marco Cupellaro, Repubblica, 3 settembre 2017, Robinson, p. 16)
[91] Eterotopia è un termine coniato dal filosofo francese Michel Foucault per indicare «quegli spazi che hanno la particolare caratteristica di essere connessi a tutti gli altri spazi, ma in modo tale da sospendere, neutralizzare o invertire l'insieme dei rapporti che essi stessi designano, riflettono o rispecchiano».
[92] Binge watching è un termine della lingua inglese con cui si indica l'atto del binge-watch, ossia il guardare programmi televisivi per un periodo di tempo superiore al consueto, particolarmente la pratica di usufruire della visione di diversi episodi consecutivamente, senza soste. Traducibile in italiano con "maratona televisiva", in inglese per tale azione sono anche usati i termini binge viewing e marathon viewing. Evoluzione di tale pratica è il binge racing (tradotto in italiano come gara di abbuffata), ovvero il guardare l'intera serie tv in sole 24 ore; tale pratica, che coinvolge circa 8,4 milioni di fruitori, è praticata specialmente sulle piattaforme televisive, in cui gli episodi delle serie tv vengono rilasciati insieme simultaneamente. (Wikipedia)
[93] Greenwashing, neologismo inglese che generalmente viene tradotto come ecologismo di facciata o ambientalismo di facciata, indica la strategia di comunicazione di certe imprese, organizzazioni o istituzioni politiche finalizzata a costruire un'immagine di sé ingannevolmente positiva sotto il profilo dell'impatto ambientale, allo scopo di distogliere l'attenzione dell'opinione pubblica dagli effetti negativi per l'ambiente dovuti alle proprie attività o ai propri prodotti, che venne instaurata già dagli anni settanta. (Wikipedia)
[94] Il concetto è stato spesso usato nei suoi libri dal Cardinal Ravasi, riprendendo una terminologia usata da Teilhard de Chardin per il quale il linguaggio diventa epifania e trasparenza della rivelazione divina. In esso si manifesta la potenza del Logos del prologo giovanneo, già evocato, secondo la semantica semitica sottesa. In ebraico, infatti, dabar, “parola”, significa contemporaneamente anche “atto, evento”. Dire e fare s’intrecciano.
[95] I concetti qui espressi fanno riferimento al pensiero di Paul Ricoeur
[96] Spunti tratti dal pensiero di Iris Murdoch
[97] Edgar Morin, Etica, Cortina Editore, Pag. 51
[98] Daniel Gamper; Le parole migliori, Treccani editore, 2021, Pag. 68
[99] Ece Temelkuran, La fiducia e la dignità, Bollati Boringhieri Editore, 2021,
[100] Spunti tratti dal libro di Ermanno Bencivenga: Parole che contano
[101] È falso dire: Io penso: si dovrebbe dire io sono pensato. – Scusi il gioco di parole. IO è un altro. Questa formula ricorre in due lettere della Corrispondenza di Arthur Rimbaud: nella lettera del maggio 1871 a Georges Izambard – professore di Rimbaud al collegio, ma anche amico e confidente che lo iniziò alla letteratura; ed in quella immediatamente successiva a Paul Demeny amico di Izambard, a sua volta poeta, risalente al 15 maggio 1871.
[102] Come ha per tempo ben spiegato il filosofo Maurizio Ferraris nei suoi libri lo smartphone è usato più per scrivere che per parlare. Più che un telefono è una lavagna trasparente e condivisa.
[103] Lamberto Maffei, Elogio della parola, Edizioni Laterza, 2018, Pag. 7
[104] La poesia nella sua versione in inglese: Be Careful of Words - Be careful of words, even the miraculous ones. For the miraculous we do our best, sometimes they swarm like insects and leave not a sting but a kiss. They can be as good as fingers. They can be as trusty as the rock you stick your bottom on. But they can be both daisies and bruises. Yet I am in love with words. They are doves falling out of the ceiling. They are six holy oranges sitting in my lap. They are the trees, the legs of summer, and the sun, its passionate face. Yet often they fail me. I have so much I want to say, so many stories, images, proverbs, etc. But the words aren’t good enough, the wrong ones kiss me. Sometimes I fly like an eagle but with the wings of a wren. But I try to take care and be gentle to them. Words and eggs must be handled with care. Once broken they are impossible things to repair.
[105] Anne Sexton (Weston, 4 ottobre 1974) è stata una scrittrice e poetessa statunitense. Dopo diversi tentativi di suicidio, il 4 ottobre del 1974, anno del suo divorzio, Anne Sexton scese in garage e dopo aver acceso il motore della sua macchina si lasciò morire inalando il monossido di carbonio. È sepolta al Forest Hills Cemetery & Crematory a Jamaica Plain, Boston, Massachusetts.
[106]La frase è una riflessione di Donatella Di Cesare fatta nel suo libro Utopia del comprendere, pubblicato da Bollati Boringhieri nel 2021, Pag.22
[107] Byung-Chul Han (2014). Razionalità digitale. La fine dell’agire comunicativo
[108] Spunti tratti dal libro di Zygmunt Bauman Di nuovo soli. Un’etica in cerca di certezze.
[109] Termine utilizzato da Emmanuel Lévinas per rappresentare la dimensione dell’alterità e dunque il senso della comunità e della responsabilità.
[110] Zygmunt Bauman: Di nuovo soli. Un’etica in cerca di certezze.